di ELEONORA TASSAN – Quanti di noi hanno veramente colto quell’istante, quel momento esatto in cui le prime gemme degli alberi, magari del proprio giardino o del giardino del vicino, oppure lungo i viali della città, sono in boccio? Quanti di noi colgono i piccoli fiori che fanno capolino tra i prati e timidamente vengono alla luce, tra gli ultimi freddi dell’inverno e i raggi di sole primaverili?
Nella loro immobilità si muovono silenziosamente, crescono sotto lo sguardo di molti senza essere osservati e portano con sé l’annuncio della confortante ciclicità: l’inverno che piano piano si conclude cedendo lo scenario all’attesa primavera.
«Il mondo vegetale, che si mostra così pacifico, rassegnato, nel quale tutto evoca obbedienza, raccoglimento, è al contrario quello che si rivolta contro il destino nella maniera più ostinata. […] Non è soltanto nel seme o nel fiore, ma nell’intera pianta, steli, foglie, radici, che si possono scoprire, chinandosi sul loro umile lavoro, numerose tracce di un’intelligenza accorta e viva» (p. 9).
È con queste parole che Maurice Maeterlinck, saggista, drammaturgo e poeta belga, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1911, introduce l’opera L’intelligenza dei fiori (traduzione di Annalisa Marchianò, Pendragon, pp. 120, € 15,00), comparsa in Italia per la prima volta nel 1921 e ripubblicata dopo oltre settant’anni dall’ultima edizione (1941). Maeterlinck riconosce e dipinge, con eleganza e sentimento, il genio e l’immaginazione che la natura possiede per elevarsi al cielo e combattere, con estrema vitalità, contro la legge che la relega alla profondità della terra. «Vedremo come il fiore doni all’uomo un prodigioso esempio di insubordinazione, coraggio, perseveranza e ingegnosità» che « […] hanno spesso preceduto le invenzioni e le conoscenze dell’uomo» (p. 10).
Principale nel lavoro dell’autore è l’osservazione dell’esperienza stessa, che riporta non con mero approccio scientifico ma con totale empatia verso la natura che osserva. Esempio di ciò il Lauro del piccolo villaggio in Provenza. Un seme giunto, anni e anni fa non si sa come, se trasportato dal vento o dal volo di un uccello, in un costone roccioso su di un dirupo, sopra un torrente, in un luogo solitario e praticamente inaccessibile. Il tronco, che l’autore definisce tormentato, esprime la muta sofferenza e la difficoltà della sua esistenza, che ha saputo con forza e ingegnosità svilupparsi e crescere riuscendo ad aggrapparsi alla parete rocciosa.
Vi è anche una singolare storia d’amore con protagonista la Vallisneria, una semplice pianta acquatica, comune negli acquari e non particolarmente raffinata come la Ninfea. Vive sott’acqua fino a quando il fiore della femmina non raggiunge la maturità e risale in superficie schiudendosi. Dal ceppo vicino i maschi cercano di avvicinarsi, ma vengono trattenuti dal loro stesso stelo, fonte di sopravvivenza, non riuscendo così a raggiungere la meta. Questo però non impedisce loro di arrendersi e «con uno sforzo incredibile […] pur di elevarsi fino alla felicità, spezzano deliberatamente il filo che li lega alla vita» (p. 30). Così facendo riescono a raggiungere il fiore femmina, rubano un bacio per la prima e ultima volta e, compiuto tale gesto, vanno a morire alla deriva, mentre la femmina impollinata richiude il fiore e ritorna nelle profondità delle acque. Un unico bacio, un bacio eroico di una breve ma attesa storia d’amore che avviene tra le placide acque di uno stagno, dove la natura mostra il proprio genio ma anche le prove crudeli che essa è in grado di celare.
Maeterlinck, riportando descrizioni e analisi che dimostrano l’intelligenza dei fiori, si sofferma anche su di un altro aspetto, il profumo, ovvero la loro «anima»: «ignoriamo quasi del tutto l’intenzione di questa ventata d’aria fresca e di magnifica invisibilità che le corolle spargono attorno a sé» (p. 109). Del perché i fiori profumino non si capacita la ragione; per attirare api e farfalle per l’impollinazione? Ma il più delle volte i fiori più fragranti non sono oggetto d’interesse per gli insetti. Allora, qual è la ragione per cui il profumo è utile al fiore?
Molte domande e altrettante risposte in questo incantevole elogio alla natura, una dichiarazione d’amore ad un mondo che possiede ancora moltissimi segreti, a cui prestare attenzione e porgere ammirazione. Il tutto scritto con una poetica combinazione, scientifica e artistica, che ha la capacità di rendere la lettura di questo breve saggio un appassionante romanzo, ricollocando la posizione dell’uomo all’interno della natura e in rapporto ad essa.
«Ma il nostro genio meccanico ha avuto inizio appena ieri, mentre la meccanica floreale funziona da migliaia di anni. Quando il fiore fece la sua apparizione sul nostro pianeta non trovò attorno alcun modello da imitare; dovette fare tutto da solo» (p. 55).
Riteniamo sia importante ricordare che il testo risale ai primi decenni del Novecento, epoca in cui gli studi scientifici non avevano ancora raggiunto lo sviluppo di oggi. Di conseguenza anche l’approccio scientifico dell’autore è da contestualizzare storicamente, cogliendone però il valore aggiunto dello stile, che ne diventa la chiave di lettura: «quello che i fiori ci hanno offerto sono probabilmente poca cosa, rispetto a ciò che ci direbbero le montagne, il mare e le stelle, se potessimo indovinare i segreti della loro vita» (p. 105).
Eleonora Tassan
(www.excursus.org, anno VII, n. 72, ottobre-novembre 2015)