di ROSSELLA FARNESE – «Tutte quelle persone della mia età tra le quali cercavo di confondermi nei caffè o nelle sale dei cinema mi parevano straniere. O piuttosto ero io, la straniera»: credo sia questa la chiave di lettura attraverso cui filtrare l’agile ma al tempo stesso asettico libro del Premio Nobel per la Letteratura 2014 Patrick Modiano, Sconosciute, edito da Gallimard nel 1999 e tradotto per Einaudi da Paola Galli (pp. 128, € 12,00).
Tre storie opache, tre ragazze anonime a loro stesse, sospese come bolle di sapone, come i personaggi di Seurat in Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande-Jatte, scivolano umbratili ed enigmatiche fondendosi con il bianco e nero delle pagine. Ricerca senza scopo, eppure desiderio di, quasi per caso, eppure già rassegnazione: queste le cifre che accomunano le lunghe passeggiate di tre giovani donne che non si conoscono, che non conoscono neppure loro stesse, che non ci dicono nemmeno il loro nome.
La prima si reca a Parigi da Lione alla ricerca del grande amore; la seconda è una sedicenne dalla beauté du diable, ribelle e insofferente alla disciplina del collegio, privata degli affetti familiari, vuole viaggiare e in valigia ha una pistola; la terza ha lasciato il suo lavoro a Londra e vive in un atelier di Vaugirard preso in prestito.
Un trittico scialbo eppure singolarmente strutturato in modo avvincente: nel primo quadretto fil rouge è il mistero, il mistero che caratterizza sin dal nome l’amante della protagonista e il mistero che avvolge il finale della loro liaison; nel secondo – che trovo il più frizzante – a fare da motore sono la trasgressione e il fascino fatale; nel terzo è un ritmo di fondo – quello dei cavalli destinati al mattatoio – a creare una cappa di angoscia. Patrick Modiano
Un senso di precarietà – l’anti-leggerezza calviniana ‒ caratterizza le vite delle tre sconosciute che non riescono ad avere presa sugli eventi ma lasciano che tutto accada, in un vortice di vuoto: «In lui era il vuoto anche ad attrarmi. Spesso il suo sguardo era assente» – così la prima ragazza riguardo al suo misterioso amante; «Non ci dovevo pensare, ma solo lasciarmi andare dolcemente. Non sapevo nemmeno più perché mi trovavo su quell’automobile» – questi i pensieri della giovane protagonista della seconda storia; «mi accorgevo tutt’a un tratto di non essermi mai interrogata sul senso della vita» – si legge nel terzo racconto.
Sconosciute: tre racconti che mettono in scena l’enigma dell’identità ‒ «E poi il mio posto dov’era esattamente? Non l’avevo ancora trovato», si chiede la prima protagonista – tre giovani donne, anaffettive e straniere a loro stesse, che vogliono una cosa sola, cioè emanciparsi rispetto al passato,definito da altri, lanciandosi però alla deriva verso una prospettiva di vita non costruita‒ «Mi accontentavo di vivere alla giornata, spesso perseguendo il mio piacere», si legge nella terza storia ‒ tre tranches de vie scandite dalla solitudine e dal silenzio, in attesa forse di uno squarcio, di quella montaliana maglia rotta della rete, che viene però negata dai finali, abilmente costruiti in un crescendo di tensione ma lapidari. Patrick Modiano
«Io non ho stati d’animo» – dice la ragazza della terza storia e così si sente il lettore: travolto sì, per via dell’enigmaticità delle situazioni – ben anticipata dal Magritte di copertina, La tomba dei lottatori, una rosa rossa gigante in una stanza o cambiando punto di vista una rosa rossa normale in una micro-stanza – ma in un percorso appunto verso l’ignoto e che al nulla approda.
Rossella Farnese
(www.excursus.org, anno XI, n. 93, luglio-settembre 2019) Patrick Modiano