Intervista al regista Marco Segato


di CARLA MAISTRELLO – Dopo la presentazione del suo film d’esordio al Cinema Politeama di Adria (Rovigo), incontriamo il regista padovano Marco Segato che, molto gentilmente, ci concede un’intervista.

Buonasera Marco.
Dopo un lungo percorso da documentarista e la collaborazione a fianco del regista Carlo Mazzacurati ne “La giusta distanza”, esordisce con “La pelle dell’orso”, giudicato miglior film al Festival Annecy Cinema Italien 2016. Perché e quando ha sentito la necessità di intraprendere questo nuovo percorso?

Buonasera Carla.
Amo molto il cinema, mi sono laureato con una tesi su Martin Scorsese, organizzo tuttora come direttore artistico il Festival Euganea Film e il Detour Festival. Tuttavia questa passione l’ho scoperta più tardi, in particolare grazie a Gian Piero Brunetta, allora docente all’Università di Padova, che stimolava noi studenti a realizzare documentari per il Festival Film di Torino.
Sono convinto che fare il documentarista sia un’ottima palestra perché ti insegna a lavorare con le distanze, i ritmi, i tempi… È una questione di percorsi; ci sono documentari che non sono da meno dei film, ma essendo prodotti di nicchia hanno scarsa visibilità, mentre con i film il pubblico si allarga.
Da tempo desideravo cimentarmi nella regia. Fui incoraggiato dal produttore della Jolefilm di Padova, Francesco Bonsembiante, che mi chiese se avevo una bella storia da raccontare. L’aver lavorato come assistente alla regia al film di Carlo Mazzacurati mi ha dato sicurezza, è stata un’esperienza importante che mi ha insegnato tanto. Il film l’ho dedicato a Carlo.

La storia è ambientata nel Secondo Dopoguerra, in un paese veneto della Val Zoldana nelle Dolomiti, di cui ci descrive con dovizia di particolari la luce, i colori, l’atmosfera, la miseria, quel mondo chiuso e rigido: avvantaggiato dal fatto di essere un documentarista e di essere cresciuto a contatto con la natura dei Colli Euganei, a Teolo?Marco Segato

Sicuramente. Tramite la fotografia ho cercato di restituire la naturalità di ciò che avevo attorno, a disposizione. La luce non è una luce artificiale, gli interni li ho lasciati come sono, scarsamente illuminati o bui per scelta emotiva, per conferire maggiore drammaticità. Volevo fosse la natura a dover parlare con i suoi silenzi, i suoi rumori, attraverso le diverse sfumature di luci e ombre, le sue insidie, la sua perfidia, l’incantesimo del paesaggio.
Nelle scene ci sono pochi dialoghi, le parole scaturiscono tramite l’intensità e la profondità espressiva dei miei attori.
Per comodità mi sono spostato a Padova. Abitare a Teolo significa vivere in una zona tranquilla circondata da spazi verdeggianti, più semplicemente e in una provincia dove si comunica per lo più in dialetto, come nel film.

“La pelle dell’orso” si ispira al romanzo di Matteo Righetto. Ha cambiato il finale?

Ciò che esposi al produttore della Jolefilm fu il racconto del libro del mio compagno di Università, Matteo Righetto,letto tutto d’un fiato viaggiando in treno verso Roma.
Mentre il finale del romanzo di Matteo termina con la tragedia del Vajont, il mio si concentra sul rapporto padre e figlio.

Con naturalezza e disinvoltura rievoca la  semplicità delle genti, delle cose, e la dura lotta per la sopravvivenza che coinvolge anche il regno animale, il riscatto personale e il percorso di formazione di un ragazzino avventuroso. Quanto vi è di autobiografico in ciò che racconta?

Non molto, senz’altro il rapporto uomo-natura. La mia è un’esigenza soprattutto letteraria, culturale. Marco Segato

Che cosa la emoziona di più di questa vicenda?

Il ragazzino che affronta le proprie paure, anche ataviche, e il proprio destino. Ammirevole il desiderio di riscatto per far parte di una società, ahimè,chiusa e severa oltremodo!

Credo che i piccoli fan di Domenico, interpretato dal feltrino Leonardo Mason, lettori come lei di Jack London e appassionati di film d’avventura, sarebbero curiosi di sapere perché ha scelto quel ragazzino tredicenne, fra i numerosi che si sono presentati al casting.

Da subito ho notato la sua profondità di espressione e il suo naturale impaccio che mi è piaciuto, andava bene. Non cercavo un attore.Marco Segato

I suoi attori sono grandi professionisti, in primis Marco Paolini. Immagino non sia stato facile dirigere i due orsi.

Essendo la mia prima regia ho avuto inizialmente delle difficoltà a dirigere  attori protagonisti come Marco Paolini che possiede soprattutto un linguaggio teatrale, il suo personaggio se lo è costruito da sé. È stato un lavoro di squadra faticoso, ma divertente.
La parte più complicata è stata con gli orsi, con i quali ho lavorato per un’intera settimana. Decidemmo di utilizzare quello più aggressivo e umorale, circoscritto in una rete anche per motivi di sicurezza, per i primi piani. Utilizzando vari espedienti e “trucchetti” abbiamo, con non poca difficoltà, ottenuto discreti effetti speciali. Una volta, spaccò la recinzione;fortunatamente riuscimmo a dissuaderlo con il miele.

Deve essere stato altroché emozionante!
Grazie per la disponibilità e la visione del suo interessante film.

Grazie a lei.

Intervista a cura di Carla Maistrello

(www.excursus.org, anno IX, n. 82, aprile 2017)