Revolutionary Road – Richard Yates

YatesRevolutionaryRoaddi ANAMARIA GAGEA – Siamo nel 1955, nei sobborghi di New York, in una bella casa, come tante altre. Frank e April Wheeler, giovani sposi prototipo della vita coniugale del Dopoguerra, respirano i favolosi anni ’50, anni speranzosi in cui ogni aspetto della vita è permeato dalla voglia di guardare al futuro, un futuro che si preannuncia formidabile: lo dice la televisione, lo assicurano le pubblicità. I Wheeler, in effetti, hanno tutto: due bambini, una macchina e un’abitazione incantevole su Revolutionary Road, strada placida di periferia; lui ha un lavoro nella stessa compagnia del padre, che sostiene economicamente la famiglia, e lei accudisce i figli.

I due, però,vivono nella consapevolezza di essere predisposti ad una vita singolare e inconsueta, che non rientra negli schemi programmati per la società bianca remissiva, soddisfatta e diffidente nei confronti dei vicini. «Quei simpatici Wheeler di Revolutionary Road, quei simpatici rivoluzionari di Wheeler Road»,trovano la disillusione delle aspirazioni represse quando si rendono conto di proiettare la stessa ombra del mito americano della famiglia mononucleare che disprezzavano negli altri, e di cercare la stessa comune affermazione all’interno del capitalismo avanzato.

La penna sontuosa di Richard Yates imprime sulle pagine un’accusa velata e ironica nei confronti della sua contemporaneità. Pubblicato per la prima volta negli Usa nel 1961 e in Italia nel 1964 dalla Garzanti con il titolo I nonconformisti, Revolutionary Road è stato riproposto con il titolo originale dalla minimum fax (Prefazione di Richard Ford, pp. 458, € 12,50). Yates comprende la nevrosi di una società che è paga della propria immagine, pur essendo cosciente della sua falsità.

Entriamo in casa Wheeler quando il loro disincanto si fa concreto: assistiamo impotenti alla parabola discendente e apparentemente inarrestabile della loro relazione.Il momento di crisi e di rottura corrisponde all’avvio stesso del romanzo: vediamo disgregarsi fin dalle prime pagine il sogno e l’aspirazione di April di diventare un’attrice, la conosciamo attraverso la lente diretta dell’autore che ce la presenta in un momento penoso, debuttante della Compagnia dell’Alloro, una società filodrammatica di periferia. April «aveva cominciato ad alternare gesti melodrammatici a fasi di contratta immobilità; se ne stava con le spalle rigide e, nonostante il pesante cerone, si riusciva a vedere il rossore dell’umiliazione invaderle volto e collo». Questo è il quadro propedeutico di un romanzo che nasce sul processo già inoltrato della disgregazione di una persona e delle sue aspettative. La visione da fuori è angosciante, quasi asfissiante,come lettori assistiamo abbattuti a questa lenta e pericolosa evoluzione che finirà nel più tragico dei modi.

Yates, attraverso un’operazione di filtraggio dei fatti, osservati dal punto di vista dei personaggi,concede un’intrusione nei loro pensieri più intimi e reconditi, nel loro modo discordante e spesso egoistico di pensare l’uno all’altro e di vivere le loro relazioni. Le prospettive sono molteplici e danno vita ad una coralità iscritta nei dogmi della borghesia. L’autore ripercorre il passato di ognuno, creando logiche congiunzioni tra l’educazione, i modelli e i traumi infantili e il loro modo di affrontare il presente. Conduce un percorso di comprensione del perché di molti atteggiamenti eccentrici o esageratamente controllati.

Il primo passo in tale direzione lo percorre nelle pagine iniziali in cui oscilla ritmicamente tra il presente del fallimento pubblico di April, momento cruciale per farci captare l’incapacità di Frank di consolare e capire la moglie, e un momento passato in cui lui «era oggetto d’ammirazione». April, invece, era una «ragazza di primissima qualità» che Frank faceva ridere «nel giro di cinque minuti». Lui «riusciva non solo a tener desta l’attenzione nei suoi grandi occhi grigi, ma anche a far sì che le pupille di lei, mentre le parlava, guizzassero in alto, in basso, e percorressero piccoli archi, quasi che la forma del viso e la grana della pelle di Frank fossero oggetti di straordinario interesse».Quando si sono conosciuti, i due hanno trovato speranza in uno e nell’altra. April era intelligente, brillante, splendida, Frank molto carismatico. Si promettono di non subire quella decadenza che sembra inevitabile per una coppia destinata ad una vita suburbana.

