di CLAUDIA SANTONOCITO – Quando amore familiare e passione per il proprio lavoro si fondono, vengono – per essere più esatti “ri-vengono” – alla luce capolavori della letteratura dimenticati in un cassetto e coperti dall’oblio del tempo. Era il 1976 quando Eugenio Montale in persona presentò e sostenne la scrittrice siciliana di Canicattini Bagni, Laura Di Falco, e il suo L’inferriata alla finale del Premio “Strega”, pubblicato successivamente dalla Rizzoli; sono passati quasi quarant’anni e la Verbavolant Edizioni della nipote di Laura, Fausta Di Falco, ha deciso di ripubblicare il libro (pp. 272, € 15,00).
Un atto d’amore per la prozia e per la letteratura, un gesto che risulta chiaramente gradito al lettore dei giorni nostri. Verrebbe da chiedersi perché voler ripubblicare e dover leggere un libro finora trascurato dal pubblico: la risposta è semplicissima: «perché questo romanzo, pur essendo stato pubblicato trentasette anni fa, resta di un’attualità – ahimè – quasi terrorizzante».
Laura Di Falco, ignara dei posteri, ha tratteggiato con maestria poetica temi e situazioni che risultano essere estremamente attuali. La parola chiave delle quasi trecento pagine dell’opera è “decadenza”; essa è vista, è respirata, aleggia come una presenza demoniaca, come una malattia pronta a distruggere, a frantumare le ricchezze e le bellezze di un passato glorioso che non esiste più. Il tempo lento e ozioso ha distrutto tutto con la potenza di una nidiata di voraci tarme che hanno attaccato le fondamenta non solo di un palazzo, ma di tutta una famiglia, espandendosi alla comunità e agli edifici circostanti.
Il romanzo è ambientato alla fine degli anni Cinquanta, in un’Ortigia ormai giunta al declino. Ortigia, o Lo Scoglio, per chi non lo sapesse, è un’isola attaccata alla città di Siracusa e ne rappresenta la sua parte più antica, cuore pulsante fin dai tempi dei Greci. Diletta, la protagonista, vive in una famiglia che conserva la parvenza di appartenere alle antiche famiglie ricche, di vivere nell’agio e nelle ricchezze, con i pro e i contro che ne derivano.
Uno dei contro riguarda l’impossibilità di fidanzarsi con ragazzi appartenenti a una classe sociale inferiore, cosa a cui Diletta chiaramente non presta attenzione. Questo amore clandestino è contornato da un palazzo in decadenza, le cui ricchezze vanno sempre più deteriorandosi, e da una famiglia allargata nella quale gli scandali e il bigottismo si mescolano a colpi di scena anche estremi. Così, il piccolo mondo che la Di Falco ha creato è davvero tanto variopinto quanto realistico e attuale.
L’inferriata, oltre a descrivere i mutamenti dei costumi di un’epoca, potrebbe essere definito come un romanzo senza tempo e senza spazio, le reazioni e il senso di smarrimento davanti alla crisi risultano essere identiche e rintracciabili anche nella nostra situazione odierna. Il voler scappare da una situazione stantia fatta di macerie reali e astratte, il voler raggiungere luoghi che nell’immaginario collettivo rappresentano un miraggio economico e culturale, il voler fuggire dal convenzionalismo di una classe sociale destinata a spegnersi con l’ultima vegliarda, sono solo alcuni dei punti salienti che avvalorano la nostra tesi.
Ortigia rappresenta quasi un confine naturale tra vecchio e nuovo, tra storia e modernità, un mondo che non può più esistere in maniera indipendente, ma deve necessariamente aprirsi al nuovo per non morire soffocato nelle sue stesse macerie, come avviene in casa della protagonista che è costretta a vivere tra i resti di un antico lampadario di Murano e gli affreschi crollati dal tetto. Inutile aggiungere altro: tra onore e corruzione, tra convenzioni e favoritismi, tra vecchio e nuovo, la Di Falco ha introdotto con maestria e un pizzico di chiaroveggenza alcuni grandi temi di oggi.
Claudia Santonocito Laura Di Falco
(www.excursus.org, anno V, n. 51, ottobre 2013) Laura Di Falco