di MICHELA SALA – In Europa, specialmente in Francia, l’Ottocento è il secolo durante il quale trionfa la borghesia, è il tempo dello sviluppo tecnologico, scientifico e industriale in cui avvengono importanti cambiamenti in modo particolare nel campo artigianale e imprenditoriale con la conseguente affluenza di masse lavoratrici nelle città. Nella seconda parte del secolo, grazie alla Rivoluzione Francese e ai suoi principi di uguaglianza e libertà, si sviluppa un movimento naturale che riafferma i sentimenti dell’uomo e la sua spiritualità, mentre in campo artistico accadono alcune circostanze che mutano la posizione e la funzione dell’arte. Manet
Conservano ancora grande importanza i famosi ‘salons’ per le esposizioni collettive con le giurie formate da membri delle Accademie di Belle Arti, legati al gusto neoclassico quando alcuni artisti accolgono positivamente le nuove realtà. Contemporaneamente lo sviluppo della fotografia di paesaggio e di figura sostituisce in parte la pittura influenzandola sia nel taglio compositivo che nell’inquadratura.
In passato i pittori erano chiamati ad immortalare i personaggi più influenti, mentre ora diminuisce il numero dei committenti che preferisce, giustamente, servirsi del fotografo. Questa situazione comporta che l’artista non lavori più su ordinazione, ma preferisca dipingere ciò che la sua sensibilità e i suoi interessi gli suggeriscono e, attraverso mercanti o mostre autogestite, vendere in proprio i quadri che essendo di proporzioni ridotte ben si adeguano ai numerosi nuovi salotti.
Anche in campo scientifico si compiono studi sulle leggi ottiche della scomposizione della luce che portano a nuove combinazioni di colori mentre, in quello chimico si passa dalla preparazione personale delle tinte in studio all’uso dei tubetti pronti, facilmente utilizzabili anche all’aperto in tutte le loro infinite gradazioni. In questi anni anche i problemi dell’arte vengono dibattuti sulla stampa che favorisce la circolazione delle idee e delle immagini contribuendo alla variazione del gusto e degli interessi.
Quando nel 1874 a Parigi, nel famoso studio del fotografo Felix Nadar, un gruppo di artisti uniti dal comune interesse per la luce e la natura espone le ultime ricerche, il panorama è vivace e pronto ad accogliere idee e personaggi nuovi. La mostra non ha ovviamente successo e un critico li definisce con senso spregevole, “impressionisti”, prendendo spunto dal titolo di un dipinto di Monet, Impression: soleil levant, intendendo precisare che rappresenta soltanto un’impressione fuggevole della realtà.
Che però è esattamente il loro interesse: l’attimo che passa, il colpo di vento, il raggio di sole che s’infiltra tra le foglie o il riflesso mutevole dell’acqua. Del gruppo fanno parte Eduard Manet (Parigi, 1832 – Parigi, 1883), Edgar Degas, Alfred Sisley, Pierre-Auguste Renoir, tutti estimatori della natura che si recano a dipingere all’aperto dal vero – en plain air – interessandosi alle ombre colorate, al cambiamento dei colori con il passare delle ore.
La mostra “Manet e la Parigi moderna” di Milano racconta l’epoca nella quale l’artista ha vissuto e quella modernità che si respirava nella capitale, a sua volta in piena trasformazione urbanistica, proponendo temi nuovi come il paesaggio campestre, la strada, il Teatro dell’Opera, i bar e i caffè-concerto con i propri personaggi. Dalla prestigiosa collezione del Musée d’Orsay sono arrivati oltre cinquanta dipinti, tra cui sedici capolavori di Manet, oltre le opere di maestri contemporanei ai quali si aggiungono disegni, acquarelli, maquettes e sculture.
