di FEDERICA GROSSI – La forma narrativa che più si avvicina a definire la scrittura de I quaderni di Rembrandt (traduzione di Graziella Fantini, Amos Edizioni, pp. 324, € 17,00) di José Jiménez Lozano è quella del diario, con le dovute precisazioni. L’opera racchiude, infatti appunti e scritti personali dell’autore dal 2005 al 2008. Non vi sono date né contestualizzazione precise, tranne l’indicazione dell’anno, e non sono descritti gli avvenimenti della vita dell’autore, tuttavia, emerge la sua anima letteraria e il suo atteggiamento nei confronti di ciò che lo circonda.
José Jiménez Lozano prende infatti spunto dal mondo esterno – da fatti di cronaca e di attualità, da piccoli incontri quotidiani con amici o sconosciuti, dalla bellezza del mondo naturale che lo circonda e rielabora questi dati attraverso il suo punto di vista attento e ragionato, mai superficiale.
Per esempio, il passaggio, scorto dalla finestra, di un piccolo circo lo induce a pensare a quanto la televisione abbia messo in un angolo altre forme di rappresentazione quali il teatro, il cinema e il circo, appunto.La notizia di una nuova norma che permette agli studenti di essere promossi con quattro materie insufficienti, avviata per ridurre il fallimento scolastico, stimola una riflessione sulle finalità e i metodi dell’insegnamento odierno. L’intervento per la cataratta all’occhio sinistro e la possibilità ritrovata di cogliere le sfumature dei colori del mondo lo inducono a una riflessione sul reale. Una visita alla Villa Romana di Almenara è il punto di partenza per poter parlare degli usi e della vita degli antichi romani. Un pomeriggio trascorso ad ammirare la casa di Rembrandt offre l’occasione per rivolgere l’attenzione ai pittori del Seicento e alla ricezione dell’arte nella società contemporanea.
Ogni scritto non occupa più di due pagine; inizialmente la sensazione è quella di leggere piccole riflessioni elaborate sul momento e scollegate le une dalle altre. Al termine del libro si riesce invece ad intuire la presenza di un sottile filo che lega tra loro tutti gli scritti. Questo impalpabile legame è costituito dalla cultura e dalla conoscenza di cui l’autore si serve per rivisitare e rielaborare gli stimoli che il mondo esterno gli propone. La cultura classica, le letture bibliche, la storia europea emergono assieme a scrittori e pensatori di tutte le epoche: Hegel, Dostoevskij, Spinoza, Teresa d’Ávila, Heidegger, Sant’Agostino, Platone, Kierkegaard sono solo una piccola parte degli interlocutori con cui l’autore dialoga. Questo riferimento continuo a studiosi di vari campi del sapere rende evidente il bagaglio culturale dell’autore ma richiede anche una certa preparazione da parte del lettore per cogliere in profondità il messaggio degli scritti.
I temi trattati sono molti: la pittura, la scrittura, la politica, la religione, la pubblicità, per citarne alcuni. Il procedimento dell’autore nell’affrontare i vari argomenti consiste nel cercare di smascherare le strumentalizzazioni che nel tempo attuale mortificano ciò che abbiamo intorno. La cattiva politica, la voracità dei media, gli stereotipi culturali e sociali vengono denunciati a favore di un atteggiamento autentico nei confronti della vita. Jiménez Lozano cerca continuamente di guidare il lettore sulla strada della verità e di focalizzare l’attenzione sulle cose veramente importanti della nostra esistenza.
Questo intento è ben testimoniato dalla copertina del libro che raffigura una candela accesa accanto alla quale compare una frase tratta dalla Bibbia: «sono andati dietro a cose che non valgono nulla e son diventati nulla». La luce della conoscenza, il rifiuto di seguire le idee della massa e l’allenamento del proprio spirito critico sono gli ingredienti principali della scrittura di Jiménez Lozano. L’intento dello scrittore, esplicitato in una piccola introduzione al libro dal titolo Offerta, è che le sue pagine «possano in qualche maniera essere utili o far compagnia a qualcuno».
L’amore per la natura e per la bellezza del creato emerge spesso nel corso dell’opera attraverso l’inserimento di alcuni brevi componimenti poetici come Pioggerella, Paesaggio invernale, Utrecht, L’imbrunire di giugno. Con occhio attento l’autore osserva il lento susseguirsi delle stagioni e ci comunica le suggestioni che ne riceve.
Lo sguardo dell’autore si sposta continuamente dalle disgrazie, dall’indifferenza, dalle sopraffazioni che caratterizzano la storia del mondo ai paesaggi meravigliosi, ai colori, ai sentimenti genuini dell’animo umano creando un gioco di contrasti tra il male e il bene che inevitabilmente costituiscono la vita. Il linguaggio ironico e sarcastico utilizzato per denunciare i meccanismi abietti della società odierna lascia spazio a un tono poetico quando l’autore si dedica alla contemplazione del paesaggio naturale.
Una delle qualità che contraddistingue maggiormente la scrittura di Jiménez Lozano è l’onestà. Non pretende, infatti, di dispensare saperi assoluti e non vuole costringere il lettore all’interno dei parametri con cui egli vede il mondo. Offre umilmente a coloro che si apprestano ad ascoltarlo un punto di vista lucido e sapiente della molteplicità del reale. In un brano decisivo dell’opera afferma che «si fa quel che si può e lo si fa meglio che si può, e non bisogna affannarsi in nessun tipo di contorsioni: l’umiltà è camminare nella verità, come diceva Teresa d’Ávila». Ci piace pensare che sia proprio questo il motore della sua scrittura: camminare nella verità. E intraprendere la lettura de I quaderni di Rembrandt offre proprio l’occasione di orientare noi stessi verso la verità.
Federica Grossi
(www.excursus.org, anno VIII, n. 77, novembre 2016)