di FRANCESCA GUALTIERI – La Storia, quella con la “S” maiuscola, non perdona. I fatti storici in quanto tali vengono analizzati nei minimi particolari dagli studiosi, dai biografi e da tutti gli addetti ai lavori. Tante volte vengono ricordate le grandi imprese, buone o cattive, che hanno avuto come protagonisti generali e imperatori oppure, in tempi più recenti, politici e uomini di cultura, senza occuparsi mai della gente comune. Questa “dimenticanza” spesso coinvolge anche il gentil sesso. Ciò non significa che le donne siano state escluse dalla vita pubblica o dai ruoli di spicco della società, ma che, forse, si sono dovute ritagliare il loro posto in modo non sempre gentile.
Gli antichi Romani non sottovalutavano la funzione e il ruolo della donna. «Dotata animi mulier virum regit» ‒ famosa citazione tradotta “una donna provvista di coraggio sostiene il marito” ‒ è l’affermazione che ai giorni nostri suonerebbe “Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”. Che poi sia da attribuirsi all’illustre scrittrice britannica del XX secolo, Virginia Woolf, qui interessa relativamente; significativa è la constatazione che la presenza femminile, seppure marginale, è sempre stata rilevante nella storia e che non è raro trovare donne capaci, caparbie e all’occorrenza crudeli quanto, e se non più, degli uomini.
Nel volume La perfidia delle donne. Dall’antichità al ’900, venti storie di malizia, astuzia e crudeltà femminile (Sonzogno Editore, pp. 376, € 17,00), Valeria Palumbo insiste fin dal titolo sulle inaspettate sfaccettature che possono scaturire dall’animo femminile quando si sente minacciato. L’autrice, non nuova allo studio all’interno della storia e della politica si è voluta cimentare nell’esposizione di venti storie di donne le cui vite sono state costellate da intrighi e sotterfugi, spesso conditi da avvelenamenti, omicidi e severe punizioni, che hanno fatto guadagnare loro la fama di perfide e sfrontate, salvandole dalla damnatio memoriae.
In ordine cronologico vengono presentate matrone romane, regine e imperatrici di epoca medievale e moderna, donne del XX secolo. Per ogni periodo sono state scelte le rappresentanti delle più subdole macchinazioni, con un unico criterio di selezione: la crudeltà. Partendo dall’Oriente con Erodiade, che istruendo ad arte la figlia Salomè, ottenne dal marito Erode la testa di Giovanni il Battista. Si continua verso Occidente, ritornando indietro di pochi anni, con una delle mogli di Marco Antonio, Fulvia, che lo aiutò ad ottenere il suo potere, per essere poi rimpiazzata da Cleopatra.
Con le calcolate manovre di Fredegonda, regina dei Merovingi, si approda nei secoli medievali. Rappresentanti della modernità, in cui la sfrontatezza femminile non si è addolcita, sono Isabella di Castiglia e Anna d’Austria. Per raggiungere poi l’Età contemporanea e le perfide Carmen Polo, moglie di Francisco Franco, ed Elsa Maxwell, statunitense regina del gossip la cui crudeltà si “nascondeva” nei suoi velenosi commenti giornalistici.
La perfidia che accomuna queste donne ha molte sfaccettature: dalla semplice macchinazione di intrighi e stratagemmi per arricchire se stesse e i mariti a vere e proprie esecuzioni comandate per preservare la posizione raggiunta o, semplicemente, per ragioni ideologiche. Le venti storie sono introdotte da allusive citazioni storiche. «Chi dice donna dice danno,/ chi dice femina dice malanno», per esempio, sono i versi di una pasquinata romana del XVII secolo che introducono il personaggio di Olimpia Pamphilj.
La struttura di ogni saggio è lineare e ordinata. Dopo una piccola anticipazione dei più significativi eventi biografici del personaggio, si sviluppa la parte centrale dell’esposizione: una descrizione approfondita e particolareggiata della donna e del contesto in cui è nata e cresciuta. In alcuni casi potrebbe sembrare un apparente tentativo di giustificare e spiegare le scelte che hanno portato questa rappresentante del gentil sesso ad agire talvolta con tanta cieca ostinazione quanta lucida crudeltà. I fatti storici e le informazioni quasi leggendarie vengono esposti in modo chiaro e preciso accompagnati da un apparato di note ben organizzato e arricchito con numerose citazioni in lingua originale (soprattutto latino) tradotte in italiano. In questo modo anche il lettore interessato, ma non perfettamente istruito sui fatti, ha la possibilità e gli strumenti per immergersi e orientarsi all’interno delle storie, anche in quelle in cui i nomi di parenti e figli spesso coincidono creando non poca confusione.
Anche dove le vicende si fanno più intricate e di difficile interpretazione, ogni fatto viene riportato in tutte le versioni senza giudizi o omissioni. Non sempre la verità storica corrisponde a quella citata nel libro, quasi a voler giustificare il comportamento crudele e spesso difficile da attribuire a una donna. Infatti a fianco delle interpretazioni date dall’autrice sono presenti note e rimandi a opere storiche o citazioni di quest’ultime che avvalorano la descrizione e la situazione esposta al lettore.
Uno dei punti forti del saggio è l’organizzazione in brevi capitoli che permette una lettura ordinata o disordinata a seconda dell’attenzione per il periodo storico, la provenienza geografica, il tempo a disposizione, l’interesse del momento. Non è un’opera specialistica, per quanto ben composta, ma si configura più come ricerca preliminare. Il modo nel quale il lettore decida di fruirne è libero, così come, una volta venuto a conoscenza delle informazioni, l’interessato può dedicarsi a ulteriori approfondimenti conoscendo le fonti e i protagonisti.
Una piccola svista, che diventa abbastanza evidente dopo una prima lettura, è la scelta della copertina, semplice ‒ certo ‒ e senza grandi pretese, ma vagamente incoerente: unica immagine è la riproduzione del quadro Judith di Valentin de Boulogne. Per quanto non siano in dubbio il coraggio e la fermezza di Giuditta, la sua storia non è presente nel volume. Unito a questa “svista” ve ne sono altre forse dettate da scelte editoriali a noi sconosciute: la mancanza di altre donne e non sante tanto belle e potenti quanto crudeli.
Per dirne solo alcune delle più famose: la moglie del Princeps Augusto Livia, la regina impenitente Maria Antonietta, Nexhmije Hoxha e Elena Ceauşescu, rispettivamente moglie del dittatore albanese e di quello rumeno.
Francesca Gualtieri
(www.excursus.org, anno VII, n. 72, ottobre-novembre 2015)