Curata da Guy Cogeval, con Caroline Mathieu e Isolde Pludermacher, l’esposizione celebra il ruolo fondamentale di Manet nella pittura moderna con scene cittadine e campagnole, ritratti, nature morte e tante belle donne. Il percorso, strutturato in sezioni tematiche, si snoda nelle sale del piano nobile di Palazzo Reale, proponendo un viaggio a colori, affascinante e impalpabile, in quella città che si sta trasformando, racchiusa tra le nuove strutture architettoniche e le rive sulla Senna alla fine dell’Ottocento, attraverso i ricordi spagnoli, i fiori, le feste, il teatro dell’Opera e i locali pubblici con i loro avventori nonché l’universo femminile.
L’esposizione diviene una carrellate emozionante e sentimentale quando ci si imbatte ne Il balcone, del 1868-1869, con i suoi personaggi affacciati. Nei loro volti sono individuabili gli amici di Manet: si riconoscono, in primo piano, la mesta violinista Fanny Claus con l’ombrellino in mano, alle sue spalle è ritto in piedi il pittore Antoine Guillemet mentre dinanzi, ma seduta, c’è Berthe Morisot – la sua modella preferita – che si appoggia elegantemente al parapetto. I personaggi non si parlano né si guardano, ognuno appare disperso nei propri pensieri e il pittore li coglie in un attimo di vuoto generale. La tela non è stata apprezzata dai contemporanei: troppo forte il contrasto tra il chiarore del primo piano e il buio dell’interno oltre l’atteggiamento sospeso dei personaggi.
Continuando il giro s’incontra Il pifferaio (presente anche nel logo della mostra): il ragazzino dell’esercito della Guardia Imperiale è colto nell’atto di suonare il piffero e costituisce un omaggio a Velazquez. Anche questo dipinto è stato rifiutato al Salon del 1866 perché “troppo realistico e popolare”. La figura sembra sospesa a causa del fondo neutro senza alcun riferimento di spazio tranne una piccola ombra dietro il piede sinistro. L’immagine gioca tra il forte impatto di colore ottenuto dal rosso dei pantaloni in contrasto con i neri della fascia laterale, il berretto e la blusa dove risaltano i bottoni dorati mentre al bianco è assegnato il compito di far risaltare il porta strumento e le ghette.
La sensibilità per i fiori si trova nelle sale vicine dove sono esposti i quadri di piccola dimensione che Manet ha dipinto quasi come un divertissement, alla ricerca di un’atmosfera più intima. Ramo di peonie bianche e cesoie e Fiori in un vaso di cristallo hanno le corolle realizzate con lievi pennellate di colore denso, tono su tono che si contrappone, come è sua consuetudine, allo scuro dello sfondo. Continuando il percorso s’incontrano balli e feste con dame e gentiluomini in scene dalla audace inquadratura che taglia le figure in primo piano per rendere la fugacità di un momento colto quasi per caso. E poi, ancora, s’ incrociano i ritrovi più alla moda e il mondo dello spettacolo con le donne dalla personalità magnetica e malinconica, ma ricche di fascino e poi ancora i caffè e le brasserie con i loro frequentatori. Il tutto in una mostra avvincente, ricca di opere fantastiche e indimenticabili che fanno respirare un po’ di quell’atmosfera parigina di fine Ottocento.
Michela Sala
Notizie utili
Manet e la Parigi moderna
Milano, Palazzo Reale, Piazza del Duomo 12.
Fino al 2 luglio 2017.
Orario: lun 14:30-19:30; ma-me-ve-do 9:30-19:30; gio-sa 9:30-22:30.
Ingresso: € 12,00 intero; € 10,00 ridotto.
Catalogo: Skira Editore.
Sito web: www.manetmilano.it.
Infoline e prevendite: tel. 02 92800275.
Foto di apertura: Eduard Manet, Stéphane Mallarmé, 1876, olio su tela, 27,2×25,7 cm.
Foto interna: Eduard Manet, Il balcone, 1868-1869, olio su tela, 170×125 cm.
(www.excursus.org, anno IX, n. 83, giugno 2017)