di CHIARA PINI – Che cosa potrebbe legare tra loro la storia di un ragazzo sensibile, quella di un volontario di carceri, una storia d’amore interrotta, un ospedale psichiatrico giudiziario e un omicidio mafioso? Nulla apparentemente, eppure questi sono i protagonisti di Malerba (Prefazione di Rita Borsellino, Edizioni Smasher, pp. 144, € 10,00), dove Orazio Carnazzo ci proietta in un’avventura capace di far conoscere e riflettere su una realtà ignota alla maggior parte di noi.
È il Meridione d’Italia, luogo dalle mille contraddizioni, a diventare il teatro di una vicenda che vede come protagonista una terribile pagina della nostra storia tenuta troppo spesso in silenzio. In questo libro si tratta la tematica degli ospedali psichiatrici, luoghi dove internare i “diversi” e abbandonarli a loro stessi.
«Nel mondo esterno ognuno può decidere quando vuole mangiare, dormire, uscire, fare o no una passeggiata a qualsiasi ora del giorno o della notte, telefonare, collegarsi ad internet, fare l’amore. Ognuno dovrebbe conoscere più da vicino la vita del detenuto, forse così, tante persone non cercherebbero più l’effimero».
È così che l’autore ci invita a riflettere sul mondo sconosciuto dei detenuti degli ospedali psichiatrici. Qui le persone già dal loro primo ingresso cessano di essere individui, si trasformano in semplici numeri, e sono destinate ad alienarsi completamente dalla società, in cui i più “fortunati” saranno rigettati dopo qualche anno e senza alcun sostegno psicologico che allevi la frattura provocata dal carcere. Questi ospedali sono luoghi in cui la dignità umana è costantemente calpestata e la sofferenza e il silenzio dominano incontrastati; solo nei sogni e nei loro pensieri a queste persone è concesso di continuare a vivere e sperare.
All’interno dell’Ospedale in questione, quello di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, possiamo trovare un messaggio sul muro: “Qui si fabbricano i sogni”. Questa è la frase scritta da un internato: si tratta del protagonista del libro, Salvo Caputo, un ragazzo particolare, con una spiccata sensibilità ed un’arguzia fuori dal comune e, proprio per questo, diverso dagli altri.
Salvo, che rappresenta idealmente ciascun internato, viene ingiustamente rinchiuso all’interno dell’Opg perché ritenuto scomodo testimone di un omicidio mafioso. Questo fatto, oltre a rendere la storia ancora più accattivante, ci invita a riflettere anche sull’ingiustizia del nostro sistema giudiziario che, anziché soccorrere e aiutare i propri cittadini, rivela il suo aspetto più infimo e corrotto, mandando sotto ricatto, in reclusione un’innocente. La verità è scritta dai potenti e dal denaro, non dai fatti. Questo è il mondo che ospita la narrazione di Malerba e sfortunatamente, troppo spesso, anche la nostra realtà.
Non è solo un libro di denuncia, ma anche una porta socchiusa per la speranza, porta che sarà aperta dallo stesso protagonista che decide, grazie anche alla collaborazione di Ignazio, un volontario, figura spesso sottostimata ma determinante nella società, di sfruttare il proprio talento musicale per essere d’aiuto.
La bellezza di questo personaggio, così introverso e silenzioso, sta nella sua purezza. Essa si manifesta nel desiderio di voler allietare prima di tutto i suoi concittadini, che pur gli hanno voltato le spalle ben due volte: con il loro silenzio al momento della sua ingiusta carcerazione, e con quella che l’autore definisce ‘‘la celebre apatia siciliana’’, al momento del rilascio. Successivamente concentra ogni suo sforzo per rasserenare i suoi ex compagni di detenzione, persone sole e dimenticate.
L’intento nasce dalla constatazione che l’indifferenza che il genere umano riserva nei confronti dei propri simili, non è una condizione originaria dell’uomo, ma una nuova “conquista” dell’evoluzione. Infatti Salvo dichiara che «per prima cosa doveva preparare la gente ad ascoltare, perché questa esperienza è alla base della vita e si è persa man mano che il corpo diventava sempre più eretto e man mano che l’uomo perdeva gli istinti primordiali e acquisiva quelli della modernità. Insegnare alla gente ad ascoltare il proprio corpo e le proprie emozioni anzitutto, e poi insegnare ad ascoltare gli altri».
Malerba non affronta solo problematiche sociali. È anche un thriller, che viene sviscerato nel corso della narrazione grazie ad un accorto e intrigante intreccio di vite e situazioni verosimili che descrivono il modus operandi mafioso. Ma sarebbe limitante definirlo un giallo, è molto di più. È una storia ricca di descrizioni della realtà locale, intercalata da attenti approfondimenti sulle vite e sull’animo umano dei vari personaggi di cui facciamo conoscenza.
È un libro che pone l’accento su tematiche scomode e fa interrogare il lettore sul mondo nel quale viviamo fino a ribaltare il nostro punto d’osservazione.
Cos’è veramente la normalità che tanto ostinatamente perseguiamo?
E chi è più colpevole?
Chi nasce o sviluppa problemi psichici, o noi che non ci curiamo di ciò che non riguarda esclusivamente il nostro piccolo orto?
Noi che siamo sempre pronti a dare giudizi e a discriminare, possiamo davvero considerarci diversi dai concittadini di Salvo?
Cosa facciamo per aiutare disinteressatamente chi è più in difficoltà di noi? Ecco alcuni degli interrogativi che sorgono spontanei dopo la lettura di Malerba.
Se non volete mettervi in gioco e non desiderate essere turbati questo libro non fa al caso vostro, ma se siete interessati ad approfondire o a conoscere una triste realtà della nostra “evoluta” modernità, queste pagine ve ne offriranno l’occasione. Un libro che racchiude in sé molte sfaccettature, riflessioni, storie ed avventure verosimili e fuori dall’ordinario, da divorare in un sol fiato grazie allo stile accattivante e coinvolgente.
Chiara Pini
(www.excursus.org, anno V, n. 49, agosto 2013)