Il tango della Vecchia Guardia – Arturo Pérez-Reverte

di SILVIA GRANZIERO – Il racconto di un’attrazione travolgente, che si snoda nel corso di 30 anni, tra due persone che si ritrovano per caso tre volte dopo un primo folgorante incontro, o che forse si sono cercate per tutto il tempo. Arturo Pérez-Reverte

È Il tango della Vecchia Guardia, di Arturo Pérez-Reverte (traduzione di Bruno Arpaia, Rizzoli, pp. 492, € 18,00), la storia di una passione che forse all’inizio era amore e poi non lo è più, forse invece lo diventa o forse lo è sempre stato, in cui il fil rouge è costituito proprio dal tango; quello ballato nei saloni luccicanti della prima classe di una nave, moderno ed elegante, quello suonato – o meglio soltanto pensato, e da suonare – e, ancora, quello dei locali più malfamati sulle sponde del Riachuelo, nei bassifondi di Buenos Aires, torbido e spudorato: il tango della Guardia Vieja. Tango la cui presenza si fa meno pregnante e più sfumata man mano passano gli anni, per divenire un evocatore di ricordi e nulla più.

Max Costa, di professione ballerino sui transatlantici di lusso, dall’infanzia miserevole e dalla miserevole vecchiaia, affascina e conquista tutte le donne, con una predilezione per le ricche turiste che viaggiano sole e fa affari che si possono presumere non del tutto limpidi, ma che saranno svelati a poco a poco. Mercedes Inzunza, detta Mecha, una donna algida, ricca, elegantissima e dagli occhi color miele, straordinaria ballerina di tango, vive una relazione alquanto torbida con il marito, il celebre compositore e musicista Armando de Troeye.

Il primo incontro, tra Mecha e Max, è folgorante: ciascuno è avvolto dal proprio mistero, sullo sfondo sfarzoso della Cap Polonio in viaggio verso Buenos Aires. Qui, le vicende di questo affascinante trio e le vite dei singoli si intrecciano con quelle di altrettanto misteriosi e loschi personaggi, per poi tornare ad allontanarsi: la passione tra i due amanti, così diversi per provenienza, ambiente e destino, come improvvisamente è esplosa, così sembra improvvisamente estinguersi ogni volta nell’allontanamento che è sempre una fuga – dai criminali, dalla polizia o da entrambi – salvo poi divampare ancora quando si incontrano di nuovo, a distanza di anni, prima a Nizza, poi in Svizzera e infine a Sorrento. Alla fine è troppo tardi per tutto, tranne forse per svelarsi, per mettere a nudo non i corpi ma questa volta i cuori, e spogliarsi così di tutti i segreti e confidarsi cose non dette per anni.

Con un’alternanza di narrazione al presente (la vecchiaia, un importante torneo di scacchi professionistico) e al passato (la passione, il tango, la fuga), che si intrecciano con lo scenario storico della Guerra di Spagna, le avvisaglie della Seconda Guerra Mondiale, lo spionaggio internazionale, si hanno tutti gli ingredienti per farne un romanzo nel senso più classico del termine.

Arturo Pérez-Reverte ci riesce, intessendo il libro di una scrittura agile e a tratti poetica, molto sensoriale nelle descrizioni che, con un’aggettivazione essenziale eppure ricca, immerge completamente il lettore nell’atmosfera degli ambienti eleganti, dei tessuti e della trama degli abiti, dei modi raffinati – connaturati a Mecha ma che, seppur acquisiti con studio, rendono Max così irresistibile – e del luccichio di una collana di perle, collegando così la realtà dello sfondo storico e del transatlantico Cap Polonio, con la finzione narrativa. Quali torbidi intrecci si dipanino in quei 30 anni e leghino il presente al passato, tocca al lettore scoprirlo, pagina dopo pagina.

Silvia Granziero

L’autore

Arturo Pèrez-Reverte nasce nel 1951 a Cartagena, in Spagna, laureato in Scienze Politiche e Giornalismo, lavora per vent’anni, a partire dal 1973, come giornalista, impegnato in particolare come reporter di guerra, mentre comincia, negli anni Ottanta, a scrivere di narrativa, a cui si dedica a tempo pieno da metà anni Novanta. Tutte le sue opere più note sono edite in Italia da Tropea, e tra queste si ricordano Il club Dumas (Tropea, 1997) – da cui è stato tratto il film La nona porta di Roman Polanski – e Il maestro di scherma (Tropea, 1999).

(www.excursus.org, anno VI, n. 64, novembre 2014)