di WENDY COLUMBO – Come donna ho sempre pensato che uno dei gesti più coraggiosi che una vittima di violenza domestica possa compiere è rompere il silenzio che la circonda per raccontare la propria storia: la sua voce, tremula e affievolita da anni di soprusi, riecheggerebbe forte e sincera, più vera e più a lungo di qualunque slogan sulla violenza di genere. Non solo, guarendo se stessa, aiuterebbe altre donne a curare le proprie ferite attraverso il balsamo terapeutico della condivisione.
Questa convinzione, del tutto personale e sostanzialmente frutto più di una congettura che di una reale esperienza, trova il suo avallo nelle parole dell’autrice Elena Cerutti che nei Ringraziamenti parla apertamente dei motivi fondanti che l’hanno stimolata a mettere insieme le pagine del suo romanzo, Lo sconosciuto
(Golem, pp. 302, € 16,50): «[…] ho cominciato a scrivere questo romanzo, l’ho fatto per liberarmi da un’inquietudine legata a traversie personali. Per me ha avuto una valenza innanzitutto psicoanalitica. Ma man mano che il testo prendeva forma, mi sono resa conto che scrivere mi piaceva e ho cominciato a pensare di trasformare il diario in un romanzo, nel quale altre donne potessero riconoscersi».
La consapevolezza di porsi come simbolo di autodeterminazione è ulteriormente consolidata dalla significativa decisione di scrivere nell’Epigrafe la dedica «A me stessa» come una sorta di celebrazione del ritrovato senso della propria identità, che conforta, sostiene e spinge altre vittime ad amarsi per prime e a lottare per se stesse. Nella dolorosa epopea della protagonista del romanzo, infatti, innumerevoli donne possono riconoscere le proprie tragiche vicende e ritrovare se stesse, ritrovando l’autostima perduta e l’amor proprio calpestato in un rinnovato senso di autolegittimazione di chi ha resistito, combattuto e vinto.
Sì, perché come Cerutti narra ne Lo sconosciuto, spesso le donne, da sole, sono le uniche vere combattenti ‒ e, di conseguenza, le uniche vincitrici ‒ di una guerra lacerante che fa il vuoto attorno a chi la subisce, perché pregiudica pericolosamente i legami di tutto l’apparato famigliare, gradualmente estromesso e impotente davanti alle dinamiche morbose della coppia coinvolta.
Come incipit l’autrice sceglie di inserire un prologo che agisce proletticamente sulla trama ‒ svelando in prima battuta la morte inaspettata dell’antagonista ‒ e dichiara l’intento marcatamente memoriale del romanzo rispetto al genere sensazionale del thriller psicologico. Successivamente, la narrazione segue un andamento cronologico che, prendendo le mosse dall’inizio della relazione amorosa, segue un movimento circolare culminante in un epilogo esattamente speculare all’esordio.
L’intreccio, così come tutte le storie che mescolano amore e violenza, appare abbastanza prevedibile, ma non per questo meno efficace: Stella è una giovane e brillante studentessa di medicina [1] la quale, a una festa tra amici, incontra Giovanni, sedicente giornalista freelance. L’atteggiamento spavaldo e ammaliatore del giovane ipnotizza fin da subito la ragazza che, reduce da una precedente storia con un coetaneo un po’ insicuro e imbranato, sogna un rapporto con un uomo esperto e intraprendente. Ben presto, la seduzione accorta e pianificata di Giovanni irretisce l’ingenua e inesperta Stella e tra i due scoppia una passione intensa che brucia le tappe: dopo pochi mesi di frequentazione, lui si trasferisce a casa di lei; in breve tempo la smania amorosa si trasforma in una simbiosi totalizzante e soffocante. A poco a poco Giovanni inizia a mostrarsi per quel che è: un indolente passivo-aggressivo, un personaggio ambiguo e oscuro, un uomo possessivo, geloso e pericolosamente violento.
Ormai irreparabilmente invischiata in un legame morboso, Stella non riesce ad allontanarsi da Giovanni, di cui è diventata totalmente succube. Nonostante le numerose rotture e gli allontanamenti temporanei ‒ decisi in seguito a percosse e scenate di gelosia patetiche ‒ l’uomo, abile imbonitore che fa leva sul profondo senso di colpa della protagonista, riesce sempre a riavvicinarla a sé, fino a farle compiere l’errore fatale: il matrimonio. Dopo aver perso l’appoggio di amici e parenti a causa dell’astio e della rivalità messi in campo da Giovanni, Stella si ritrova da sola a subire i colpi improvvisi e irascibili di un uomo disturbato, un impostore perverso e ammaliatore.
Una catena di avvenimenti dolorosi ma salvifici riesce a fare riemergere la donna dalle coltri dell’ottundimento e della soggiogazione psicologica: Stella tronca la relazione e allontana se stessa e i propri figli dal marito. Il gesto coraggioso, letto come una prova di forza dalla mente dissennata di Giovanni, innesca una spirale spietata di ritorsioni e rappresaglie, che arriva a coinvolgere anche i suoi ragazzi. Dall’amore alla persecuzione. Solo l’evento drammatico anticipato nel prologo riesce a spezzare la catena di vessazioni psicologiche e colpi bassi materiali, sfociata nella più classica delle battaglie legali. Nel mentre, Stella è costretta a interrogare il suo ruolo di donna, moglie, figlia e madre e, di conseguenza, a ripensare e rivoluzionare la propria identità.
Senza mai consegnarsi al nemico, la donna combatte un conflitto silenzioso, non soltanto contro l’uomo che è il suo aguzzino, ma soprattutto contro un’ideologia ancora troppo sessista che permane alla base della nostra società. Senza enfasi polemica, Cerutti lancia una sottile critica alle istituzioni e al sistema legale italiano, apparati impreparati a fronteggiare problematiche di violenza domestica, ormai all’ordine del giorno. L’autrice denuncia la lentezza e l’inefficienza degli ingranaggi burocratici, dipingendoli come meccanismi mastodontici dal funzionamento abulico.
Ciò che però in ultima analisi emerge dalle pagine de Lo sconosciuto, è il ritratto di Stella, donna comune che diventa modello positivo di una nuova e potenziata femminilità. Coraggio e resilienza sono i valori che sorreggono la struttura esistenziale della protagonista, che assurge così a un rinnovato e rivoluzionario simbolo di genere. Mentre la sua controparte, l’uomo, che per tradizione sia culturale che letteraria è da sempre considerato “eroe forte e sicuro di sé”, mostra un volto apparentemente inconsueto, nello specifico, quello di Giovanni: un individuo fragile, disperato e crudele che usa le persone, persino i suoi stessi figli, come oggetti, come pedine di un gioco di potere distruttivo pur di guadagnare controllo sulla donna.
La speranza di chi scrive è che dopo aver letto Lo sconosciuto, le parole di Eve Ensler, riportate qui di seguito, acquisiscano una nuova profondità e una più forte e permanente risonanza: «Quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le donne, si distrugge l’energia essenziale della vita su questo pianeta. Si forza quanto è nato per essere aperto, fiducioso, caloroso, creativo e vivo a essere piegato, sterile e domato».
Wendy Columbo
NOTA BIBLIOGRAFICA
[1] – Il riferimento autobiografico qui è molto marcato poiché Cerutti è un medico internista all’ospedale San Giovanni Bosco di Torino.
(www.excursus.org, anno VII, n. 71, luglio-agosto 2015)