di GIORGIA RAPTIS – «Il gigantesco altoforno aveva segnato il destino di un’intera famiglia, anche Giovanni aveva sempre portato con sé l’odore dello spolverino misto a sentori di salmastro che si sente entrando in città, un profumo di ricordi che diventa nostalgia dopo tanta lontananza». Giovanni Lepri, allenatore ed ex calciatore di successo, è il protagonista del libro di Gordiano Lupi, Calcio e Acciaio. Dimenticare Piombino (A.Car Edizioni, pp. 230, € 12,50), attraverso il quale l’autore fa emergere ricordi di un passato lontano, di una città toscana sospesa tra acciaierie e mare, avvolta in un pressante rimpianto di un tempo che fu e che non può tornare.
Il corso principale di Piombino, i suoi bar, i semi di zucca che si masticano al cinema, le bocche di leone, lo stadio Magona sono ancora lì, dove Giovanni li ha lasciati anni prima, ma la vita, gli odori e i sapori non sono più gli stessi. Anche il Mostro della città, le invasive acciaierie che ne ritagliano il profilo, condanna e nutrimento per migliaia di persone che ogni giorno si recano a lavorare in esse, rischia la chiusura, mettendo a repentaglio il posto fisso, e la possibilità di continuare a guadagnare di migliaia di famiglie.
È in questo continuo muoversi tra passato e presente che si dipana l’intreccio del libro, seguendo i pensieri di Giovanni, i suoi sacrifici e le sue rinunce, che lo hanno condotto lontano da Piombino, prima al Sud e poi nella fredda Milano, ma gli hanno donato una preziosa carriera da calciatore professionista. Gli anni, tuttavia, sono trascorsi e per Giovanni è giunta l’ora di tornare a casa, scegliendo di continuare a restare nel suo mondo, quello del calcio, come allenatore della squadra che ha rappresentato le sue origini, che ha vissuto tempi di gloria, quando ha «disputato la serie B negli anni Cinquanta, ha sconfitto addirittura la Roma in una partita leggendaria, ha lottato in serie C e Quarta serie, negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, ma da oltre vent’anni non riesce ad uscire dal limbo dei campionati dilettanti». calcio e acciaio
Una squadra i cui momenti magici sono ormai relegati al passato, ma in cui Giovanni crede ancora molto, in quanto rappresenta il suo inizio, i ricordi di un tempo lontano, unici compagni che riescono ad alleviare il dolore di lunghe giornate monotone e interminabili. Lo scorrere del tempo ha donato valore alle memorie, a tutto ciò che si è vissuto senza saperlo apprezzare abbastanza: «Giovanni è tornato nel campo sportivo dove ha avuto inizio e fine la sua avventura di calciatore soltanto per una passione che non vuol saperne di morire. Vuol guidare la sola squadra che conserva un posto nel suo cuore, in uno stadio che non è più lo stesso, certo, che l’incidere degli anni ha modificato, distrutto, logorato, ma che resta il suo stadio». calcio e acciaio
Il calcio e la squadra che allena sono le uniche cose a cui Giovanni riesce a dare realmente importanza. Rappresentano il suo passato, il suo presente e il suo futuro. Le giornate estive e le vacanze natalizie senza allenamenti si rivelano vuote, periodi di supplizio in attesa di tornare ad allenare e qualche volta perfino a giocare: «Giovanni è l’ultimo erede d’una stirpe di campioni, cresciuta sotto il sole dello stadio Magona, all’ombra dei pini marittimi e dei pitosfori profumati di salsedine nel golfo di Baratti. Per questo è tornato a casa. Ritrovare i luoghi dove è cominciato il sogno».
Si rivela impossibile dimenticare le proprie radici, in un misto di nostalgia e amarezza che nessuno, tranne Giovanni stesso, comprende. Il protagonista sente dentro di sé la solitudine, pur ritrovandosi in mezzo a tanta gente. Ha alcuni amici, certo, con cui ogni tanto organizza delle uscite serali, senza desiderare davvero di farlo, ma tramite cui cerca di alleviare per alcune ore quella solitudine che in realtà nessuno comprende o può scalfire. Come con Paolo, di professione arbitro e inizialmente l’unica persona con cui può parlare e condividere la sua passione per il calcio, ma di cui presto non capirà e condividerà le scelte lavorative e personali, o Cinzia, amica intima, ma senza impegno, per la quale non ricambia l’amore, e con cui cerca di alleviare il suo dolore: «Giovanni sa che la serata finirà nel letto d’una casa dove Cinzia alleva i suoi gatti, unici compagni di solitudine. Giovanni sa che sulla solitudine non si costruisce niente. Soprattutto l’amore». O Tarik, promettente attaccante in cui Giovanni crede e rivede se stesso da giovane, che fa di tutto per sostenere anche quando pesantemente sbaglia, turbato dai suoi pensieri, che viaggiano verso la sua lontana famiglia che ha dovuto lasciare in Marocco, ricordo fisso che allontana mente e corpo dalla concentrazione sul campo.
Una pesante nostalgia che ha come centro Giovanni, ma si dilata anche sugli altri personaggi, conducendo incessantemente la narrazione ad alternarsi dalla prima alla terza persona, per portare il lettore nel vissuto dei vari personaggi a mano a mano che prendono la parola, mostrando l’intreccio che ognuno di loro ha con Giovanni, il passato vissuto insieme, una vita in parte condivisa, il dolore di ogni ricordo e di ogni nostalgia, il tormento del passato che colpisce perché non può tornare, ma da cui Giovanni non riesca a distaccarsi.
Lo stadio Magona, le passeggiate lungo il sentiero panoramico che costeggia il mare, il profilo delle acciaierie rappresentano un atto d’amore verso Piombino, le due anime, il calcio e l’acciaio, in cui Giovanni è cresciuto e ha costruito ciò che è diventato. È il continuo muoversi tra passato e presente a evidenziare la nostalgia, i ricordi di amori perduti, la sua carriera, rimpianti non condivisibili che solo tornare dove tutto ebbe inizio può in qualche modo rendere sopportabile l’oggi. Giovinezza ha significato mille emozioni, le prime cotte, grande successo e gloria, tanta felicità ma anche sacrifici, suoi, del padre e del nonno, la dura vita in una città reale, i turni massacranti negli altiforni per la sopravvivenza della famiglia. calcio e acciaio
Un libro che è un continuo sentimento, un volume che accentua le emozioni perché non è solo testo, ma anche colonna sonora e immagine attraverso numerose fotografie in bianco e nero di Piombino allo scopo di arricchire e rendere più viva la narrazione, un atto d’amore verso una città dai mille contrasti, ma indimenticabile. Amarezza, nostalgia, ricordi che tengono ancorati al passato impedendo di vivere realmente il presente, nella consapevolezza del protagonista che sa bene che «i sogni sono troppo importanti per essere considerati solo una cosa da bambini».
Giorgia Raptis calcio e acciaio
(www.excursus.org, anno VI, n. 65, dicembre 2014) calcio e acciaio