di FRANCESCA DELLI CARRI – Come afferma Gianluca Morozzi nella Prefazione, scrivere un romanzo sulla fine di un amore non è la cosa più originale del mondo, e nemmeno la più semplice. Il rischio di cadere in luoghi comuni o in descrizioni lacrimose è altissimo, tanto alto da renderci tutti un po’ diffidenti nei confronti di questi romanzi. Raimondi
Ma se avete letto Se avessi previsto tutto questo. In cerca d’amore nella Catania di fine millennio (Edizioni Il Foglio), saprete che Luca Raimondi non lascia spazio a banalità, e che è capace di costruire storie paradossali, divertenti e piene di realtà vissuta. Tutto quell’amore disperso (Edizioni Il Foglio, pp. 204, € 15) è una sorta di sequel del romanzo sopracitato, ma in realtà può essere letto in modo del tutto indipendente.
È la storia di un amore giovane e semplice che non trova spazio, che sboccia quasi senza accorgersene e che si disperde fin troppo presto nel nulla.
Ma andiamo con ordine. Avevamo lasciato Carlo al suo primo affaticato “ti amo”, e lo ritroviamo qui dopo aver da poco concluso la sua prima e unica storia seria con Sofia. Lei è una ragazza rara: intelligente, sopra le righe, femminista, politicamente impegnata. È una “tosta”, una capace di amare a tutto tondo, di dirlo, diretta e fresca come quando ci si innamora per la prima volta. Allo stesso tempo è estremamente fragile, un essere ipersensibile e delicato, che fatica a inserirsi nella vita e a farsi conoscere per come è intimamente. Raimondi
Sofia è irrimediabilmente destinata a farsi distruggere dalla parte caustica, cinica e immatura di Carlo, che sostanzialmente è rimasto sempre uguale: sempre quel ragazzo che non sa leggere né se stesso né gli altri, inabile a capirsi e interpretare ciò che prova: «resto assorto a contemplare in silenzio i miei sentimenti, senza tuttavia distinguerli e sbrogliarli, senza riuscire a etichettarli o catalogarli, senza provare alcun istinto di risoluzione» (p. 75). La non-azione, ancora. Non ci stupiamo quindi del fatto che Carlo non sia stato in grado di gestire una relazione con una ragazza: il romanzo si apre con lui che l’ha già interrotta, troncata di netto in un disperato bisogno di semplificarsi la vita. Ma perché l’ha fatto? Ma non lo sa nemmeno lui, ovviamente. E perché continua a pensarci? Il vuoto. Raimondi
Nel frattempo, Carlo passa il suo tempo con Natalie, una momentanea e discutibile amica del cuore, decisa a ottenere per gioco l’amore di Carlo. E lui si, certo, per un periodo la riempie di attenzioni, e di “ti amo”, gli ennesimi mal indirizzati “ti amo”. Natalie è la “strega” del romanzo, che pianifica diaboliche strategie alle spalle delle persone: un personaggio tanto orribile quanto ben tratteggiato, forse il migliore. Falsa, morbosamente curiosa, maniaca del controllo, egoista, e perfettamente consapevole del potere che ha sui suoi amici: «la tua mente è in mio potere. Sono sicura che mi confesserai tutti i tuoi segreti, uno per uno, di tua spontanea volontà» (p. 47). Si diverte a illudere Carlo, gode della sua infatuazione: non si accontenta della sua venerazione, ma si spinge oltre, fino ad ottenerne l’umiliazione più totale. Con Natalie Carlo tocca il fondo, e quando si tocca il fondo, si sa, la situazione non può che migliorare.
Ecco allora che si lancia nel progetto di un cortometraggio, e scrive una sceneggiatura, un testo in cui vomita tutta la sua rabbia, il suo malessere, in cui fa esprimere ai personaggi la sua disillusione verso il mondo, e verso Sofia, che sembra sempre più irrimediabilmente perduta. Da una parte Carlo è sempre lo stesso ragazzo disadattato che, come lui stesso ammette, deve ancora capire come godersi la vita, dall’altra si scorge un barlume di maturità maggiore rispetto il romanzo precedente: «quanti sbagli ho commesso? Di quale entità? Con quanti altri ancora mi sono reso ridicolo e fuori luogo? Era una prova continua, in cui deludevo sempre me stesso» (p. 51).
Troviamo molte più riflessioni in generale, su politica, attualità e filosofia. Carlo discute spesso con Sofia, in un dialogo che si trasforma in scontro fra una sinistra caparbia e vagamente marxista, e il suo qualunquismo: «la mia è davvero una generazione-Playstation» (p. 145). Discussioni che partono da pretesti ma che in realtà riflettono due personalità opposte trovatesi in una inaspettata attrazione reciproca, in una coppia mal assortita eppure in qualche modo vincente. Un amore troppo giovane, troppo inesperto. E chi non l’ha vissuto? Raimondi
Qualsiasi donna legga questo libro di Luca Raimondi non può che trovarsi risolutamente dalla parte di Sofia, del suo vedere il mondo in bianco e nero, del suo amare così genuino, e delle lettere che scrive a Carlo; sono lettere vere, non possono che esserlo, piene di sentimento e tormenti esistenziali che tutti noi abbiamo provato. E poi perché, in questo romanzo, il vero personaggio è lei: anche se manca fisicamente in molte pagine, è lei che permea tutta la storia e che fa “crescere” – forse una volta per tutte – Carlo.
Verso la fine, tormentato dall’idea di essersi comportato come un bambino viziato stancatosi presto del suo giocattolo, Carlo trova pace, e ammette: «Mi odio perché mi rendo conto di essere sul punto di tramutarmi in quel ragazzo – apparentemente così diverso da me – che corrispondeva alle aspettative di Sofia» (p. 199). Ma di nuovo, non abbiamo la minima idea di quel che accadrà: Carlo tornerà in ginocchio da Sofia? E lei gli darà buca? E se si, troverà il nostro protagonista un’altra ragazza di cui finalmente innamorarsi? Questo romanzo, come la vita, non fornisce certezze.
Francesca Delli Carri Raimondi
(www.excursus.org, anno VII, n. 66, gennaio 2015)