Strano virus il pensiero – Lidia Sella

sellastranoviruspensierodi ANDREA F. FRANZINI – Le ramificazioni ossimoriche e complementari, in cui Lidia Sella divide le proprie composizioni, costituiscono il primo indizio della sincerità di Strano virus il pensiero (Riflessioni di Antonio Prete, Postfazione di Giulio Giorrello, La Vita Felice, pp. 68, € 12,00).

Preferiamo definire questa raccolta sincera, prima ancora di sottolinearne l’originalità, perché,a colpire di più non è il fatto, seppur ammirevole, che i componimenti non ricordino uno stile già conosciuto, ma la trasparente sensibilità con cui la Sella si approccia ai propri pensieri. Raccontare in poesia la propria visione del mondo significa spogliarsi e rendersi vulnerabili alla scrittura; vuol dire accettare qualunque colpo potrà essere inferto alla propria nudità perché di beneficio. Attenzione: nulla a che fare con il fidarsi del prossimo.

Nell’introdurre questo libretto, Antonio Prete afferma che poesia sia chiedersi «come pronunciare un nome sullo sfondo delle cosmografie abissali», e alla luce dei versi della Sella, emerge come l’unico atto di fede possibile sia verso la bontà delle risposte che ognuno riesce a trovare per se stesso.

L’immagine di cosmografie abissali è adattissima alla rappresentazione delle connessioni che qui raccontano il legame fra Amore e Natura, Comprensione e Infanzia, Danza e Stelle. Ed il profano non è mai stato così dolce. Ogni verità rivelata è una credenza cieca, rifiutarle significa non fidarsi del buio e cercare nel bianco la concretezza della realtà. Per questo, in Materiaenergia, alla fine del mondo è meglio essere circondati dai propri affetti che in attesa di un Dio, poiché è l’uomo ad essere parte di un universo e a scegliere di credere nella creazione. Nella ramificazione intitolata Buioluce, infatti, l’uomo è nella sfumatura dei raggi che ogni giorno, sorgendo, separano il verde dall’azzurro. Per questo, trovarsi non è un’impresa facile. È un po’ come cercare la metà di luna nascosta nel buio.

Uno dopo l’altro, i componimenti convincono che la dedizione nella ricerca permette di abbattere la distanza fra «colui che ha vissuto un’emozione e chi ora ne afferra l’eco».

La prima metà della raccolta dà modo di pensare che nel rapporto fra Natura e Amore menzionato precedentemente, il mondo gioca un ruolo fondamentale, poiché coloro che vivono un affetto, sia esso fra padre e figlio, sorella e fratello o madre e figlia, non subiscono né il tempo né lo spazio. Infatti, se «sono i neuroni a produrre il pensiero e i corpi l’amore», anche il sentimento diventa materia tangibile, ed è proprio il mondo a restituire la sua intensità anche se chi lo vive è ai suoi capi.

Colonna della raccolta, la pagina dedicata a Spaziotempo sonda più a fondo questa intesa ampliandola alla relazione tra i pianeti, che si esplicita «nel salone da ballo della Via Lattea», dove le galassie volteggiano e Sole e Terra procedono abbracciati in «un giro di valzer». Nel disegno delle costellazioni, la consapevolezza e la conoscenza degli uomini si risolvono in «piccole stelle di coscienze». L’accostamento tra le stelle e il passaggio dell’uomo nel mondo si risolve nella visione dell’umano come un insieme di puntini luminosi, il cui controllo è limitato al governo della propria posizione nell’universo.

Il fatto che l’arbitrio dell’uomo sia vincolato dalle sue naturali tendenze e passioni porta alla certezza che «Mentre scrivo, le parole decidono da sé come disporsi sul foglio»; dall’altra parte, vi è il potere di ambizioni e volontà, per cui «il pensiero modifica il destino di chi l’ha concepito». Nonostante quindi nascere con un posto predefinito in «quell’arazzo di stelle» significhi non poter svelare «pianeti galassie segreti mondi», li possiamo illuminare e renderci obiettivi della felicità verso cui il mondo tende per natura.

