di BENEDETTA GOVONI – Il racconto lungo del poeta e traduttore veneto Sebastiano Gatto, Le sette biciclette di César (Amos Edizioni, pp. 82, € 9,00), si presenta come la classica storia di innamoramento che vede protagonisti un uomo che ha superato i quaranta e una giovane ragazza poco più che ventenne.
Lui un uomo qualunque, «come sempre niente disastri né miracoli nella vita di un senza talento», artefice e vittima della sua permanente transitorietà. Lei una ragazza come tante, né bella né brutta, semplicemente “normale”.
A fare da sfondo agli eventi una Mestre insignificante. Ad un primo sguardo sembrerebbe la proiezione di un film visto e rivisto, un cliché del rapporto uomo-donna, un uomo maturo che rimane affascinato da una donna molto più giovane. Tuttavia in certe storie l’apparenza può ingannare.
Tutto ha inizio con l’immagine di sette biciclette abbandonate in un canale vicino alla fermata dell’autobus e il protagonista che osserva un netturbino mentre le estrae dall’acqua. Ecco che parte una breve riflessione su come alcuni oggetti possano avere la speranza di una seconda occasione. Nel compiere questo pensiero, il protagonista si rifà all’artista César e alla sua capacità di creare qualcosa di nuovo da un groviglio di ferraglie utili ormai a ben poco.
«Mi chiedo se esistano vite che nessuna metafora può significare, vite senza niente da dire a parte le miserie quotidiane che ognuno può appuntarsi al petto, le miserie che costituiscono il default della vita e che quindi, per definizione, non rientrano nei conti».
Ecco una vita priva di metafora che la possa significare. L’esistenza monotona di Tiziano Scarpa, impiegato ospedaliero e grande appassionato di libri e musica, viene improvvisamente scossa dall’incontro, apparentemente casuale, durante una banalissima pausa-caffè, con una giovane donna probabilmente in età universitaria. Un veloce scambio di parole mentre le sigarette si consumano. Qualche parola tuttavia basterà a scatenare la curiosità e l’interesse dell’impiegatuccio mestrino. In questa persona Tiziano avverte una grande forza ma al tempo stesso «[…]un bisogno misterioso e pressante».
A questo loro incontro casuale ne seguiranno altri, che a loro volta sembrano essere frutto del caso. In realtà sono il risultato di un passato che bussa alla porta del protagonista ignaro che qualcosa possa essere accaduto, forse l’irrimediabile. Un’attrazione fortissima lega i due personaggi e li trasporta da una pagina all’altra in un gioco di sguardi, di carezze, di lunghe passeggiate e di ricerca l’uno dell’altra. Il confronto con questa figura femminile sarà determinante. Un rapido susseguirsi degli eventi porterà il protagonista a comprendere che l’irrimediabile è già successo ed era lui a non essersene accorto. Capisce attraverso gli occhi di qualcun altro di non aver vissuto, di non aver dato significato ai propri giorni, ma di aver semplicemente galleggiato in balia delle onde senza mai avere avuto qualcosa o qualcuno per cui vivere davvero. Ma chi è veramente questa donna? Cosa potrà scuotere davvero la noiosa routine di un uomo qualunque? E infine, quando tutto è già stato “scritto”, si può tornare indietro? È concessa una seconda possibilità?
Un libro geniale, con un inizio apparentemente banale e un finale a sorpresa, tutto in sette giorni e in meno di ottanta pagine. Da ammirare l’abilità con cui l’autore è riuscito a sintetizzare in alcune righe, una storia ricca di piccoli dettagli e sfumature. Un viaggio introspettivo ricco di frasi che fanno riflettere sul senso del nostro esistere e su come, a volte, ci ritroviamo protagonisti del tutto anonimi. Un piccolo scorcio di vita altrui che mette a nudo la fibra interiore e profonda di un uomo. Scritto in maniera chiara e scorrevole non presenta alcun ostacolo alla lettura. Il lettore arriva a immedesimarsi nel protagonista nonché narratore con estrema facilità. Un’esperienza che si rivela essere piuttosto verosimile e magari non lontana dalle vite di molti. Un’opera convincente dalla quale trasudano sensazioni, emozioni travolgenti e ricordi dolorosi, il tutto sotto un velo di amarezza.
Benedetta Govoni
(www.excursus.org, anno VIII, n. 78, dicembre 2016)