di VERONICA BERGAMELLI – Alessandro Soldati è un ex capitano assegnato al 154 Gruppo Cacciabombardieri, appartenente alla pattuglia acrobatica dei ‟Diavoli Rossi” del VI stormo, di stanza a Ghedi (Brescia), e nel corso della sua carriera è stato protagonista con il velivolo Tornado di molteplici operazioni di combattimento e ricognizione nei più disparati scenari del mondo.
Proprio in virtù di questa esperienza, in Andrà bene di sicuro (Il Ponte Vecchio, pp. 212, € 13,00) riesce a rendere tangibile la sfera emotiva di coloro che lavorano all’interno dell’Aeronautica Militare Italiana.
Infatti, come precisa nella Nota per il lettore, essi sono «uomini e donne che normalmente si celano dietro i loro equipaggiamenti, e travestono la loro indole più vera con un atteggiamento piuttosto marziale e rigidi protocolli formali ai quali si adeguano di continuo. Devono farlo, per la natura stessa della loro professione ed in virtù dell’addestramento militare che hanno ricevuto». Tuttavia, in prima istanza, essi sono esseri umani, e quindi «pieni di pregi, difetti, contraddizioni, paure e dubbi, ed imparano, spesso sbagliando, a muoversi nel loro mondo ed in quello degli altri».
Dunque, a differenza dei libri o dei programmi televisivi in cui sono descritte catastrofi aeree (stile Indagini ad alta quota), qui il lettore non troverà situazioni dense di adrenalina, ma la biografia di persone che fanno del proprio meglio «nel ruolo inconsueto che la vita ha loro riservato». È questo il caso di Sanzio Ottoviani, che davanti al muro del bar del paese legge la scritta «Vivi il cielo da protagonista!» del manifesto appeso dallo Zoppo (un personaggio caratteristico di San Mauro Pascoli, chiamato così a causa di una menomazione dovuta ad una vecchia ferita di guerra). Il Nostro ha una vera e propria folgorazione… è come se il cartellone «fosse stato attaccato là proprio per lui. ‟Io la faccio, la domanda” si trovò a dire». Ma, ahinoi, come per tutti i giovani che vogliono fare qualcosa di diverso rispetto al classico lavoro in fabbrica cui sono già predestinati, la strada che porta al successo è sempre irta di difficoltà e di pareri contrastanti, soprattutto da parte dei propri conoscenti, da cui ci si aspetterebbe maggior comprensione e fiducia. «Basta mettere il naso fuori dal recinto, per trovarsi incompatibile a tornare indietro».
Nondimeno, come dice saggiamente Sisto (padre del protagonista), il lavoro «è proprio un fatto di predisposizione. […] ‟Se un lavoro ti sembra duro, allora non è il lavoro che fa per te, puoi anche farlo tutta una vita e camparci, ma non farai mai fortuna, e soprattutto non sarai mai contento”». Per questo motivo, anche se si è pieni di dubbi e incertezze, l’importante è provarci e «se è quello che fa per te lo vedrai subito, perché sarai l’ultimo a stancarti ed il primo a recuperare, e finché sarà così, i risultati verranno da soli».
Grazie alle parole del genitore Sanzio si sente rincuorato e parte alla volta di Napoli per la visita medica; dopo averla superata, viene convocato dall’Accademia Aeronautica di Pozzuoli per le due settimane di selezioni. Per un ragazzo romagnolo, abituato alla vita semplice del proprio paese, all’inizio non è facile né sentirsi né muoversi a proprio agio in un mondo che gli pare incomprensibile… una «gabbia di matti», pensava il protagonista. Infatti, «va posto l’accento su come il semplice gesto di chiedere qualcosa fosse reso complicato da una liturgia ben precisa che andava rispettata fin nei dettagli», e che questo, per un gruppo di giovani «avvezzi ad esprimersi alla meno peggio ed a comportarsi come capitava, richiedeva una concentrazione assoluta ed il totale dominio sui propri nervi».
Sanzio cerca di destreggiarsi in questo clima militare, studiando e facendo tesoro dei consigli sia dei colleghi più anziani sia dei propri superiori. Nonostante il suo impegno e la passione nell’imparare i contenuti e il comportamento da tenere, il Nostro – a causa forse della propria ingenuità e al fatto che delle volte si atteggiava a «pagliaccio» – è ammesso solamente di straforo al corso per ottenere il brevetto di pilota di aeroplano.
Questo però non lo demoralizza… anzi lo motiva a rimanere più concentrato, serio e a imparare il più possibile in modo da colmare le proprie lacune nei vari campi dell’aeronautica. Purtroppo però in quest’ultimo caso la passione per lo studio si rivela un’arma a doppio taglio. Se da un lato s’istruisce molto in aerei e affini, dall’altro commette l’errore di dare maggior peso al contenuto del libro rispetto a quello che gli viene detto dal proprio Superiore. Gli viene così data un’ultima possibilità, «una licenza di quarantotto ore per Gravi Motivi Familiari. […] Quella per lui era una punizione bella e buona. Come faceva il Tenente a non capire che lui ce la metteva tutta?».
In realtà quest’ultimo cerca di aiutare Sanzio con tale congedo temporaneo. Spera che familiari e amici lo aiutino a capire che prima deve seguire e mettere in pratica ciò che egli impara in volo e, solo in seconda istanza integrare questo bagaglio culturale con i contenuti presenti nel manuale dell’Accademia. Le speranze dell’ufficiale sono ben riposte. Infatti, sia l’amico di sempre Amedeo che i genitori riescono a farlo ragionare riguardo al suo atteggiamento nei confronti del proprio Istruttore. Attraverso il racconto di vari aneddoti che hanno caratterizzato la vita di Sanzio, essi riescono a fargli capire che ciò che a lui manca è «l’umiltà di dare retta a chi ne sa più di te […]. Lo avrebbe dovuto sapere da sempre, ma era sempre riuscito a cavarsela fino ad allora, […] aveva persino imparato a leggere ancora prima di andare a scuola, e questo modo di affrontare la vita gli era diventato così familiare da fargli dimenticare che ce ne fossero altri, ma possibile che la via d’uscita dalla situazione fosse così semplice? Stentava a crederlo».
Caro lettore, vista la tipologia di libro che stai per accingerti ad aprire, ci piace pensarti con uno spiccato senso dell’avventura. Proprio per questo motivo vogliamo creare una suspense per il finale. Noi invece esprimiamo una considerazione su questo romanzo. Esso è un inno ai sentimenti veri e profondi che caratterizzano gli esseri umani. Tutti ne siamo dotati, anche coloro che rispettano la più ferrea disciplina militare ed esternamente possono sembrare delle “macchine”. Proprio per questo motivo, nessuno deve essere giudicato a priori per come appare, ma come individuo nella sua unicità, ricco come noi di un mondo interiore che lo caratterizza in quanto persona.
Veronica Bergamelli
(www.excursus.org, anno VII, n. 72, ottobre-novembre 2015)