di PAMELA LA CAMERA – La necessità di informarsi e il bisogno di ricevere risposte a domande che sembrano prevedibili: sono queste le motivazioni che avvicinano le donne al volume di Rossana Campisi, Partorirai con dolore (Bur, pp. 256, € 14,00), che tratta un tema fondamentale nella vita di ogni donna, studiato e dibattuto fin dai tempi antichi; tuttavia, leggendo il testo si ha la sensazione di non sapere niente o quasi della gravidanza. Il libro è una guida che raccoglie le testimonianze di tante donne che hanno affrontato questa fase delicata della vita in modo diverso, in quanto l’intento dell’autrice è quello di fornire le giuste informazioni utili per le donne in dolce attesa.
Nove mesi che segnano l’esistenza del genere femminile, mutano il corpo, mettono a dura prova l’identità psicologica e portano le donne a confrontarsi con miti, luoghi comuni, teorie vere o presunte. La Campisi compie una vera e propria inchiesta sugli argomenti gravidanza e maternità, e nel corso della lettura si capisce quanto straordinaria sia la natura umana e in che modo la donna contribuisca con il suo comportamento a renderla ancora più affascinante.
La conoscenza innanzitutto: infatti l’autrice dimostra, attraverso interviste, testimonianze e dati, come spesso non sono le mamme a scegliere la modalità del parto; molte inoltre hanno riferito che la gravidanza è «quasi un lavoro» e che tante volte il servizio sanitario appare un labirinto nel quale districarsi, fatto di procedure, lentezze, negligenze.
I medici assicurano come nel 90% delle gravidanze siano sufficienti solo tre ecografie per il benessere della madre e del bambino. Peccato che alcune donne se ne facciano anche dodici nei nove mesi di gestazione. All’ansia delle madri, poi, si aggiunge, in alcuni casi, la scorrettezza del ginecologo di turno che ne approfitta, visto i costi di ogni controllo. «Per realizzare il libro ho parlato con decine di ginecologi in tutta Italia. E ho scoperto che, se la gravidanza è nella norma, sono troppe». E ancora nota la Campisi, «Invece sono ancora pochi gli specialisti che, prima di villocentesi o amniocentesi, propongono il “test combinato”: un esame che unisce l’ecografia della translucenza nucale all’analisi del sangue materno e stabilisce il rischio del neonato di essere affetto da sindrome di Down. Certo, è un’analisi diagnostica che fornisce una probabilità, non un risultato certo, ma non è invasiva. E se le percentuali sono alte, c’è comunque il tempo di fare il villo e l’amnio».
Tra le testimonianze riportate, figura quella di Rosanna, italiana che vive alle isole Canarie: «Qui si controllano solo la pressione della madre e il peso e il dibattito cardiaco del bimbo. E a seguirti, gratis, è la “matrona”: un’infermiera specializzata».
La Campisi considera le donne protagoniste indiscusse del parto e le invita a vivere i momenti che lo precedono e lo susseguono nel migliore dei modi, anche cercando di non cadere nelle trappole dei falsi miti, alcuni dei quali legati all’ambiente culturale in cui si vive, alle persone che si frequentano nei periodi della gravidanza, al tipo di equilibrio personale a cui si è naturalmente predisposte. Esistono i corsi preparto, ma c’è chi non li fa perché lavora fino all’ultimo, e chi ne frequenta più di uno alla ricerca dell’illuminazione: «Il problema è l’offerta» spiega la Campisi «i corsi non si fanno in tutti gli ospedali, la maggior parte sono a pagamento, e in alcuni casi, poi, le lezioni sono standard e formali». Interessante è la storia di Costanza: il parto l’ha segnata per sempre, poiché nessuno l’ha preparata a domare il dolore del travaglio, rendendola ancora più fragile di quanto già non lo fosse.
Orientarsi in mezzo a luoghi comuni, passaparola, mentalità diverse, non è facile. Una mamma ha lottato contro i parenti pugliesi per provare a fare il parto naturale dopo il cesareo e alla fine ha scelto quello in casa, vivendolo come un segreto di coppia. Un’altra mamma, pur avendo bisogno di partorire in un ospedale dotato di terapia intensiva neonatale, non si è preoccupata di cercarlo, esponendo a un enorme rischio sia la propria vita che quella del feto.
Le donne devono essere informate perché ne hanno tutto il diritto: ad esempio, qual è il numero dei cesarei ed episiotomie che si registrano in un anno? Dove praticano l’epidurale? Bisogna circondarsi delle persone giuste per farsi guidare bene.
Sapere che il dolore di una contrazione è diverso (se non inferiore) a quello provocato dall’ossitocina per l’induzione o a quello post intervento per il cesareo è già utile per non scegliere quest’ultimo solo per evitare il dolore.
La gravidanza è uno stato di salute, non una malattia, e anche se è un’esperienza soggettiva, è importante riuscire a gestire l’ansia. «Soltanto nel 16% delle strutture l’epidurale è disponibile ventiquattro ore su ventiquattro» osserva il ginecologo Paolo Scollo, che continua: «spesso mancano gli anestesisti. E c’è un retaggio culturale per cui l’epidurale non è considerata così necessaria. Invece, è un diritto».
Eppure gli ospedali dove la donna in travaglio può essere ben assistita esistono, basta solo cercarli. Come ricorda il primario Alessandra Kustermann: «Sarebbe bellissimo programmare il parto in una stanza: donna, marito, ostetrica e madre della donna che entra ed esce per un paio d’ore; il pretravaglio e il travaglio ne gioverebbero…».
Infine la Campisi si chiede: «È davvero così spesso opportuno il parto cesareo?». Da sempre siamo stati abituati a pensare alle donne come “fatte” per concepire, eppure in Italia un bambino su tre viene alla luce con il cesareo, dice l’Istat, perché ritenuto più sicuro; in realtà, bisognerebbe praticarlo solo nei casi ritenuti davvero necessari.
Singolare nel libro è la storia di Simona, trentasette anni, mamma arrabbiata che ha subito quattro cesarei. Il sistema sanitario svolge un ruolo centrale rispetto all’argomento e dovrebbe assumersi le dovute responsabilità. L’Unione Europea è sensibile alla questione, tanto che ha promosso il progetto Optibirth per incentivare i parti naturali, pertanto è possibile che qualcosa in futuro possa cambiare, anche se le cattive abitudini, soprattutto quando si seguono le leggi di mercato, sono dure a morire.
Partorirai con dolore non vuole essere l’ennesima retorica, accanto a quella biblica della sofferenza a tutti i costi, ma è un manuale guida, frutto di un’attenta indagine, che porta le donne a considerare la nascita come una grande occasione di confronto con le proprie capacità psicologiche e fisiche, e un invito a non cedere ai consigli (non richiesti) di mamme saputelle, suocere in agguato, e informazioni precarie sul web. Ciò che conta maggiormente nei nove mesi è in ogni caso un sano equilibrio emotivo e godersi tutto con serenità; così, le cose negative spariranno con il passare del tempo, lasciando spazio solo alle belle emozioni, che resteranno indimenticabili.
Pamela La Camera
(www.excursus.org, anno VIII, n. 73, giugno 2016)