di GAETANINA SICARI RUFFO – Un recente pamphlet di Luciano Canfora, Gli antichi ci riguardano (il Mulino, pp. 104, € 10,00), ripropone, ad apertura del nuovo anno scolastico, la necessità di non impoverire gli studi sacrificando i classici e puntando essenzialmente a conoscenze solo scientifiche e innovative che pure sono importanti. Un dibattito che appassiona il filologo e che richiama il suo lavoro precedente Disegnare il futuro con intelligenza antica (con Ugo Cardinale, il Mulino).
La tendenza, diffusasi negli ultimi anni, di poter fare a meno del latino e greco, considerati retaggio di un passato ormai remoto, non ha ragione di essere accolta ed incoraggiata, perché contrasta non solo con le radici della nostra cultura occidentale di cui costituisce, per così dire, l’anima, ma pure con la costatazione che ogni genere di studi può essere sovrapposto alle due discipline umanistiche e facilitato da esse che ne costituiscono il fondamento. Il loro apprendimento è propedeutico alla formazione della mente per lo sviluppo delle capacità logiche e intellettive, l’esercizio della memoria, della consequenzialità, l’importanza dell’attenzione e della precisione, secondo un ordine scandito da regole ed eccezioni come nello studio della storia che favorisce la comprensione del presente e sviluppa il senso critico ed interpretativo degli eventi.
Non si tratta di un mero e meccanico studio di traduzione, ma di conoscenza approfondita di civiltà che hanno preceduto la nostra contemporanea a cui hanno consegnato le chiavi che possono aprire a tutti i saperi successivi. Chiavi magiche quasi, che mirano a generare armonia e comprensione nell’individuo che acquisisce la capacità di sapersi orientare intellettualmente e consapevolmente nel vasto panorama delle conoscenze, indirizzando senza timori la sua attitudine a ciò che gli è più consono e necessario.
Per usare un’immagine, se l’albero frondoso rappresenta la varietà dei saperi che ben assicurano il futuro di un giovane, gli insegnamenti e le letture dei classici sono le radici che lo alimentano ed egli potrà dedicarsi a tutti gli interessi, compresi quelli scientifici, se avrà imparato a rafforzare e nutrire queste radici che toccano il cuore della terra, cioè dell’umanità. Nell’antico è nato tutto il nostro sistema raziocinante e formativo: abbiamo appreso la distinzione netta tra paranoia e intelligenza, schiavitù e libertà, dittatura e democrazia,patria ed esilio,civiltà e barbarie, scienza, poesia, letteratura, astronomia e così via. Le discipline umanistiche costituiscono la base per aprirsi a tutta la conoscenza del modo e sentirsene partecipe.
Come ebbe a dire Antonio Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere: «Il latino si studia non per imparare a parlare in latino, ma per imparare a studiare». Sì, perché, attraverso la disamina dei problemi proposti, l’allievo apprende ad accostarli a quelli del presente, a individuare le analogie o le differenze secondo le età diverse, a distinguerle nella successione temporale, ad interrogarsi, come Teseo, su come fare per uscire dal labirinto, su quale filo seguire per conquistare la libertà, il bene più prezioso per l’uomo d’ogni tempo, come succede oggi ai giovani di Hong Kong: obbedire ai diktat o seguire le proprie idee? Qualcuno dei precedenti poteri politici ha forse visto, nel limitare tale insegnamento, la pericolosità di una storia greca e latina che ha additato in Socrate, in Demostene, nei Gracchi, in Bruto gli agitatori delle cittadinanze del tempo? Niente paura!
La forma “democrazia” è aperta a tutte le sfumature ed a tutte le accezioni, come dimostrano altri testi dello stesso Canfora, ma deve, pena la decadenza del suo nome, comunque assicurare la libertà individuale di parola e di operatività.
Gaetanina Sicari Ruffo Luciano Canfora
(www.excursus.org, anno VI, n. 63, ottobre 2014) Luciano Canfora