Quando i componimenti scivolano così nella vita del lettore, però, c’è un però: se viene a mancare l’incastro perfetto, la sensazione di non riconoscersi più sembra quasi un tradimento. Avviene questo nella seconda metà della raccolta, dove si fanno strada toni e modi che contrastano con il lirismo e l’immaginazione a cui finora sono stati consacrati molti temi.

Il primo segnale del limite della bontà del mondo compare in Naturacoscienza, dove si legge «Fiore / se dal tuo stelo colasse sangue / e lacrime dai petali / rinunceremmo a coglierli?». La domanda retorica impone all’uomo di ammettere l’impossibilità di rinunciare alla bellezza, qualunque sofferenza costi, ma mette anche il lettore in allerta, poiché queste prime gocce rosse alterano la sinora incontaminata delicatezza delle poesie. Come promesso, la scia di sangue si ripresenta e lo fa in Imagorealtà, dipingendo «una luna rossa sul mare».

Sono note forti e quasi violente, che lasciano il lettore interdetto scandendo i momenti della morte, del sesso e della vecchiaia. Un approccio sorprendente che smentisce l’equilibrata giustizia con cui è stato dipinto il cosmo.

La morte non è un passaggio né una trasformazione, ma una realtà «immobile», contro cui uomini e donne combattono tutta la vita danzando. Tutto è riconducibile alla materia, perciò anche nel descrivere il sesso era prevedibile il riferimento alla fusione animale dei corpi. Nonostante ciò, tanto si è parlato dell’umano fra le stelle, che la brutalità della domanda «sei davvero entrato in me o mi hai solo penetrata?» coglie alla sprovvista e un po’ dispiace.

Lungi dallo scomparire, metafore e simbolismi parlano de «la porta sul mistero / che si apre / un istante / ed è tutto lì / il nocciolo delle nostre vite».

Tutto sommato, Maschilefemminile racconta un momento tormentato, in cui i corpi sentono la reciproca mancanza, ma nella cui unione non vi è alcuna dolcezza. È perdizione, e per di più rancorosa, poiché dopo essere stata «aggrappata al tronco del tuo sesso», «la recita della normalità riprende». Insomma, l’apoteosi del senso della vita non potrebbe essere più lontana dall’amore, tanto che porta la poetessa ad un’amarissima conclusione: «Quanto male dagli uomini persino quando amano».

Altrettanto contrastanti fra loro sono le descrizioni delle vecchiaia: dopo «una traversata lunga quarant’anni / sospinta dalle onde dei sensi», l’età del tramonto viene talvolta definita come il raggiungimento dell’equilibrio, della saggezza in contrapposizione al piacere, gli ormoni e la passione, talaltra come il «giorno in cui perderai tutto». In Imagorealtà, il viaggio dei vecchi, per il desiderio di morire, è «nelle cavità sotterranee della morte / e attraverso il grande vuoto»; quello dei giovani, che invece desiderano da morire, è «sui tornanti della vita / lungo la galleria dei sogni».

Decidere se le scelte della poetessa siano logiche o contraddittorie dipende da quell’elaborazione personale che rende proprie le parole di qualcun’altro. Trovare nella poesia un significato completamente veritiero con cui interpretare la propria vita richiede uno sforzo notevole, di cui parla un altro che di stelle ne capiva: «Leggere ciò che non è stato scritto. Questa è la lettura più antica, dalle viscere, dalle stelle, dalle danze». Se Benjamin Walter aveva ragione, una scrittura come quella di Lidia Sella aiuta molto il lettore a trasferire la sua poesia nelle proprie giornate, rispondendo «all’insopprimibile bisogno di un interlocutore immaginario». Verità innegabile, ma se questo è vero, allora non è vero che «Chi vive un istante felice non perde tempo a fissarlo sulla carta».

Il percorso tormentato dal dubbio fra la condivisione di alcune posizioni in Strano virus il pensiero e l’avversione per altre si conclude con una resa incondizionata. Rimane la bellezza della poesia e il sollievo che, ovunque essa porti, non farà del male: «Se vuoi trovare le chiavi della tua vita, non aver paura: tuffati nell’abisso». Se anche questo non dovesse essere sufficiente per trovarsi, si può provare con coraggio a guardare dietro la Luna.

Andrea Francesca Franzini

(www.excursus.org, anno VIII, n. 76, ottobre 2016)