di FILOMENA VOLINO – Werner Heisenberg, padre fondatore della meccanica quantistica, nel volume Fisica e Filosofia (traduzione di Giulio Gignoli, il Saggiatore, pp. 204, € 24,00), descrive le implicazioni sul pensiero umano della teoria fisica che, all’inizio del Novecento, ha segnato la nascita della fisica moderna.
Ripercorrendo lo sviluppo del pensiero filosofico da Talete fino alla moderna concezione della realtà, e narrando le tappe della ricerca, l’autore mostra la portata di quella che è stata la rivoluzione scientifica del Primo Novecento e obietta contro coloro che, come Albert Einstein, ne criticarono i principi. Il pensiero umano si articola su tre idee basilari: esiste una causa materiale per tutte le cose; la conoscenza di tale causa avviene tramite la ragione, senza ricorrere a misticismi; è possibile ridurre ogni cosa ad un principio unico.
Fino al XV secolo, la riflessione filosofica sulla conoscenza ed essenza ultima della realtà ha girato sempre intorno al concetto di materia, sia essa di qualche forma specifica (aria, acqua, fuoco…) o intesa come potenza, possibilità di trasformarsi in qualcosa (con Aristotele). È soltanto dal XVI secolo, con Cartesio, che la riflessione si concentra anche sull’aspetto spirituale della realtà, dando così origine al pensiero moderno nel quale fisica e metafisica si intrecciano in maniera crescente.
Da Galileo in poi, infatti, fino ad arrivare a Immanuel Kant, Albert Einstein e Werner Heisenberg, l’esperienza, il concreto, assume un ruolo sempre più rilevante nella descrizione fisica e filosofica di quale sia l’essenza della realtà che ci circonda, e dunque nel problema della conoscenza.
L’opera non manca di sottolineare come il progredire e l’uso della tecnologia hanno da sempre fortemente influenzato la possibilità di fare esperienza e osservare la realtà: non a caso, infatti, le più grandi scosse dello sviluppo del pensiero umano sono state registrate con l’uso del cannocchiale (utilizzato da Galileo per scrutare il cielo e non l’orizzonte terreno), che ha segnato il passaggio dalla teoria tolemaica a quella copernicana, e con l’avvento di dispositivi in grado di irraggiare e ricevere radiazione (antenne di vario tipo), che hanno dato vita alla cosiddetta fisica moderna, ovvero fisica dell’infinitamente piccolo e infinitamente grande (fisica atomica, nucleare e subnucleare, cosmologia e fisica delle particelle), che studia le proprietà microscopiche della materia, nonché la nascita e l’evoluzione dell’Universo.
Nei primi due capitoli del saggio sono narrate le evidenze sperimentali che hanno portato alla nascita della moderna fisica atomica e quantistica. Nel raccontare le varie fasi, l’autore non tralascia di descrivere i contesti delle discussioni accademiche e i sentimenti di coloro che ne sono stati coinvolti senza mai trascurare la precisione del linguaggio: «Fu proprio a quel tempo, durante l’estate del 1900, che Curlbaum e Rubens venivano facendo a Berlino nuove accuratissime misure dello spettro della radiazione termica. […] Ma non si trattava d’una soluzione che si potesse facilmente accettare. Ricordo delle discussioni con Bohr che si prolungarono per molte ore fino a notte piena e che ci condussero quasi ad uno stato di disperazione; […] è possibile che la natura sia così assurda come ci appariva in quegli esperimenti atomici?».
