di STEFANIA BORGHI – Vino e cemento sono gli ingredienti principali di Marne Rosse di Paolo Groppo (Elmi’s World, pp. 312, € 16,00), noir ambientato in Valpolicella, una zona ricompresa tra paesi di provincia, dove pochi kmq circoscrivono un condensato dei più attuali dilemmi che sconvolgono gli assetti economici e gli equilibri sociali alacremente costruiti e tramandati, sino ad ora, da una generazione all’altra.
Colline per metà rigogliose di vitigni, per l’altra squarciate dalle cave di rocce rosse e dalla presenza ingombrante di un cementificio; il profumo del mosto mischiato all’odore acre di altiforni riconvertiti a inceneritori di rifiuti dalla dubbia origine; il risuonare sempre più nitido e forte di voci nuove che si scontra con il mugolio sommesso e strisciante di voci vecchie, ma persistenti e ben radicate.
Questi i tratti di un territorio che ospita l’ordinario svolgersi della vita quotidiana di provincia, ove agricoltori e operai, produttori di vino e autotrasportatori, singoli cittadini e comitati, sindaci e parroci si trovano a dover incrociare i propri destini, individuali e familiari, travolti, ognuno a suo modo, dall’inesorabile declino di un sistema economico portatore di un benessere dal doppio volto.
Anno 2014: un padre, contadino fortemente legato alla terra e alla campagna, attento alla tutela del territorio in cui vive, si scontra con il figlio primogenito, proiettato verso la città, impegnato nell’arduo compito di trovare un lavoro, possibilmente svincolato dall’eredità paterna.
Biennio 1943-1944: due compagni di trincea, reduci dalla Prima Guerra Mondiale, animati da ideali politici divergenti, si ritrovano su fronti opposti all’indomani dell’8 settembre 1943.
Dicembre 1981: un gruppo di brigatisti rapisce a Verona il generale statunitense James Lee Dozier, prontamente ritrovato e liberato grazie ad indagini mirate e fulminee, forse troppo.
Le radici quasi dimenticate di queste storie personali, distanti temporalmente e umanamente l’una dall’altra, incrociano fatti politici di portata nazionale, si mescolano a curiose collaborazioni internazionali, tanto da confondersi nello scorrere sotterraneo del tempo, per riemergere alla luce dell’oggi, in un inaspettato intreccio della storia recente del nostro Paese.
Da un lato il cementificio, simbolo di un sistema economico che si basa su un uso spietato e massiccio del territorio, che è stato e continua ad essere «una delle risorse importanti per l’economia della zona: non solo per il cemento ma anche per il lavoro delle famiglie», a cui, pertanto, è difficile rinunciare, soprattutto in tempi di crisi. Dall’altro lato, vigne e una produzione viti vinicola in costante crescita, figlia «di una nuova sensibilità ecologica» che, tuttavia, non offre concrete e solide prospettive per un’economia alternativa.
Logiche destinate a scontrarsi in modo sempre più duro, una battaglia tra vino e cemento, tra padri e figli, tra vecchie e consolidate dinamiche e soffi di aria nuova. A partire da un casolare abbandonato e dalle sorti di una sorgente “contesa”, i segreti di un passato quasi remoto e le ombre di un altro più prossimo vengono alla luce, rendendo cittadini ignari, comparse inconsapevoli di una trama all’apparenza molto intricata, i protagonisti di scelte individuali che avranno ricadute sull’intera comunità locale e ben oltre.
«Agricoltori nell’anima… gente che sentiva la terra scorrergli dentro al sangue», produttori di vino di qualità, sempre più interessati «alle tecniche biologiche… ed anche al problema del territorio nel suo insieme» e, infine, singoli individui affascinati dalla bellezza del territorio, legati tutti insieme «da un amore infinito per quei paesaggi, quell’aria e quell’ambiente», fanno convergere le proprie motivazioni personali in un progetto unico, decidono di fare comunità creando due Comitati per fermare i disegni di espansione e “ammodernamento” del cementificio che rappresenta un «oltraggio alla bellezza della Valpolicella» e un serio pericolo per la salute di tutti gli abitanti della zona. Paolo Groppo
Oltre a questo, però, il cementificio è anche fonte, seppur sempre più precaria, di posti di lavoro e, in tempi di feroce inasprimento di una crisi sempre più generale e profonda, ci si avvinghia con forza ad essi. Di conseguenza, si esasperano i conflitti sociali e coloro che lottano per offrire vie di uscita alternative diventano gli «ambientalisti che mandano a casa gli operai». Che fare? Da un lato la concretezza della paura, dall’altro l’evanescenza di un sogno.
Nonostante le laceranti questioni private, gli “ambientalisti” persistono e azioni prima separate e scollegate le une dalle altre, confluiscono in un sistema organico di condotte collettive che diventa, ben presto, fonte di seri problemi per l’ordinario e indisturbato svolgersi di dinamiche collaudate da anni di silenzio. In questo modo, si aprono le prime crepe nel terreno di cui si è nutrito un fitto sottobosco di indicibili relazioni; ed ecco che, da qualche zolla di terra smossa, emergono fantasmi e inquietanti vicende di un passato che pare proprio non passare mai: servizi segreti deviati e non, ex brigatisti, traffico internazionale di armi, affaristi e mala del Brenta, traffico di rifiuti tossici e camorra…, tutto questo strettamente legato a complesse questioni locali.
La battaglia di due comitati di provincia diventa, allora, una guerra di resistenza, giocata con la forza e la ferma convinzione di un gruppo di cittadini che, a dispetto delle ripetute delusioni inflitte dalla politica vede, proprio in questa, inaspettatamente, l’unico strumento possibile per fermare quel modello di sviluppo che ha permesso ad una folta schiera di parassiti di asfissiare e paralizzare un territorio locale e nazionale ricco di risorse.
L’intrigante dipanarsi della matassa di questi innumerevoli fili intrecciati, narrata con efficacia nel suo svolgersi, offre rinnovato vigore alla realtà di piccoli eventi che, dapprima slegati e lontani tra loro, giungono, infine, ad intersecarsi e a confluire in quell’unico intreccio chiamato storia. Destini di singoli individui si incontrano improvvisamente e si trovano a dover scegliere quale strada percorrere insieme per cercare di creare un destino di rottura, alternativo, comune e, soprattutto, possibile. Paolo Groppo
Stefania Borghi Paolo Groppo Paolo Groppo
(www.excursus.org, anno VII, n. 66, gennaio 2015) Paolo Groppo