La Calabria dolente – Filippo Veltri

di GIUSEPPE LICANDRO – Il candidato del Partito Democratico Mario Oliverio, sostenuto da una coalizione di centrosinistra, ha vinto con ampio margine le elezioni regionali tenutesi in Calabria il 23 novembre scorso, conseguendo il 61,4% dei consensi (a fronte però di un astensionismo molto alto, che ha riguardato quasi il 57% degli elettori). Il voto autunnale si è reso necessario a causa delle dimissioni di Giuseppe Scopelliti, il governatore di centrodestra in carica dal 2010, indotte dalla sentenza di I grado ‒ emessa nello scorso marzo dal Tribunale di Reggio Calabria ‒ con la quale è stato condannato a sei anni di reclusione per abuso d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico [1].

Il vuoto di potere innescato dalle dimissioni di Scopelliti ha ulteriormente indebolito un tessuto sociale assai fragile, tartassato da atavici mali: basso reddito, disoccupazione, lavoro nero, precariato, presenza capillare della criminalità organizzata, servizi sanitari deficitari, eccetera. Secondo i dati forniti dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, nel 2013 la Calabria ha occupato l’ultima posizione tra le regioni italiane per il Prodotto interno lordo pro capite, che è diminuito del 5%.

Una terra al collasso

Da alcuni anni è iniziata tra gli intellettuali calabresi una seria riflessione intorno alle ragioni che hanno portato la loro terra al collasso e alle possibile vie d’uscita da una situazione diventata insostenibile, tanto da indurre nuovamente migliaia di giovani ad emigrare da quello che un tempo fu il cuore pulsante della Magna Grecia [2]. Il giornalista e scrittore cosentino Filippo Veltri è tra gli studiosi che hanno analizzato a fondo la società calabrese, denunciandone le storture e cogliendone le potenzialità inespresse, sulle pagine dei quotidiani locali e attraverso vari saggi [3].

Uno dei libri più recenti di Filippo Veltri è La Calabria dolente (Prefazione di Aldo Varano, Città del Sole Edizioni, pp. 100, € 12,00), che raccoglie ventuno suoi articoli editi sui giornali il Quotidiano della Calabria e il Lametino. Lo scrittore cosentino fornisce ‒ come fa notare Varano ‒ «una lettura della Calabria […] “organica e coerente”, dispiegata attraverso storie, commenti e riflessioni su fatti specifici, analisi politiche che hanno sempre il vantaggio della freschezza e l’efficacia dell’immediatezza».

Il volume, diviso in tre segmenti, presenta una prima parte introduttiva, nella quale Filippo Veltri mette a fuoco i problemi che attanagliano la Calabria odierna, sforzandosi di fornire «una “narrazione normale” dei fatti», senza scadere «nel rancorismo, nel provincialismo, nel vittimismo» e, anzi, prendendo coscienza che il malessere calabrese non dipende solo da fattori endogeni (la “mala unità”, il mancato decollo industriale, eccetera), ma è da ascrivere soprattutto ai difetti della classe politica e alle contraddizioni della società civile. Manca, infatti, da molto tempo un gruppo dirigente calabrese all’altezza dei propri compiti: il ceto politico locale vive ormai «dentro un circuito malsano in cui ha finito con l’allontanare la parte migliore di una distratta e sonnolenta società civile». Il malgoverno istituzionale deriva purtroppo anche dall’assenza di «resistenza civile» da parte dei tanti cittadini onesti, che disperano ormai di poter cambiare il corso delle cose.

Le colpe della cattiva politica

La seconda parte del libro, dedicata all’analisi della situazione in cui versavano i principali partiti calabresi nei mesi precedenti le elezioni politiche del 2013, evidenzia lo stato di incertezza e confusione che in quel frangente regnava negli schieramenti politici di centrodestra e di centrosinistra. Mentre l’alleanza di centrodestra appariva lacerata dai conflitti insorti tra i suoi partiti principali (Pdl e Udc), rischiando di minare la stabilità della maggioranza nel Consiglio regionale, il Pd attraversava una fase di stagnazione, dopo il commissariamento della Federazione regionale seguito alla disfatta elettorale del 2010.

