di EMILIANO CAVALIERE – Si sente la voce (CartaCanta Editore, pp. 236, € 14,00) rappresenta il miglior frutto, all’insegna della folgorazione, dell’atipico concorso letterario “8×8”, dedicato soprattutto agli scrittori esordienti o dilettanti. Per tentare di spiegare e comunicare lo spirito e l’entità di quest’iniziativa cominciamo affidandoci alla Prefazione dell’opera, intitolata Densa e sonante brevità: queste parole, prese a prestito da Giovanni Faldella, presentano il doppio vantaggio di descrivere mirabilmente ciò che “8×8” vuole promuovere e di offrire una definizione in forma minima di ciò che è la forma del racconto.
Al concorso accedono infatti solo racconti brevissimi, di appena ottomila battute (quattro cartelle), a tema libero; sono previste cinque serate, con otto concorrenti ciascuna, valutati da una giuria di esperti e dal pubblico (il cui peso nel giudizio finale è però limitato rispetto alla giuria). La finalissima tra i vincitori delle varie serate ha poi luogo al Salone del Libro di Torino.
Nella raccolta figurano i racconti vincitori delle varie sezioni, nonché i più meritevoli, di quattro edizioni, dal 2009 al 2012. Ma cos’è un racconto? Come si articola e si scrive? Cosa deve comunicare? Come riportato in Prefazione, Julio Cortázar afferma che «ogni racconto durevole è come il seme in cui sta dormendo l’albero gigantesco. Quell’albero crescerà in noi, farà ombra nella nostra memoria».
Ciò non deve spingerci, tuttavia, a credere che il racconto sia solo una forma di romanzo abbreviato o una sorta di trampolino di lancio nel mondo della scrittura. Romanzo e racconto sono forme diverse, per quanto imparentate: sebbene molti scrittori inizino con prose brevi, non sempre accade che poi convergano sulla narrazione romanzesca (si pensi a Jorge Luis Borges). Pertanto, il racconto ha le sue proprie specificità ed esigenze, diverse e complesse, per quanto condensate: «Di racconti ne ho scritti una mezza dozzina, ma occorre tempo e pratica per individuarne il meccanismo» (Henry James).
«Il racconto, insomma, non ha nulla di intermedio. Il racconto si concentra attorno ad un frammento di realtà (o di irrealtà), […] di solito parte dal particolare per raccontare un universale. I migliori racconti contemporanei vivono dei loro particolari, lasciano intravedere i segni di una frattura, una crepa che avanza, sono quelli che alludono o evocano o materializzano una realtà più sconfinata di quella che descrivono. […] Il racconto è una frustrata, una carezza; quasi sempre giocato sullo spiazzamento, il racconto deve sorprendere, […] (e), al contrario del romanzo, non può accumulare, deve scodellare tutto e subito quel che ha da giocarsi. Il racconto è autarchico: a un certo punto molla il suo autore. Raccontare è come gonfiare un pallone fino a farlo scoppiare, e se non scoppia deve diventare una mongolfiera e portarti lontano».
In definitiva, non si pensi che scrivere narrazioni brevi sia più facile che scriverne di lunghe; alla minore complessità architettonica si sostituiscono la capacità di sintesi epifanica e autosufficiente, di comunicazione immediata e di individuazione di una “faglia”’ tematica. Sta poi al lettore sviluppare la potenzialità di questi input, collaborando, in un certo senso, con lo scrittore e lasciando crescere quell’albero di cui parlava Cortázar.
Forti di queste riflessioni, ci si può addentrare nel libro. Dentro, troveremo di tutto, dal punto di vista stilistico come da quello tematico e narrativo. I racconti rispecchiano in questo senso il frastagliato orizzonte letterario odierno: i modelli sono diversi, moderni e postmoderni, o sono addirittura assenti. La stessa Prefazione dichiara, onestamente, che ad “8×8” lingua, tono e stile medi sono di qualità bassa, spesso non del tutto consapevoli. L’originalità non sempre è ricercata; altre volte è sbandierata. Tuttavia, i testi che abbiamo di fronte sono i migliori; molti di questi autori hanno firmato dei contratti editoriali e avuto successo di critica, e la qualità di alcuni brani di Si sente la voce spiega il perché.
Come già precisato, il tema di ogni racconto è libero, le maniere di svilupparlo svariate; eppure, personalmente, trovo sia interessante che gli autori, la cui età media complessiva si aggira intorno ai 34 anni, scrivano indipendentemente prose che rivelano una tendenza egemonica di tematiche spesso correlate: l’invecchiamento, la morte, i genitori e il rapporto coi figli, l’infanzia segnata in positivo o in negativo, la malattia e l’impotenza d’azione.
I cani adorano i suoi pantaloni di Alessio Torino, Sotto l’ombra di un bel fior di Sara Sanzi,Unità di misura di Mirko Sabatino, L’anno in cui mia madre non c’era di Marianna Garofalo,Una sera che sembra mattina di Chiara Zingariello, Paperi e dinosauri di Federico Falcone,Assenza di gravità di Filippo Nicosia, La fame di Luca Sbordone: tutti questi racconti toccano o mettono insieme le tematiche di cui si è parlato, alcuni addirittura le raccolgono tutte in una rete essenziale che si profila in poche pagine, per poi dissolversi improvvisamente al termine inatteso o insperato della narrazione.
Abbiamo appena usato le parole “improvvisamente”, “inatteso” e “insperato”; le ricolleghiamo ad un altro aspetto interessante dei racconti di Si sente la voce, ovvero l’incredibile rapidità di lettura. Si è già detto che la lunghezza media delle prose è molto breve: a volte, quasi non ci si accorge della loro velocità di scorrimento, al punto che la fine sorprende il lettore “sul più bello”, proprio dove ci si aspettava un ulteriore snodo cruciale.
Questa caratteristica le rende scritture molto versatili, che si adattano alla notevole dinamismo della vita moderna: in un certo senso, il racconto, con il suo frammentismo autonomo, sembra rappresentare la forma scritta del nostro tempo, a dispetto del suo limitato successo nel mercato editoriale odierno. La lettura di un pezzo occupa generalmente dai dieci ai quindici minuti e, anche considerando il tempo necessario per ripercorrere e comprendere il testo, si propone come un’attività da praticare quando e per quanto tempo si vuole.
Ciò non vuol dire necessariamente minore impegno o leggerezza contenutistica. I temi che ho nominato poco sopra ne sono la prova concreta, poiché invece che staccarci dalla pesantezza del reale e proiettarci nella fittizia libertà del tempo dello svago ci spingono verso cose, emozioni ed esperienze (anche pesanti e dolorose) che proviamo o abbiamo vissuto in prima persona. Il racconto ci fa sempre riflettere su noi stessi e sugli altri, ci costringe ad aprire gli occhi; lo fa, però, accostandosi ai nostri tempi e i nostri spazi, senza pretendere d’imporne altri.
L’ultima nota che vorremmo fare, concludendo, è legata al valore degli autori. Ferma restando la tesi per cui un racconto è un’entità a sé e non una scrittura breve per principianti che si approcciano per la prima volta alle narrazioni, va segnalato anche che spesso chi partecipa ad “8×8” tenta di crearsi una strada nel mondo letterario. Per questo motivo, la raccolta funge anche da vetrina dei talenti. Si sente la voce può presentare promettenti scrittori: è, ad esempio, il caso di Alessio Torino, il cui racconto è poi entrato a far parte di un romanzo (Tetano), pubblicato da minimum fax nel 2011.
Emiliano Cavaliere
(www.excursus.org, anno VII, n. 70, maggio 2015)