di CLAUDIA SANTONOCITO – Il nome è difficile da pronunciare e il contenuto è intrigantemente complicato. Ci vuole una buona conoscenza letteraria e altrettanta dimestichezza con la lingua italiana per leggere Opus Metachronicum (Prefazione di Antonella Pierangeli, Corrimano Edizioni, pp. 114, € 10,00) di Sonia Caporossi.
Dodici personaggi storici, della letteratura, dell’arte e del mito vengono deformati e trasportati dal loro passato ad un presente decontestualizzato. Sono però i personaggi stessi – consci della loro nuova dimensione – a dialogare con il lettore attraverso monologhi, lettere e riflessioni che mettono a nudo il loro io più intimo. Ma il loro intimo è atroce e perverso, l’autrice ha ribaltato le situazioni, ha ridistribuito le responsabilità.
Incontriamo Van Gogh che si cava gli occhi tra le sale di una mostra di suoi dipinti, Curione assume il potere che storicamente viene affidato a Cesare, Dorian Gray è il gemello cattivo di Oscar Wilde, il marito di Madame Bovary è ossessionato dalla visione del sangue e diventa un assassino ignaro dei tradimenti della moglie, Proust segrega la saffica Albertine dopo averla conosciuta in chat. Tra i personaggi mitologici Morfeo, Erostrato e Prometeo vengono pesantemente trasferiti nel nostro presente, Pasolini si dilunga a riflettere sul senso della vita nell’incontro con un gatto randagio ma (in un racconto successivo) il suo corpo verrà trovato tra i cespugli di Ostia da Jack lo Squartatore, Marguerite Yourcenar scrive in punto di morte a Grace, compagna letteraria e sentimentale, e Stachanov scava buche in miniera perché obbligato dal partito.
Quando l’estetica incontra e ama visceralmente il brutto e l’informe, ecco che viene fuori uno stile complesso e studiato. Il linguaggio di Sonia Caporossi è barocco, ogni parola è scelta con cura maniacale, niente è lasciato al caso. Tali scelte stilistiche viscerali diventano necessarie al proposito di riscrittura etica: personaggi insospettabili, scelti a loro insaputa, diventano il tramite per far emergere nuove verità, nuove visioni.
Ogni personaggio vede modificata la sua versione originaria, nella sua nuova decontestualizzazione assume un carattere disturbante, egli stesso nella sua deformità si guarda e viene guardato con occhi nuovi che non appartengono più alla sua immagine originaria.
Queste nuove visioni vogliono essere lette come metafore delle atrocità del nostro tempo, turpitudini a cui tutti siamo soggetti e da cui non possiamo liberarci. L’arte diventa così denuncia sociale. Il tempo viene annullato, lo spazio modificato per assecondare i “capricci” letterari di un’autrice attenta e consapevole. Opus Metachronicum, opera metacrònica, è ribaltamento, straniamento, assenza e deformità dei personaggi. Ma per quanto Sonia Caporossi abbia creato degli abomini della nostra società, si resta affascinati e soddisfatti dalla lettura di così tanta bruttura e atrocità.
Claudia Santonocito Sonia Caporossi
(www.excursus.org, anno VI, n. 65, dicembre 2014) Sonia Caporossi