di ALESSANDRA TESTA – Michela (Edizioni Smasher, pp. 82, € 10,00) è sia il titolo che il nome della protagonista del primo romanzo di Giulia Madau, in cui si racconta una storia d’amore che si spezza e si ritrova, con implicazioni non previste.
Scrittrice in erba, Michela torna a Torino dopo un anno di assenza per rivedere Elena, la compagna che aveva lasciato. Grazie ad un pausa solitaria all’estero che le chiarisce le idee, elabora motivi e ragioni di quella scelta presa di punto in bianco in un momento in cui la loro relazione stava collassando. Michela si muove istintivamente, senza stratagemmi o piani d’azione, verso l’oggetto di un amore che non si è mai veramente spento.
Il crollo della loro storia viene determinato dallo svilupparsi di un rapporto sempre più stringente, quasi ossessivo, e Michela realizza che sono solo l’una un peso per l’altra nel compimento dei propri sogni, non uno stimolo reciproco ma un ostacolo. Insieme non costruiscono, si frenano, e sono troppi gli scenari possibili che guidano Michela verso un futuro negativo. Per questo motivo la donna decide di mettere fine alla loro relazione, così da poter cercare se stessa, perché non le basta più riflettersi in Elena.
Infatti, appena si conoscono mostrano la stessa inclinazione per il teatro che si trasforma in un vero e proprio sogno comune, ma successivamente è solo Elena a continuare per questa strada distaccandosi così professionalmente dalla compagna. Michela non regge questa rottura, pretende il controllo totale di Elena e non sopporta di vederla progredire grazie al sodalizio con un collega attore. Michela, allora, scappa a Dublino, mettendo chilometri e chilometri tra sé e qualsiasi ricordo tangibile di Elena. Cercava solitudine e l’ha trovata, sperava in una nuova vita e non l’ha avuta.
Ma spesso chi scappa torna. Infatti si ritrova ad essere spettatrice in prima fila ad uno spettacolo dell’ex amante, nella pura contemplazione di Elena, immersa nella propria arte; così un anno di separazione si cancella con un bacio. Michela torna nella casa che era stata il loro nido protetto e perfetto: il copriletto è ancora lo stesso, le chiavi sempre al loro posto.
Sogni e ricordi sono ancora impressi in quelle mura, non hanno mai avuto lo spazio per volatilizzarsi. I pensieri si srotolano confusi nel suo muoversi per la città, mentre nella sua testa si fa strada una dolcissima tentazione, un’idea splendida che dimostri la forza del suo amore appena ritrovato. Giunta a consapevolezza, prende una decisione importante per suggellare il senso del suo ritorno, ma non fa in tempo a comunicarlo ad Elena, complice un destino beffardo e crudele. Michela resta una spettatrice impotente davanti allo scorrere degli eventi.
In alcune istantanee si esprime al meglio l’interiorità dei personaggi, definita anche dai dettagli della quotidianità che vanno a circoscrivere gli spazi di questa storia d’amore così sofferta. Michela singhiozza per l’ultima volta sul pavimento dell’appartamento condiviso con Elena prima di lasciarla; Elena a sua volta, è seduta davanti alla scatole piene di lettere, rilegge il biglietto d’addio per ricalcare quella sensazione di dolore provata nel momento dell’abbandono. A distanza ravvicinatissima seguiamo gli sbalzi emozionali delle due donne, descritti fino al particolare più inconfessabile.
Da una parte la scrittura in prima persona di Michela, intimista fino all’eccesso, segue un filo quasi cronologico della storia, mentre in seguito la narrazione si spezza, si perde nelle fugaci apparizioni dei loro ricordi. Dall’altra parte il teatro, esibizione per eccellenza, è la dimensione in cui viene lasciata Elena, oggetto del desiderio visuale e carnale della protagonista.
Una storia che ha le dimensioni di un racconto, ancora acerba in alcuni suoi punti, ma comunque impregnata di sensibilità. Un’opera che prima svela il suo lato più descrittivo ed emotivo nelle scene, che si slegano momentaneamente dal filo narrativo, e nelle pause contemplative, che restituiscono il senso del racconto. Entrambi i personaggi abitano spazi vuoti che riempiono dei propri ricordi: il teatro, la casa, la stanza da letto complice dei loro momenti più significativi. A volte c’è più della realtà, vince la loro immaginazione, le loro visioni e le loro voci interiori inascoltate.
Michela resta fedele al suo sguardo addolorato e fermo sugli oggetti e sui luoghi della sua vita passata insieme ad Elena, ed è questo dettaglio a rapire il lettore e a portarlo allo stesso livello di percezione della protagonista.
Ci sono tutti i temi tipici del romanzo romantico, in primis quello dell’amore assoluto, che però si sgretola sotto il peso di scelte diverse; poi la maturità, il lutto costante e malcelato per le cose perse, il culto dei luoghi e degli oggetti imbevuti di un passato a cui si lega tutto il proprio presente, la realizzazione personale nell’arte che diventa professione, o che cerca di diventarlo. E infine l’amore omosessuale, qui non ostacolato ma semplicemente proposto come veicolo di una complicità assoluta e di una sintonia perfetta lontana dai pregiudizi.
Alessandra Testa
(www.excursus.org, anno VIII, n. 75, settembre 2016)