di CHIARA ZAGO – Londra è un calderone di etnie, religioni, abitudini e personalità che riescono a convivere tra loro, amalgamandosi e arricchendosi a vicenda, in modo che ognuno tragga il meglio da una tale diversificazione. È questo ciò che descrive il libro Riti di Primavera. Nuovi racconti londinesi (Centroscuola Edizioni, pp. 206, € 14,00), raccogliendo quattordici racconti molto differenti tra loro, accomunati tuttavia dal luogo in cui queste storie si svolgono, ovvero tra i meandri della Londra del 2000.
Gli autori, alcuni di essi londinesi di nascita mentre altri adottati (con merito) dalla grande e antica città, sviluppano e costruiscono in poche pagine delle vere e proprie perle, descrivendo persone dalle vite comuni ma particolari nella loro soggettività e nel modo in cui i protagonisti le vivono.
Si passa dalla vita di una casalinga e mamma a tempo pieno che tenta di raccogliere le proprie paure, le speranze passate infrante di carriera e quelle future dipinte dalla gioia ‒ e dai dolori ‒ di veder crescere le proprie bambine, come accade nel racconto di Polly Tropos, mamma lei stessa e scrittrice battagliera. Da qui si gira pagina e si arriva ad un altro racconto e un’altra vita, quella del celebre Melies, pioniere del cinema francese, che ripercorre con la memoria gli inizi della sua passione per marchingegni scenici, passione che lo porterà ad abbandonare la carriera sicura di successore del padre nell’imprenditoria delle calzature, come ci racconta Roger Clark, nel racconto L’ingranaggio a forma di stella.
Il panorama di caratteri non si ferma qui e si evolve in un’altra storia, dallo stile graffiante e quasi telegrafico, corto e spezzettato come la musica tecno che risuona nel locale dove la protagonista del racconto Patate fritte con maionese (di Jacqueline Lucas, che, oltre alla passione per la scrittura, coltiva quella per la fotografia) si ritrova a passare una serata per svagarsi dal lavoro di tutti i giorni e dove incontrerà una persona che finirà per cambiare la sua vita.
Le strade di Londra e i suoi edifici, poi, finiscono per tingersi di rosso con il racconto di William Sutcliffe, Il senso di Sandra per il Tipp-Ex, in cui la protagonista, in una sorta di allucinazione costante condita da una pericolosa mania di persecuzione, finisce per attentare alla vita del suo capo e di un suo collega, per il solo sospetto che uno di loro abbia toccato un prodotto da lei acquistato. Il sangue scorre anche nel racconto d’esordio del libro, Segni di vita di Victoria Field, londinese di nascita e docente universitaria di professione, dove varie vite, tutte accomunate dalla vicinanza abitativa, finiscono per incrociarsi, in modo tale che ognuno di loro possa risolvere i propri problemi, anche a costo di incendi accidentali e morti misteriose nascoste dal buio di un puzzolente vicolo londinese.
Non potrebbe essere una Londra completa se la selezione di autori non comprendesse anche alcuni racconti trattanti tematiche etniche, di immigrazione e integrazione, come si può riscontrare in Un vero biryani, dove il romanziere e insegnante Ardashir Vakil esplora le abitudini, i pregiudizi e le peculiarità della cultura indiana in Inghilterra, con le loro ombre e le loro luci, i loro pregi e i loro difetti.
Il tema etnico si incontra anche nel racconto del talentuoso Courttia Newland (scrittore e sceneggiatore), in cui l’autrice descrive la vita di un giovane dalle mani miracolose (come indica lo stesso titolo del racconto: Le sue mani miracolose), capaci di diagnosticare e guarire ogni tipo di malattia. Un dono che purtroppo viene sfruttato dal padre, un uomo privo di amore verso il figlio, che preferisce utilizzare il suo talento per qualche bevuta al bar e molte incaute scommesse.
Nonostante la morte del padre, il dolore del giovane per un’infanzia rubata viene lenito quando a diciott’anni incontra la ragazza che sarà la donna della sua vita, l’unica che saprà sostenerlo qualche anno dopo a causa della perdita di quel dono che l’aveva reso speciale, benestante e ben voluto agli occhi dei cittadini. È proprio lei infatti a fargli capire, facendogli poggiare la mano sulla sua pancia, che aveva sbagliato, avendo creduto che «qualcosa fosse andato perduto, fosse morto. Ora capiva che quella cosa si era semplicemente trasferita, era rinata».
L’ossessione per i pregiudizi viene approfondita anche in chiave new age dal ritratto di uno spezzone della vita di Vicky, protagonista del racconto Il tubino nero (di Clifford Thorlow), sposata a un ambientalista e pacifista che intende controllare ogni ambito della vita della consorte, soffocandola più che metaforicamente. Riti di primavera non è quindi solamente una raccolta di racconti incentrati su Londra, ma un vero e proprio affresco di una sorta di formicaio multietnico e multidimensionale, dove le vite si sfiorano tra di loro, si incontrano e si scontrano e, dopo essersi districate, continuano nel loro personale intreccio, pronti ad abbracciare un destino predestinato o a lottare per un futuro diverso.
Sembra una sorta di commedia umana che ricalca il progetto antropologico ed esplorativo di Balzac, concentrandosi però su una città che è tutt’altro che uniforme e uguale, ma che cambia sfumature a seconda dei quartieri, delle stagioni e delle ore in cui la si guarda. È un libro da leggere per respirare un po’ d’aria inglese, fino a riempirsi i polm di stili differenti e accattivanti tra loro, da quello più graffiante di Jacqueline Lucas a quello più fluido e calmo di Shelagh Moorhouse (con il racconto Innamorarsi ancora).
Chiara Zago
(www.excursus.org, anno VII, n. 69, aprile 2015)