di VALENTINA FIORESI – In Attraverso lo schermo, film visti e film fatti (Edizioni Il Foglio, collana La cineteca di Caino, pp. 318, € 16,00) Corrado Farina racconta la sua carriera di regista, scrittore e cinefilo. Stroncato da un infarto l’11 luglio 2016, l’autore è stato un’importante figura nel panorama cinematografico italiano, conosciuto soprattutto nell’ambito del cinema di genere; i suoi film più famosi sono Hanno cambiato faccia (1971) e Baba Yaga (1973).
In questa autobiografia Farina si racconta partendo dalla sua infanzia torinese, da quando, da bambino, andava al cinema a “rimorchio” dei fratelli maggiori. Da allora l’autore mostra grande interesse per le pellicole, cercando di rinchiudersi nel buio delle sale moltissime volte e diventando uno spettatore avido e onnivoro. Nel periodo successivo, intorno ai diciannove anni, insieme a un gruppo di amici, inizia la carriera da regista con i primi film in 8 millimetri ispirati ai suoi capolavori preferiti. All’inizio degli anni Sessanta, invece, lavora nella pubblicità, prima come copywriter e poi come regista di caroselli animati e non (con grande interesse verso le animazioni a passo uno).
Circa dieci anni dopo Farina si trasferisce a Roma, dove comincia a collaborare con grandi nomi della cinematografia italiana, come Mario Bava e Tinto Brass. È proprio a Roma che, nel 1970, inizia a girare Hanno cambiato faccia e poi Baba Yaga, cavalcando la nuova moda europea dei film tratti da storie a fumetti (già da anni Farina ha stretto un sodalizio con Guido Crepax, che culmina con questo film tratto dalle strisce con protagonista Valentina).
Successivamente si occupa soprattutto di documentari per industrie come Fiat, Alfa e Henkel, ma anche culturali (alcuni animati, o che utilizzano il linguaggio dei fumetti, come quello sugli Etruschi), e di film di montaggio (come Cento di questi anni, girato nel 1994 per il Festival del Cinema di Venezia e narrato da Vittorio Gassman, film che, grazie ad un gioco di montaggio, interagisce e celebra attori e registi del passato). Gli ultimi due capitoli del libro riguardano invece gli articoli e i libri di Farina e Il cinema degli altri, in cui l’autore elenca e illustra i film che più lo hanno colpito dagli anni Sessanta ad oggi.
Questo volume è un viaggio davvero interessante nel panorama cinematografico italiano e non, prima considerato con gli occhi di spettatore e poi con quelli del professionista («suppongo sia stato in quel preciso momento che io, novello Alice, sono passato attraverso lo schermo e mi sono ritrovato dall’altra parte: dove i film non ci si limita a guardarli ma li si fa»). Lo stile non è mai pesante o complesso, anche nei punti in cui l’autore si sofferma a descrivere tecniche specifiche di regia e di montaggio; in alcuni punti, però, la narrazione diventa, a nostro parere, un po’ noiosa.
Nonostante ciò il libro è piuttosto scorrevole: particolarmente gradevoli il primo capitolo, riguardante l’infanzia da spettatore (in certi momenti è impossibile non immaginarsi nella sala cinematografica mentre viene proiettato il film di cui si sta parlando), e l’ultima parte (la carrellata di film apprezzati o non apprezzati dal regista), che offre molti spunti di visione per cinefili e non.
A questo proposito si può dire che tutto il libro sia denso di “consigli per la visione” che in alcuni casi sono molto espliciti: come si può parlare di cinema senza parlare di film? Oltretutto, in questo caso, a consigliare il lettore è un regista esperto, che purtroppo è rimasto quasi sconosciuto ai più, pur godendo di grande fama e rispetto tra i cultori del “cinema di genere”. Ciò è un vero peccato, dal momento che Corrado Farina è stato un artista eclettico, dalla produzione variegata e stimolante (ma forse è anche questo suo essere un outsider ad aver contribuito alla crescita della sua popolarità, perlomeno tra un certo tipo di cinefili).
Valentina Fioresi
Immagine di apertura: una scena tratta da Hanno cambiato la faccia (fonte: Wikipedia)
(www.excursus.org, anno IX, n. 81, marzo 2017)