La situazione non sembrava evolvere nella direzione di un cambiamento delle (cattive) abitudini consolidatesi all’interno di una classe dirigente «tesa a distribuire ricchezze […] piuttosto che intraprendere modifiche di carattere strutturale», sempre pronta ad approfittare dei disagi e delle paure di un elettorato «alla ricerca di protezione». I politici calabresi hanno da sempre dominato sul resto della popolazione, riuscendo a garantire la «redistribuzione del reddito» attraverso un capillare sistema clientelare che ha drenato le risorse in direzione dei consumi improduttivi anziché verso la produzione dei beni e la riqualificazione dei servizi sociali [4].

In Calabria, infatti, «imprenditori, intellettuali, settore formativo, professioni, società civile contano poco»: nessuno di essi ha potuto assolvere pienamente alle proprie funzioni, perché da tempo immemorabile la vita economico-sociale è fondata essenzialmente sui finanziamenti pubblici e sui ricatti esercitati dalla classe dirigente.

Il minaccioso “convitato di pietra”

La terza parte de La Calabria dolente raccoglie alcuni articoli scritti da Filippo Veltri riguardo all’altra iattura che incombe sul territorio calabrese: la presenza capillare della ’ndrangheta, il minaccioso “convitato di pietra” che impedisce lo sviluppo dell’economia legale e condiziona ogni ambito della vita civile. La criminalità organizzata è egemone in ogni angolo del territorio regionale e arriva persino a sfidare apertamente le istituzioni, come testimonia l’attentato compiuto nel gennaio 2012 nei confronti del Municipio di Isola Capo Rizzuto, la cui amministrazione comunale è stata duramente colpita dopo aver assunto seri provvedimenti contro le cosche locali.

Il quadro dell’ordine pubblico in Calabria è allarmante: vengono presi di mira dalla malavita «cittadini normali, imprenditori, amministratori, giornalisti, sindaci», senza che la magistratura e le forze dell’ordine – che pure compiono spesso il loro dovere – riescano ad arginare il dilagare della violenza mafiosa. Le ragioni dello strapotere della ’ndrangheta – secondo Filippo Veltri – sono in prevalenza di natura culturale, oltre che economica e militare: mancano nella società calabrese solidi punti di riferimento morale per le giovani generazioni, che si fanno abbacinare dai miti del rapido successo e del facile arricchimento di cui la mafia è portatrice.

A tal proposito Filippo Veltri riporta l’opinione di Maria Franco, operatrice nel carcere minorile campano di Niside, che spiega le cause del vuoto etico-politico nel quale sono cresciute le nuove generazioni: «Da troppi anni, chiusi o quasi gli oratori, vuote o quasi le sedi dei partiti, in grossa difficoltà la scuola, in crisi la famiglia […] i messaggi educativi più convincenti sono stati, in molti ambienti e per alcune fasce di popolazione, quelli dei più brutti […] programmi televisivi».

Per superare il degrado in cui versa la realtà calabrese non bastano le belle intenzioni o i proclami di «un’antimafia di facciata», ma occorre un inversione di rotta che consenta di intraprendere una nuova strada, «quella dell’impegno corale, condiviso, per mutare lo stato delle cose, far vincere la cultura nelle scuole e nella vita di tutti i giorni, mutare la scala dei valori spesso degradata nelle giovani generazioni».

