Gridalo forte – James Baldwin

baldwingridalofortedi CLAUDIA SERMARINI – Go Tell It on the Mountain è il romanzo d’esordio dello scrittore americano James Baldwin. È stato recentemente riedito con un nuovo titolo, Gridalo forte (traduzione di Silvia Mondino, Amos Edizioni, pp. 380, € 19,00), poiché l’originale non sarebbe risultato totalmente comprensibile ad un pubblico italiano.

L’opera è divisa in cinque capitoli, corrispondenti a cinque preghiere, ognuno con un protagonista differente. Il personaggio principale è John, un ragazzino afroamericano di appena quattordici anni. Il libro, nonostante tre fondamentali flashback, si svolge in una sola giornata, un sabato di marzo del 1935, il giorno del quattordicesimo compleanno del giovane John. Il ragazzo vive con la sua famiglia ad Harlem insieme al padre, alla madre, al fratello Roy e alle due sorelline più piccole. Il padre, Gabriel, è un uomo severo che pretende molto dai figli e dalla moglie ed essendo il predicatore della città è molto legato alla religione. Non ammette che la sua famiglia possa pensarla diversamente da lui, per questo spesso si lascia sopraffare dall’odio e dalla rabbia, finendo col picchiare i due figli maschi tutte le volte che lo ritiene necessario: le loro vite e ambizioni devono essere rivolte esclusivamente al Signore.

Il capitolo iniziale presenta la situazione odierna, che vede John alle prese con i primi turbamenti adolescenziali, con un padre che odia e una madre troppo accondiscendente, in una Harlem sporca e dedita alla violenza. I tre capitoli intermedi raccontano rispettivamente la storia di Florence, sorella di Gabriel, di Gabriel stesso e di Elisabeth, madre del protagonista. Le vite di questi tre personaggi vengono messe in relazione in modo tale da evidenziare lo stretto legame che le unisce. Cosi, lo svolgersi del racconto svela una serie di colpi di scena che trasporta in un turbine di emozioni e stati d’animo culminando, nelle ultimissime pagine, con la redenzione da parte del protagonista al cospetto dell’amico Elisha.

Attraverso la figura dell’adolescente John, Baldwin racconta se stesso, costretto a vivere anche lui con un patrigno severo e irruento, cresciuto ad Harlem senza aver  conosciuto il padre biologico. Inoltre, come il protagonista del racconto, anche lo scrittore ebbe un risveglio religioso all’età di quattordici anni, periodo in cui divenne predicatore.

La religione è senza alcun dubbio la tematica principale, lo sfondo di tutte le vicende raccontate. In generale, per alcune persone, la Chiesa e’ infatti è l’unica ancora di salvezza in un mondo di aggressività e intolleranza, per altri è solo causa di superstizione e ipocrisia.

Anche il razzismo è un tema che sta a cuore all’autore di Gridalo forte: i personaggi devono quotidianamente fare i conti con le discriminazioni da parte della comunità bianca, ma c’è chi, come John, accetta il diverso e comprende che solamente una parte di quella realtà mantiene atteggiamenti negativi nei loro confronti. I più anziani invece, come Gabriel, ricordando episodi della propria giovinezza, non riescono ad essere oggettivi e giudicano tutti bianchi per qualsiasi azione ed errore commesso da uno di loro.

La disperazione e la rabbia di Gabriel si manifestano nel momento in cui Roy, fratello minore di John, torna a casa tutto insanguinato in seguito ad una coltellata e il padre dà, senza conoscere i veri colpevoli, la colpa a quegli “sporchi bianchi”: «E sperava che un giorno Dio, con torture inimmaginabili, li avrebbe schiacciati sotto il peso della più completa umiliazione e gli avrebbe fatto capire che i ragazzi negri e le ragazze negre, che loro trattavano con tanta condiscendenza e disdegno, e di cui ridevano così volentieri, avevano un cuore come ogni essere umano, anzi, un cuore più umano del loro».

Lo stile di James Baldwin è tipicamente americano, frasi brevi, essenziali ma ricche di significato. È facilmente riscontrabile il debito della sua scrittura verso i testi biblici o comunque religiosi. Tutto viene curato nei minimi dettagli, in particolar modo i dialoghi con battute precise e allegoriche allo stesso tempo. La perfetta caratterizzazione delle figure femminili del racconto permette al lettore di identificarsi con esse e le loro sofferenze. Viene naturale mettersi nei panni della prima moglie di Gabriel, Deborah, ed essere completamente d’accordo con lei quando rimprovera al marito di aver rifiutato il figlio concepito da lui in un momento di lussuria fuori dal matrimonio: «Il suo grande errore, fin dal principio, era stato incontrarlo, sposarlo, e amarlo con tanta amarezza. Guardando la sua faccia, qualche volta le veniva fatto di pensare che su tutte le donne pesava, fin dalla culla, una maledizione; in un modo o nell’altro, tutte vittime dello stesso crudele destino: essere nate per sopportare il peso degli uomini».

Rilevanti e bellissime sono le descrizioni dell’ambiente e delle condizioni dei personaggi del romanzo: una comunità povera costretta a vivere in situazioni al limite dell’igiene. «Lo sporco era in ogni angolo, cantuccio, fessura della mostruosa stufa, dietro la quale viveva in perversa comunione con il marciume del muro».

Attraverso alcuni episodi autobiografici e la figura del protagonista, James Baldwin racconta la storia del ghetto di Harlem e di tutta quella comunità minoritaria e discriminata, costretta a fare i conti con una realtà fatta di intolleranza e violenza. Un’opera sensazionale, quella dello scrittore americano, perché capace di ricreare un’atmosfera a troppi sconosciuta o comunque conosciuta solo parzialmente, toccando tematiche rilevanti per il periodo e la storia dell’America degli anni Trenta. Nonostante la presenza di temi religiosi, in alcune parti del romanzo, risultino ossessivi e appesantiscano la lettura, soprattutto quando l’autore si dilunga in preghiere e canti, ben pochi sono riusciti ad eguagliare Baldwin nel trasmettere il desiderio di trovare nel cristianesimo la voglia di riscatto e di fratellanza.

Claudia Sermarini

(www.excursus.org, anno VIII, n. 77, novembre 2016)