di FEDERICA CHIMENTON – Quando ci troviamo di fronte a un quadro la prima cosa che facciamo è ammirarne la bellezza e lodare la maestria dell’artista che ha saputo rappresentare un paesaggio o i tratti di un volto. Pensiamo sempre che una volta conclusa, l’opera sia stata collocata in un museo, pronta per essere osservata da milioni di visitatori. Il saggio Operazione salvataggio. Gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre (Chiarelettere, pp. 256, € 14,90) del giornalista Salvatore Giannella ci rivela che in realtà per migliaia di opere d’arte non è stato così.
Molti dei manufatti che oggi possiamo ammirare agli Uffizi, alla Galleria dell’Accademia di Venezia o al castello Sforzesco a Milano, durante la Seconda Guerra Mondiale sono stati messi in salvo e protetti dai trafugamenti nazisti grazie a uomini umili e coraggiosi – di cui si sente raramente, se non mai, parlare – che hanno saputo anteporre la cultura ai loro interessi. L’autore del saggio racconta dei retroscena e degli episodi più rocamboleschi dell’Operazione Salvataggio coordinata da Pasquale Rotondi con l’aiuto di pochi fidati collaboratori. Ma chi era Pasquale Rotondi? E che cosa è stata l’Operazione Salvataggio? Facciamo un passo indietro.
Forse non tutti sanno che Hitler possedeva aspirazioni artistiche, tanto da provare l’ammissione all’Accademia di belle arti di Vienna da cui, tuttavia, venne rifiutato. Restò comunque un fervido appassionato d’arte, basti ricordare che quando venne in visita a Firenze nel 1938 passò più di tre ore tra gli Uffizi e le gallerie di Palazzo Pitti, facendo annoiare Mussolini stesso. Era perfettamente consapevole del potere dell’arte, della forza del messaggio che si cela dietro un dipinto o una statua. Possedere le opere giuste e metterle in mostra, veicolava autorità e forza, pertanto decise di far progettare il Führermuseum da costruire a Linz, vicino alla sua città natale austriaca. Iniziò a raggruppare le opere dei maggiori musei dei paesi invasi e dei cataloghi dei mercanti d’arte di origine ebraica, selezionate dal fervente collezionista Hermann Göring.
In molti in Italia non videro di buon occhio la continua spedizione di opere alla Germania, in primis il Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai che, nonostante si dichiarasse «pronto all’obbedienza a Mussolini», in una lettera indirizzata all’allora Ministro degli Esteri, nonché genero del Duce, Galeazzo Ciano, notava infatti che «l’esportazione […] costituisce un danno gravissimo e irreparabile per il patrimonio artistico nazionale».
I tentativi di fermare questi veri e propri furti furono vani e dal 1940 il Ministero di Bottai dispose di mettere in salvo le opere dei musei, per impedire i trafugamenti nazisti; l’allora Soprintendente Pasquale Rotondi venne incaricato di prendere le redini della neonata Operazione Salvataggio. Egli dovette trovare innanzitutto una località consona a conservare adeguatamente le opere e impedire che venissero distrutte dai bombardamenti. Lo individuò nella Rocca di Sassocorvaro nel Montefeltro. Una volta messo in sicurezza l’edificio iniziarono ad arrivare le prime opere dai dintorni per poi essere aggiunti i capolavori di Venezia, tra cui La Tempesta di Giorgione. Le opere furono catalogate, chiuse all’interno di casse in legno, e sistemate nelle varie sale per essere controllate più volte al giorno. La sistemazione e l’organizzazione erano quasi maniacali. L’ordine di servizio descrive che «nella prima di dette stanze [erano] disposte 35 casse e 18 rulli contenenti opere delle Marche. Nella seconda […] 5 casse e 16 rulli contenenti opere di Venezia. Nel corridoio perimetrale […] 49 casse […] di Venezia e 42 […] delle Marche, in due gruppi distinti».
La messa in sicurezza delle opere fu un successo, tanto che nel 1943 arrivarono i capolavori di Milano e successivamente di Roma. Tra varie peripezie, anche rocambolesche, con l’avanzata degli Alleati l’Operazione Salvataggio si concluse restituendo le opere ai rispettivi musei. Tra le circa 6509 opere che Pasquale Rotondi mise in sicurezza si annoverano i tesori di San Marco e i capolavori di Tiziano, Tintoretto, Piero della Francesca e Raffaello.
Il saggio è diviso in due parti esaustive ed estremamente dettagliate che concedono all’autore di ricordare altri eroi e vicende che meritano di essere portate alla luce. Salvatore Giannella cita prima di tutto ulteriori personaggi che hanno salvato le opere d’arte dei musei italiani, tra cui Rodolfo Siviero, agente segreto fascista, uomo della Resistenza e funzionario della Repubblica che collegandosi alle forze alleate e ai partigiani impedì la spoliazione sistematica da parte dei nazisti. Lodevoli gli sforzi dei forse più famosi Monuments Men delle forze angloamericane che, in alcuni casi, trasgredirono gli ordini evitando di bombardare le città pur di salvare le opere artistiche e, in altri, le distrussero completamente. L’abbazia di Montecassino venne infatti devastata da «450 tonnellate di bombe sganciate da 239 bombardieri delle truppe alleate angloamericane per eliminare il nido di resistenza dei tedeschi», i quali, come se non bastasse, con la scusa di mettere in sicurezza le opere in essa contenute, trafugarono ben quindici casse che presero la strada del Brennero per compiacere Göring.
Lo scrittore ricorda, inoltre, che la “guerra ai trafugamenti” non è stata combattuta solo in Italia, ma anche in altri paesi, prima e dopo; ancora oggi alcuni patrimoni culturali, artistici e religiosi antichi di millenni sono in pericolo a causa di conflitti intestini e dogmatici. La guerra civile spagnola causò lo spostamento a Ginevra di ben 71 casse di opere provenienti dal museo del Prado di Madrid che sono riuscite a fare ritorno a casa. Diversamente da quanto è accaduto in Afghanistan tra gli anni ’80 e ’90 con l’avanzare dei talebani e nell’ex-Iugoslavia dove moltissimi monasteri ortodossi e conventi, che contenevano affreschi dell’epoca bizantina, sono stati completamente rasi al suolo.
Con uno stile fluido e preciso, Salvatore Giannella alterna la narrazione a testimonianze dirette, ricostruendo fedelmente le vicende anche grazie a pagine di diario e interviste agli eroi ancora in vita. Attraverso gli avvenimenti nascosti e mai uditi prima che emergono con forza, l’autore, con grande abilità, fa affiorare delle questioni profonde e importanti, affrontate peraltro anche nel film Monuments Men di George Clooney.
Vale più una vita umana o un’opera d’arte? Sicuramente le vite umane. Ma viene da chiedersi, cos’è l’esistenza priva di cultura e arte? Cosa saremmo senza? Quesiti su cui il saggio fa riflettere. In Italia disponiamo di un numero sterminato di opere, ma se abbiamo la possibilità di ammirarle dobbiamo ringraziare gli sforzi di quegli eroi. Come ha detto l’ex Presidente Ciampi in un discorso «investire nella cultura, credere nella cultura, è una necessità per noi italiani. Se funzionano i nostri musei, […] il nostro cinema, il nostro teatro, la nostra musica, allora funziona meglio tutta la società italiana, e con essa l’economia».
Federica Chimenton Salvatore Giannella
In foto: Scorcio della Rocca di Sassocorvaro, in provincia di Pesaro-Urbino.
(www.excursus.org, anno VI, n. 64, novembre 2014) Salvatore Giannella