di FRANCESCA DELLI CARRI – Non è brutto e non ha problemi fisici: è in base a ciò che Carlo a diciannove anni giunge alla terribile conclusione di avere proprio qualcosa di sbagliato. Chissà, forse è come parla, quel che dice, le espressioni che fa… Luca Raimondi
Fatto sta che passa il tempo aggirandosi annoiato per i corridoi della Facoltà di Filosofia (corso che ha scelto in preda a non si sa quale turba mentale), cerca disperatamente contatti con le persone “giuste”, abborda la ragazza in seconda fila di cui si innamora in cinque minuti, attacca bottone con quella in quarta fila che all’improvviso ama più di quella in seconda, viene puntualmente rifiutato, e poi esce con degli amici di cui non sa perché e amico.
Carlo, il protagonista di Se avessi previsto tutto questo. In cerca d’amore nella Catania di fine millennio (Edizioni Il Foglio, pp. 234, € 15,00) di Luca Raimondi, è trafitto da mille indecisioni e insicurezze, e si muove a random per Catania come alla ricerca della chiave interpretativa del mondo e della gente, di quelle persone felici che sembrano avere tutto ciò che lui non ha: una strada tracciata, degli affetti stabili, e ovviamente una ragazza.
Siamo di fronte a un racconto di formazione leggermente posticipato nel tempo, in cui Carlo si trova ad affrontare un po’ in ritardo tutta una serie di problemi che solitamente vengono risolti in una prima fase adolescenziale, non di certo a quasi vent’anni: la formazione d’identità (soprattutto sessuale), la definizione di se stessi, delle proprie amicizie e del tipo di vita che si vuole condurre. La sua storia fa un po’ da compendio di tutti i drammi della pubertà, dall’amore non corrisposto, alle insicurezze sessuali, all’infatuazione per la cugina. Ma è nel suo modo di reagire agli ostacoli che sta il punto forte del romanzo. Luca Raimondi
Carlo infatti non può che suscitare simpatia, di quelle simpatie che si provano nei confronti dei “casi disperati”. Ci azzardiamo a definirlo come un piccolo personaggio tragicomico, nel senso che vive la sua situazione di esclusione e inadeguatezza come un conflitto insanabile con se stesso, fatto di drammatici interrogativi ai quali proprio non sa da dove iniziare a rispondere. E reagisce con un’autoironia distaccata, malata, e piena di rassegnazione, che fa ulteriormente divertire.
È esilarante la lente tragica con cui Carlo analizza ciò che lo circonda: i genitori che sembrano aver fatto apposta a non insegnarli nulla sul sesso, gli amici che sembrano essere suoi amici solo per il gusto di fargli fare brutte figure ad ogni festa, le ragazze che sembrano sempre guardarlo schifate… Una serie di “sfighe”, reali ma spesso anche solo immaginate, che lo rendono incapace di agire e ancor più insoddisfatto di sé a causa di questa sua inettitudine: «Occasioni mai sfruttate, momenti mai vissuti. Possibili amori o affetti sconfitti dalla presunzione di Carlo, arcisicuro della sconfitta prima ancora di mettere la palla al centro e dare il calcio d’inizio» (p. 168).
A rendere il disorientamento di Carlo ancor più realistico e umoristico allo stesso tempo, c’è l’inserimento di resoconti in prima persona di alcuni sogni del protagonista: componenti oniriche che fanno da testimone della psiche tormentata del povero Carlo e che svelano definitivamente le sue paranoie e i suoi desideri più sepolti nel subconscio. Il bello di questo romanzo è che, nonostante sia in sostanza il racconto della disperata ricerca di un amore, di amore nel senso romantico del termine non c’è assolutamente traccia.
Luca Raimondi non scivola mai nello stucchevole, e d’altra parte è il personaggio stesso a richiederlo: Carlo infatti distribuisce i suoi improbabili “ti amo” come fossero caramelle, e persevera nel confondere attrazione, amicizia e sentimento, cosicché anche alla fine, di amore, avrà capito ben poco. Lo stile dell’autore a tratti riprende elementi tipici della scrittura giovanile – “licenze poetiche”, punteggiatura e sintassi personalizzata – a tratti presenta picchi di vera originalità, scivolando leggero e divertente.
La conclusione, assolutamente da non svelare, è il punto più alto del romanzo: esilarante, inaspettata, controversa e ironica; vediamo un Carlo che ha finalmente deciso di agire, non sa nemmeno lui bene il motivo e lo scopo, ma in preda a un raptus emotivo si gioca il tutto per tutto: «Carlo è a un punto cruciale della vita, in cui bisogna anche essere disposti a perdere qualcosa o qualcuno strada facendo, per tornare subito a riempire i vuoti. Un lavoro duro, ma che va portato avanti con abnegazione. Bisogna uscire dall’involucro della timidezza per cospargersi di coraggio. Bisogna imporre la propria esistenza e le proprie pulsioni, entro centri limiti che ci sono imposti o che ci autoimponiamo. Ecco, l’unico problema, stasera, è che Carlo non si è posto limiti».
L’effetto è di incredulità e gran divertimento di fronte a un epilogo né da commedia né da fiaba, ma da realtà vissuta in cui percepiamo ancor più che altrove la base autobiografica di questo romanzo.
Francesca Delli Carri
(www.excursus.org, anno VI, n. 60, luglio 2014)