di MIMMA DE GASPERI – Un saggio – Orsi che ridono di Else Poulsen (Orme Editore, pp. 186, € 18,50) – di qualche tempo fa, un’autrice poco nota, quindi perché riproporlo? Parlare di orsi, poi, che senso ha? Sono animali così lontani da noi, così diversi, così selvaggi, che solo in alcune occasioni assurgono alle prime pagine come, ad esempio, è successo con Daniza in Trentino e solo perché è stata uccisa. Oppure quando viene liberato qualche esemplare derelitto che ha passato la sua vita in una fattoria della bile in Cina, forse per impietosirci o, più probabilmente, per riempire una pagina mezza vuota.
Ebbene sì, un saggio non nuovo e un’autrice non famosa, ma entrambi meritevoli di essere conosciuti, perché aggiungono conoscenze al nostro patrimonio culturale in senso ampio, non strettamente disciplinare o legato esclusivamente a “ciò che ci piace”.
Else Poulsen è una biologa “sul campo”, non fa ricerca soltanto sui libri o in laboratori: va nei boschi e osserva, scrive, dorme e si sveglia sotto la pioggia, con gli insetti che l’assalgono e la pungono. Una biologa che è diventata zookeeper a Calgary, in Canada, letteralmente “custode dello zoo”, specializzata in orsi e, soprattutto, nella loro riabilitazione. Custode in senso nobile, colei che “ha cura di”, un significato troppo spesso trascurato, quasi dimenticato.
Per quale motive le è stato dato questo appellativo?Gli orsi sono grossi, ispidi, aggressivi, mangiano le foche e i salmoni, facendo concorrenza agli umani. Certo, sono questo, ma sono anche, come ci narra il libro, un popolo di creature con un’incredibile ricchezza emotiva: provano orgoglio, sono gelosi, si deprimono, scherzano e, appunto, ridono.
Ridono di felicità, ridono di sollievo, ridono per la tenerezza.
Comunicano con il corpo, con lo sguardo, con le espressioni facciali, hanno permesso all’autrice di entrare nel loro mondo e di comprenderli. Capire un orso che avrebbe piacere di essere innaffiato con l’acqua, non completamente, ma in una precisa parte del corpo; capire un orso che non apprezza polli congelati come giocattoli e ne spiega il motivo(quando si scongelano si rompono in pezzi e non c’è più gusto a lanciarli in aria e a riprenderli…); capire un orso che è depresso e vedere come il Prozac lo aiuta.
Orsi che soffrono, non solo fisicamente, ma emotivamente.
Orsi che ridono, non solo emotivamente, ma fisicamente.
«Ecco, ci siamo, la solita antropomorfizzazione degli animali, i soliti animalisti ad oltranza che attribuiscono a tutte le bestie un comportamento umano, persino con gli insetti ci provano, figuriamoci con gli orsi… peccato che i veri Yoghi non portino la cravatta!». Certo, lo si potrebbe pensare e si sbaglierebbe, si cadrebbe nello stesso errore degli animalisti citati, quelli “ad oltranza”, appunto, mentre invece gli orsi descritti non sono per nulla umani, sono orsi dalla testa ai piedi, anzi, dal capo alle zampe, ma non sono affatto privi di intelletto e di emozioni. Questo è il messaggio del libro, questa è la conoscenza aggiuntiva di cui si impadronisce il lettore, di cui ci siamo impadroniti; questa è la prospettiva innovativa (per usare un termine di moda) che, una volta terminata la lettura, si apre sul mondo che ci appartiene.
E che appartiene anche agli orsi, agli orsi che ridono.
Come dicevamo,il libro in esame è un saggio di divulgazione scientifica su questi animali in cattività, negli zoo e nei parchi faunistici, dove arrivano spesso in seguito ad esperienze allucinanti per la loro durezza, “salvati” da situazioni aberranti.
Un saggio, ma anche un racconto, di facile lettura, con un ritmo mai faticoso, un linguaggio semplice e scorrevole che non cade nella banalità e mantiene sempre una chiarezza espositiva tale da determinare il desiderio di proseguire per sapere cosa succede nel capitolo successivo e come va a finire.
Un saggio anche per addetti ai lavori, che troveranno spunti di riflessione tali da indurli all’approfondimento di quello che già conoscono, accompagnandoli amabilmente, ma inesorabilmente, nel processo di abbandono di eventuali stereotipizzazioni di opinioni personali maturate nel corso dei loro studi e del loro lavoro nei confronti degli orsi.
Un saggio che ha una struttura di affiancamento, di accompagnamento del lettore in un viaggio tra gli orsi attraverso gli zoo, che inizia con due domande emblematiche che l’autrice si pone, riferendosi agli orsi: «Chi sei tu? Cosa posso fare io per te?».
Un viaggio che si sviluppa attraverso una serie di racconti esperienziali, vissuti in prima persona, per concludersi con l’epilogo: «Di che cosa hanno bisogno gli orsi: di me e di te». Un epilogo diretto a se stessa, ma anche ai suoi lettori.
Mimma De Gasperi
(www.excursus.org, anno VIII, n. 73, giugno 2016)