di CLAUDIA SANTONOCITO – Ho iniziato, da poco, a frequentare un gruppo di lettura e ho avuto la sensazione che il popolo dei lettori sia ancora un po’ restio ad apprezzare i racconti, considerandoli forse un’arte creativa di serie B rispetto ai romanzi. Ovviamente, non sono d’accordo: a me i racconti piacciono perché puoi centellinarne la lettura e leggerli come una medicina, in pausa pranzo, in metro, mentre le patate sono in forno o prima di andare a letto. E ti permettono, con la loro diversità, di incontrare compagnie e mondi sempre differenti.
In particolare, l’ultima raccolta di storie che ha scandito le nostre giornate è Filosofavole, di Daniele Trovato (Edizioni Smasher, pp. 156, € 12,00), che ci ha conquistati fin da subito con il suo titolo e con il bellissimo disegno in copertina ad opera di Daniele Bato.
L’autore ha quarant’anni ed è scrittore, blogger, attore, commediografo, e chi più ne ha più ne metta; lo potremmo definire uno che si dà da fare e che il mondo lo vive in prima persona. Probabilmente, è proprio per questo che i suoi racconti sono così riusciti.
Filosofavole ci regala sei storie completamente eterogenee per genere e stile.
In Valpurga, il più lungo dei racconti, dopo aver costruito castelli di polvere in una scricchiolante soffitta, seguiamo la giovane protagonista ad una festa popolata da demoni e mostruosi personaggi, che però, agli occhi dell’adolescente, appaiono tanto comuni da sembrare quasi normali; il risultato è tanto riuscito da ricordare le affascinanti atmosfere dark dei film di Tim Burton, con un pizzico di Alice nel paese delle meraviglie, grazie anche al contributo delle tredici bellissime illustrazioni create dal maestro Armando Tondo (visibili al link http://armandotondo.webnode.it/).
H+ è uno dei nostri racconti preferiti, per via delle sue velate critiche alla società, sempre più costretta a fare i conti con la tecnologia, e al controllo a cui siamo costantemente soggetti. La storia in sé, poi, mi ricorda il grande fascino dei supereroi.
Narciso, come si intuisce dal titolo, ci costringe ad osservare dall’esterno quanto l’estetica e l’egocentrismo abbiano preso il sopravvento sulla nostra vita, sempre più concentrata sul sé di quanto non lo sia sull’altro.
Il racconto La creatura, di sole due pagine, ci sbatte invece in faccia una nuova, neo-nata, realtà: impossibile aggiungere altro senza rischiare di rovinare la sorpresa al lettore.
La macchina e Parmenioconcludono la raccolta. La macchina stato il racconto vincitore del premio “Gabbie Sociali” al Premio Letterario Akmàios; da esso è stato colpito anche l’artista Daniele Bato tanto da avergli dedicato tre tavole, che è possibile vedere tramite il QR-CODE stampato nel testo: passando il cellulare sulla pagina, si verrà trasportati in un mondo parallelo, un mondo in cui l’uomo è un accessorio delle macchine, senza le quali nulla avrebbe senso.
Con Parmenio ci ritroviamo invece a Skroto, un mondo ipotetico, stavolta a filosofeggiare, nel vero senso della parola.
È evidente quanta differenza corra tra un racconto e l’altro: fantasia, finzione, tecnologia e filosofia si intersecano tra loro creando un mix e un equilibrio perfetto. Lo stile è semplice e sofisticato allo stesso tempo. Daniele Trovato ha scelto ogni singola parola con attenzione, adattando vari stili a contesti diversi che, per quanto improbabili in alcuni casi, risultano essere tutti credibili e reali.
Ammetto di aver trovato questo volumetto di racconti (sono poco più di 150 pagine) una bella sorpresa, gradevole alla lettura pur contenendo considerazioni spiacevoli, visto che sono situazioni che criticano la società d’oggi e fanno riflettere.
Nel libro, infatti, abbondano le critiche al mondo in cui viviamo; non sono violente, anzi, sono ben mascherate dai connotati più apocalittici che mai dei racconti di Daniele Trovato. In queste storie siamo narcisisti, egocentrici, ci sentiamo capaci di tutte le manipolazioni possibili; non ci siamo ancora resi conto che, da creatori della tecnologia, ne siamo diventati succubi. Daniele Trovato invece l’ha capito e ce lo mostra solo poco a poco, forse per indorare la pillola.
Claudia Santonocito
(www.excursus.org, anno VIII, n. 73, giugno 2016)