Nel libro di Filippo Veltri non mancano gli esempi positivi di cittadini che in Calabria hanno contrastato il malaffare: Giovanni Losardo e Giuseppe Valarioti, militanti comunisti uccisi dalla ’ndrangheta; Angela Montagna Casella, la “madre coraggio” che si batté per la liberazione del figlio Cesare, rapito dall’Anonima sequestri calabrese; Salvatore Aversa, integerrimo sovrintendente di polizia trucidato dalla malavita; Giancarlo Bregantini, ex arcivescovo di Gerace e Locri, che ha messo in piedi la Cooperativa agricola Valle del Bonamico. È dal coraggio di queste persone che bisogna ripartire per cercare di ricostruire il tessuto socioeconomico della Calabria, sperando che il voto del 23 novembre sia il primo passo verso il ritorno alla legalità e non l’ennesima occasione perduta.

Giuseppe Licandro

NOTE BIBLIOGRAFICHE

[1] – Scopelliti è stato coinvolto nell’inchiesta giudiziaria che ha travolto Orsola Fallara, la dirigente amministrativa suicidatasi nel dicembre 2010, dopo essere stata accusata di essersi indebitamente appropriata di oltre un milione di euro per consulenze fornite al Comune di Reggio Calabria. Cfr. GIUSEPPE LICANDRO, Il caso “Fallara”, triste epilogo di un sistema di potere controverso, in www.excursus.org.

[2] – Tra i tanti scritti sulla Calabria recentemente pubblicati segnaliamo in particolare: GIUSEPPE BALDESSARRO -GIANLUCA URSINI, Il Caso Fallara. Storia del Modello Reggio e del suo tragico epilogo, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2012; CLAUDIO CORDOVA, Il sistema Reggio, Laruffa, Reggio Calabria, 2013; CLAUDIO DIONESALVI – SILVIO MESSINETTI, Al di là della mala. Quando la ’ndrangheta c’entra poco e niente, Coessenza, Cosenza, 2014; FILIPPO VELTRI – ALDO VARANO, Una vil razza dannata? Riflessioni sulla Calabria e i calabresi, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2014.

[3] – Gli scritti principali di Veltri sono i seguenti: FRANCO AMBROGIO – F. VELTRI, Sulla Calabria e la politica, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005; QUIRINO LEDDA – F. VELTRI, I braccianti in Calabria (1970-1980), Rubbettino, Soveria Mannelli, 1983; DIEGO MINUTI – F. VELTRI, Lettere a San Luca. L’Italia scrive al “paese dei sequestri”, Abramo Editore, Catanzaro, 1991; IDEM, Ritorno a San Luca. Dal paese dei sequestri alla strage di Duisburg (1990-2007), Abramo Editore, Catanzaro, 2008; ATTILIO SABATO – F. VELTRI,Elezioni: come nascono le candidature. Diario di 45 giorni di indiscrezioni, litigi, esclusioni, tradimenti per un posto in parlamento, Edizioni Periferia, Cosenza, 2001; IDEM, La battaglia per il Comune, Pellegrini Editore, Cosenza, 2011; F. VELTRI, Sequestri. Tra violenza & misteri, Edizioni Memoria, Cosenza, 1998; F. VELTRI – A. VARANO, Una vil razza dannata?…, citato.

[4] – Veltri riferisce nel saggio quanto ha affermato emblematicamente un dirigente regionale calabrese del settore enologico: «Si danno i soldi a fondo perduto a tutti e solo alcuni li fanno davvero fruttare».

[5] – Losardo venne ucciso a Cetraro il 21 giugno 1980, mentre Valarioti fu assassinato a Nicotera l’11 giugno 1980; Cesare Casella fu rapito a Pavia il 18 gennaio 1988 e rilasciato a Natile di Careri (Rc) il 30 gennaio 1990; Aversa venne ammazzato a Lamezia Terme, insieme alla moglie Lucia Precenzano, il 4 gennaio 1992; Monsignor Bregantini è stato dal 1994 al 2007 arcivescovo di Gerace e Locri ed attualmente ricopre l’incarico di arcivescovo di Campobasso e Boiano. 

(www.excursus.org, anno VII, n. 66, gennaio 2015)