di ROSSELLA FARNESE – «Percepì la morte e un amore immortale: nel profondo della sua anima qualcosa si schiuse ed egli pensò a quella sconosciuta invisibile in maniera incorporea e appassionata, come all’eco di una musica lontana»: si conclude così Lettera di una sconosciuta, breve e avvincente racconto sentimentale dello scrittore viennese Stefan Zweig, edito nel 1922, leggibile nella traduzione proposta da Chicca Galli per Garzanti (pp. 76, € 6,90).
Una lettera straziante e disperata che canta, a mo’ di malinconica preghiera, un amore assoluto e appassionato, scritta in prima persona dalla giovane protagonista – che mai rivelerà la propria identità – allo scrittore di cui è perdutamente e delicatamente innamorata, cui si rivolge con un’intestazione lapidaria: «A te, che non mi hai mai conosciuta». La missiva procede con un’affermazione devastante: «Ieri il mio bambino è morto […] adesso mi sei rimasto solo tu al mondo, solo tu che di me nulla sai. […] Solo tu, che non mi hai mai conosciuto e che ho sempre amato». Stefan Zweig travolge così il lettore nel vortice di un amour passion, devoto e nevrotico, che la protagonista identifica con la sua stessa vita: «Voglio rivelarti tutta la mia vita, una vita che ebbe inizio veramente il giorno in cui ti conobbi. Di quel che c’era prima resta solo qualcosa di opaco e confuso». Stefan Zweig
Un amore dickinsoniano, di luce e incanto, di assoluto e assenza, un amore immaginato e anche vissuto appieno, scolpito, totalizzante e dolente, nella memoria e nelle viscere. Un amore ricambiato nel corso di poche notti appassionate ma mai riconosciuto dall’amante seduttore che ama «solo ciò che è leggero e piacevole» e ha paura di legarsi al destino di un’altra persona. Un amore sofferto e struggente che restituisce la pienezza dell’essere, tratteggiando il percorso di crescita di una giovane donna folgorata da Amore – «La mi passione per te era rimasta la stessa ma si era trasformata insieme con il mio corpo, con i miei sensi, diventando più ardente, più carnale, più femminile» – ardente e viva, eppure immateriale, l’eco di una musica lontana.
Rossella Farnese Stefan Zweig
(www.excursus.org, anno XI, n. 92, maggio-giugno 2019)