Si scoprono però fotocopie di tutto quello che ripudiano e deridono, e quel momento di presa di coscienza arresta la possibilità di continuare a proiettare negli altri le proprie debolezze, i propri difetti e le proprie insicurezze. Schernire i loro vicini, considerarsi migliori dei loro unici amici, la coppia dei Campbell, non basta più. La loro frustrazione personale si esibisce nella coppia stessa ed esplode in discussioni gravide di una violenza concreta, dolorosamente realistica e amara. I dialoghi sono molto potenti e possono dare una fisionomia distinta e immacolata dei due protagonisti, le cui voci emergono non artefatte e non costruite.

La loro rabbia vicendevole nasce da un senso di inadeguatezza, dalla necessità di sentirsi realizzati e dalla desolazione di non trovare una risposta alla loro situazione. Hanno paura non soltanto della mediocrità da cui si sono fatti consumare e circondare, ma anche dalla possibilità che quella mediocrità nasca da loro stessi. Entrambi i personaggi hanno bisogno di approvazione e non riescono a trovarla. La loro eudemonologia viene sacrificata da un senso logorante di smarrimento.

Nessuno dei due si sente davvero appagato. Yates è crudele e, allo stesso tempo, accattivante:attraverso l’uso accorto di un’ironia schietta, smantella le prerogative degli anni dell’ottimismo americano, del maccartismo e della ricerca della felicità. April vorrebbe essere un’attrice, ma viene relegata in un’operetta di provincia, Frank svolge «il lavoro più cretino che si possa immaginare» nella stessa compagnia del padre che nel tempo ha perso di valore, in un mondo corporativo che non gratifica ma aliena. I Wheeler non sanno cosa vogliono, cosa li possa rendere soddisfatti e felici.

April propone di dare una svolta alla loro vita per sfuggire alla mediocrità che sembra li stia risucchiando: la sua idea è quella di trasferirsi a Parigi insieme ai bambini. April non si sente la tipica casalinga, non vuole rientrare in quella struttura che la società ha in serbo per lei, parla per se stessa e prende le sue decisioni, specialmente nelle questioni riguardanti il suo corpo o la scelta di avere dei bambini. Emerge dal romanzo la voglia di liberarsi dalle costrizioni di genere.

Il conflitto si acuisce e opprime quando Frank smaschera la sua totale ipocrisia: il suo ego vuole che la moglie gli ubbidisca sempre, secondo la mentalità della middle class e del suo stile di vita. La sua realizzazione in quanto uomo vacilla quando April non lo ascolta, e la sua mascolinità viene offesa ogniqualvolta che lei si discosterà dall’immagine di moglie ideale.

È April, infatti, la forza centrifuga dalla quale parte l’idea di partire e cambiare vita, e che spinge Frank e i bambini alle massime conseguenze di tale decisione. Le intenzioni inizialmente positive del marito sembrano soltanto apparenti: basta la promessa di una promozione al lavoro a far tentennare i suoi propositi. Comincia a farsi sempre più manifesta la possibilità che il trasferimento europeo sia una scusa per rifuggire dal vero problema: l’eventualità che non siano mai stati innamorati della persona, ma soltanto dell’immagine idealizzata che si sono fatti l’uno dell’altra. Un’immagine che comincia a sbiadire a inizio romanzo e che finisce con l’annullarsi totalmente nel finale drammatico.

Il sapore di Revolutionary Road è amaro perché ha la capacità di far immedesimare e di rendere più critici. La vita costruita e artefatta in cui si trovano imballati gli Wheeler sembra distante, però le loro paure e gli errori in cui possono incappare toccano pericolosamentela maggior parte dei lettori.

Il romanzo parla al senso giovanile di aspirare alla felicità futura e al compromesso che inevitabilmente sembra dover affrontare una volta che le ambizioni giovanili sono disattese. Se Yates fa soccombere i Wheeler, lo fa per poter scuotere i lettori e parlare di questioni generazionali su un piano universale.

Anamaria Gagea

(www.excursus.org, anno VIII, n. 75, settembre 2016)