L’aspetto innovativo della nuova teoria è il principio per cui, per i sistemi piccoli, microscopici, esistono delle proprietà complementari, per cui lo sperimentatore non può tenere conto simultaneamente di tali proprietà (principio di complementarità, sviluppato da Niels Bohr). Per esempio, si supponga di voler misurare la posizione e la velocità di un’automobile le cui dimensioni sono un miliardo di volte più piccole che quelle reali: secondo la nuova concezione, useremmo come metro il fascio di luce di un microscopio che, illuminando l’automobile, rivelerebbe la sua posizione; in tal modo non avremmo però nessuna possibilità di misurarne la velocità dato che il fascio di luce avrà abbagliato l’automobile, che si muoverà in maniera del tutto causale, senza che lo sperimentatore abbia alcuna possibilità di riuscire a seguirla. Da ciò si comprende che i concetti di posizione e velocità, quando riferiti ad un sistema dalle proprietà microscopiche, risultano avere un campo di validità limitato dall’esperienza stessa. Vi è interferenza tra il sistema da studiare e il dispositivo impiegato per farlo, scrive Werner Heisenberg: «dobbiamo ricordare che ciò che osserviamo non è la natura in se stessa ma la natura esposta ai nostri metodi d’indagine».
La conoscenza del sistema assume così un carattere probabilistico che tiene conto della situazione sperimentale al momento della misura. La nostra conoscenza si esprime dunque in termini probabilistici, secondo cui,l’osservazione di un sistema (quantico) sceglie fra tutti i valori possibili quello della misura, per cui la conoscenza che se ne ottiene è una conoscenza discontinua. Secondo Heisenberg, i concetti di probabilità, potenzialità e casualità vanno rivisti, e sono da considerarsi imprescindibili, dato che pur conoscendo tutti i dati iniziali di un esperimento è impossibile prevederne il risultato, e anche a parità di condizioni iniziali, la prova potrebbe non portare alle stesse conclusioni; l’atto della misura influenza l’esito della misura stessa. La critica di Einstein riguardava il concetto di potenzialità e probabilità, e si esprime nella famosa citazione «Dio non gioca a dadi con l’Universo».
Con il saggio Werner Heisenberg controbatte che tale critica è limitata: la verifica sperimentale non serve solo a confermare o escludere delle ipotesi; come nel caso dell’automobile microscopica, ci sono dei limiti che vanno al di là dell’errore umano e della conoscenza che uno scienziato può avere. Niels Bohr, maestro di Werner Heisenberg, sosteneva: «È sbagliato pensare che lo scopo della fisica sia di trovare com’è la natura. La fisica riguarda ciò che possiamo dire riguardo alla natura» [1]. Applicando la nuova teoria fisica al problema generale della conoscenza, Heisenberg deduce che la realtà che ci circonda cessa di essere un mondo di fatti e cose concrete, e diventa un mondo di possibilità, fatto di sistemi che sono sì fisicamente separati, ma sono anche parte di un unico sistema più grande, da considerarsi unico.
Nella moderna società globalizzata, il pensiero di appartenere ad un unico grande sistema richiede la capacità di guardare al di là dei propri confini e di riconoscere che ogni azione ha (o potrebbe avere) delle conseguenze in diverse parti del mondo. Il volume affronta queste questioni e prova a delineare le prospettive finali dell’intero processo di evoluzione dell’uomo, caratterizzato da un continuo mutare e perpetuare di culture.
L’idea di realtà espressa dalla fisica moderna implica un continuo ammodernamento e ampliamento dei confini tra i singoli, siano essi uomini, organizzazioni, partiti politici e nazioni. Di fronte all’atteggiamento, più o meno insito nella natura umana, di scetticismo nei confronti di ciò che è nuovo ed è diverso dalla quotidianità, la visione della fisica moderna si pone come valido strumento per far volgere all’equilibrio le varie tradizioni culturali. Di facile lettura per un lettore esperto di fisica, il saggio è rivolto a tutti coloro che sono appassionati ai temi della natura intima dell’uomo e della materia.
Filomena Volino
NOTA BIBLIOGRAFICA
[1] – Aage Petersen, The philosophy of Niels Bohr, in The Bulletin of the Atomic Scientists, settembre 1963, vol. XIX, n. 7, p. 8.
(www.excursus.org, anno VI, n. 63, ottobre 2014)