di ALESSIA PERETTA – Chi sceglie oggi di parlare della poesia di Pier Paolo Pasolini sa di andare incontro a due generi di problemi: da una parte, dovrà fare i conti con il mito del personaggio mediatico che ancora continua a sovrapporsi alla reale sostanza della sua scrittura, cercando quindi, per quanto possibile, di accostarvisi con strumenti critici che consentano un’autentica lettura (o rilettura) dell’autore. Leonardo Gatta
Dall’altra, dovrà essere consapevole di una certa illegittimità nel trattare la sua opera poetica come un fatto autonomo, in quanto i generi diversi che affronta simultaneamente costituiscono un unicum agglutinato e compatto. Insomma, non possiamo concepire il Pasolini poeta escludendo il regista, il romanziere e il polemista.
Eppure, un discorso circoscritto alla sola poesia risulta necessario, se non altro per recare un contributo alla comprensione di una tra le personalità più complesse e dibattute del Novecento. Non solo. Un critico acuto quale fu Fernando Bandini insiste nel ribadire la centralità che la poesia ha ricoperto nella totalità dell’opera pasoliniana in quanto scrittura privilegiata, «luogo dell’assoluto, dove ogni asserzione diventa verità e il privato può presentarsi come un universale» [1]. Non sarà questa per noi una provocazione? Uno spunto per riflettere sul ruolo stesso che la poesia riveste e può ancora rivestire in una società in cui sembrano ogni giorno di più, per dirla con le parole di Marco Gatto, «prendere piede le diagnosi apocalittiche del Pasolini “corsaro”» [2]?
Con il suo Il personaggio in corsa. Pasolini e la poesia prima (Prefazione di Marco Gatto, Pungitopo Editrice, pp. 72, € 8,00), Leonardo Gatta raccoglie la sfida e torna alle origini di quel percorso quanto mai dinamico ed eclettico quale fu l’itinerario poetico dell’intellettuale bolognese per fissarne con concisa chiarezza costanti e metamorfosi. L’arco temporale preso in considerazione si estende dalle prime poesie in dialetto friulano (Poesie a Casarsa, 1942) fino a Le ceneri di Gramsci (1957), a fotografare un itinerario poetico, sì, ma primariamente umano, in cui Pasolini, dopo il trauma della fuga a Roma a seguito di una denuncia per corruzione di minorenni, attraversa una periodo di profonda crisi che sfocerà nell’affermazione della coscienza adulta sul friulano sogno infantile e che segnerà per sempre il suo rapporto poetico e ideologico con il mondo. Le basi concettuali da cui muove Gatta vanno inquadrate in quel filone di ricerca che indaga il rapporto che all’interno della produzione pasoliniana s’instaura fra la dimensione del Mito e quella della Storia [3].
Il Mito, scrive Leonardo Gatta, è «lo spazio primo e primigenio in cui Pasolini si muove, e agisce, con declinazioni e significati differenti a seconda dello sviluppo delle sue operazioni artistiche» (p. 14). Ecco quindi come, il delinearsi di quella parabola che dallo spazio di un Friuli edenico, archetipo e metafora fisica del paradiso perduto dell’infanzia, in cui mito personale e quello di una religiosità cristiana arcaica si fondono in atmosfere stilizzate ancora romantico-decadenti, porterà Pasolini a scontrarsi con l’inferno della metropoli, con i suoi stridenti contrasti fra mondo del privilegio e mondo dell’emarginazione e a elaborare quindi un nuovo modus operandi, a cercare una nuova parola in cui l’esistenza possa farsi espressione. Scontro da cui nascerà appunto la nuova mitologia della corporalità popolare. Leonardo Gatta
Nelle sue Poesie a Casarsa, Pasolini aveva creato cioè il proprio mito personale (e con la parola “mito” intenderemo “narrazione sacra delle origini”), costruendo per sé una realtà e un’identità sognata; un mondo immerso in un tempo metastorico in cui potesse avvenire quello stato di «sospensione dell’esistenza da cui [poter] “guardare” la vita senza la drammatica necessità di chiudere il cerchio della fanciullezza» (p. 17).
Con l’arrivo a Roma, Pasolini viene però catapultato nel mezzo di una realtà ben diversa dal morbido utero di Casarsa: una realtà complessa, degradata, segnata da una spaventosa durezza materiale ed esistenziale. È a questo punto che si verifica la caduta dal sogno alla realtà; una realtà con cui non si può più eludere il confronto e che ben presto il poeta troverà il modo di riscattare dalla sua miseria attraverso una nuova mitizzazione.
È proprio nella chiarificazione di questo passaggio cruciale che l’analisi di Gatta porta il suo contributo più significativo e lo fa indagandone le dinamiche dal di dentro, ovvero adottando la prospettiva dell’Io poetante inteso come «fulcro percettivo-narratologico per la rappresentazione della realtà e della “vita”» (p. 54). Spazi siderali, infatti, separano Pasolini e la sua coscienza di intellettuale borghese da quel mondo di stracci e di polvere, dalla sua vitalità primitiva. L’unico strumento a sua disposizione per bruciare quella distanza è il proprio «corpo vivo», che egli usa e reinventa per dar vita ad una inedita poetica dei sensi, non più contemplativa ma spiccatamente narrativa, in cui spazio esperito e spazio simbolico possano trovare nuova occasione di convivenza proprio grazie a quel corpo protagonista che, novello tramite per la presa di possesso del mondo oggettivo, tutto recepisce, assimila e rifonde sulla pagina.
A partire da alcuni testi chiave, come Correvo nel crepuscolo fangoso, Gatta segue ed illumina con accuratezza di ragionamento e meticolosa attenzione ai fatti di stile la metamorfosi di Narciso in un Io narrante fortemente e “fisicamente” coinvolto nella narrazione e nella Storia, «sessualmente partecipante e non più solamente rappresentato tramite identificazione-mimetica con l’archetipo» (p. 33). Una metamorfosi che troverà piena sistemazione e consacrazione ne Le ceneri di Gramsci, dopo cui, certamente, si chiude la prima fase dell’opera letteraria di Pasolini.
Alessia Peretta Leonardo Gatta
NOTE BIBLIOGRAFICHE
[1] – FERNANDO BANDINI, Il “sogno di una cosa” chiamata poesia, in PIER PAOLO PASOLINI, Tutte le poesie, a cura e con uno scritto di Walter Siti, saggio introduttivo di Fernando Bandini, Cronologia a cura di Nico Naldini, Mondadori, Milano, 2003, p. XV.
[2] – MARCO GATTO, Prefazione, in LEONARDO GATTA, Il personaggio in corsa. Pasolini e la poesia prima, Pungitopo Editrice, Gioiosa Marea, 2014, p. 5.
[3] – Tra i maggiori contributi si ricordano: GUIDO SANTATO, Pier Paolo Pasolini. L’Opera, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1980, e IDEM, L’abisso fra corpo e storia. Pasolini fra Mito, Storia e Dopostoria, in «Studi Pasoliniani. Rivista Internazionale», n. 1, 2007.
(www.excursus.org, anno VII, n. 66, gennaio 2015)