di STEFANIA BORGHI – All’incrocio tra la concretezza della quotidianità e l’intangibile consistenza dei principi orientativi dell’agire umano, si sviluppa un labirinto di storie di persone il cui corpo e la cui voce – per caso o per volontà – danno forma al tentativo di rendere terreni quegli stessi ideali. Così Francesco Zarzana, nel breve libello Sguardi Liberi (A.Car Edizioni, pp. 96, € 11,00), raccoglie istantanee che ritraggono l’incarnazione della tanto evocata nozione di libertà nelle condotte dei protagonisti.
Tra prosa e poesia l’autore fissa nel testo frammenti di esistenze consacrate a conquistare e consolidare spazi di azione libera per ciascun essere umano. In poche e scorrevoli pagine si sfiorano le vicende di donne e uomini che, in contesti lontani tra loro, hanno scelto di percorrere strade alternative a quelle tracciate per tutti noi dalle contingenze politiche, economiche e sociali.
In Marocco una ragazza caparbia, determinata a guadagnarsi una vita all’altezza delle sue aspirazioni e capacità, trova il coraggio di lasciare casa e affetti, affronta pericoli ed insidie per raggiungere il tanto agognato traguardo di un’esistenza migliore. In Italia una battagliera e ostinata imprenditrice lotta, giorno dopo giorno, per il diritto a svolgere il proprio lavoro in modo onesto e per rendere trasparente un settore, tanto cruciale per l’economia nazionale, quanto esposto alle pressioni delle infiltrazioni mafiose, come quello degli autotrasporti. In Israele e Palestina si intrecciano e si fondono insieme gli affetti di persone divise dalle etichette della nazionalità e del credo religioso.
Secondo le esplicite intenzioni dell’autore, le storie narrate rappresentano una «traccia che sia da monito alle nuove generazioni, spesso distratte da altro»; un’esortazione, quindi, a evitare che le imprescindibili abitudini quotidiane assorbano completamente la nostra attenzione, al punto da ridurre al minimo lo spazio in cui far muovere coscientemente l’atto del pensare. Racconti, vicini e lontani, tracciano altri e più vasti orizzonti rispetto alla ripetitività delle faccende di ogni giorno, espandendo la consapevolezza delle diverse realtà che si manifestano intorno a noi e donando rinnovata vitalità ad azioni mirate a tutelare la libertà.
Ed è così che racconti provenienti dalla Persia di inizio Novecento, dove una dolce e ribelle poetessa sfida la tradizione islamica, si accostano a quelli dell’Italia odierna di un atleta professionista, marocchino di nascita e italiano d’adozione, la cui instancabile tenacia suscita fiducia in nuove prospettive di vita, mostrando ai ragazzi del quartiere Zen di Palermo un orizzonte alternativo alla realtà imperante. Infine, storie della Russia contemporanea, ancora poco avvezza alla libertà, in cui una giornalista non comune denuncia le nefandezze del governo e insegna ai propri figli che «l’impegno ripaga e la perseveranza è tutto», richiamano di nuovo quelle di un’Italia in cui un’altra giornalista risoluta restituisce «ai lettori la possibilità di esercitare con responsabilità il diritto di essere cittadini» grazie alle sue inchieste rigorose e coraggiose.
Mediamente istruiti sul significato e sulle declinazioni pratiche della libertà, abituati all’esercizio di un arbitrio formalmente libero ma, nei fatti, costantemente condizionato da velate pressioni, non prestiamo attenzione alle sottili linee di confine che danno una solida struttura a questo diritto che, prima ancora, è un modo d’essere; noncuranti, rischiamo pertanto di far infiacchire il suo corpo bisognoso di vigore. Ecco allora che ascoltare l’eco di storie lontane e la voce di storie vicine imprime nella mente la vivida immagine di ampi orizzonti entro cui esercitare il nostro dovere di un agire libero e il nostro diritto ad un agire libero.
La forza di questo “libricino” sta proprio nel non trattare la libertà come un oggetto da studiare e analizzare, ma nel renderla soggetto che parla in prima persona attraverso i gesti di individui, comuni e non, i quali accendono un’intensa e rinnovata luce su nozioni che, nel tempo, rischiano di diventare lontane astrazioni. Grazie ad un taglio molto concreto, il testo rammenta a ciascuno l’importanza di mantenere uno sguardo ampio sul mondo circostante perché «c’è sempre bisogno di spazio per allargare la nostra mente».
Le tracce di libertà impresse dai protagonisti evidenziano come i diritti non siano favori, ma delicate conquiste da tutelare con costante partecipazione poiché in molti territori si combatte ancora per vederne riconosciuti alcuni che in altri luoghi, invece, sono divenuti traguardi ormai consolidati, al punto da apparire – erroneamente – certezze granitiche, date per scontate e, per questo, più esposte a rischi insidiosi. Ancora una volta il monito è quello a mantenersi vigili rispetto all’inerzia e all’ignavia quotidiana.
Le storie narrate costringono a posare lo sguardo altrove, creano una breccia nella routine consolidata e distolgono dall’abituale disinteresse nei confronti della libertà, permettendo di recuperarne una rinnovata percezione, perché «la libertà vera è quella che il nostro orizzonte genera ogni giorno dentro di noi».
Qualsiasi altra parola diventa però una forzatura alla volontà dell’autore che intenzionalmente ha ridotto al minimo lo spazio a commenti e spiegazioni, lasciando campo libero allo svolgersi rapido e diretto di momenti di vita. Che siano allora le immagini a parlare, a evocare pensieri e sensazioni, a far sì che si generi nel tempo un intenso lavorio nel nostro intimo.
L’ammonimento non è tanto quello di avere uno sguardo libero, quanto quello di «essere uno Sguardo Libero».
Stefania Borghi
(www.excursus.org, anno VII, n. 71, luglio-agosto 2015)