di GIUSEPPE LICANDRO – La rivolta popolare più lunga della storia italiana ebbe come suo epicentro Reggio Calabria, dove tra il luglio 1970 e il febbraio 1971 (con un’appendice nel settembre ’71) decine di migliaia di cittadini scesero in piazza ed eressero barricate per rivendicare l’assegnazione del capoluogo regionale alla propria città (che invece fu poi assegnato a Catanzaro). Lou Palanca
I Moti di Reggio − che provocarono cinque morti, centinaia di feriti e migliaia di arresti – s’inserirono pienamente all’interno di quella che gli storici hanno definito come la “strategia della tensione”. La protesta popolare, infatti, fu ben presto strumentalizzata dalla destra neofascista, che in quegli anni era impegnata in un progetto eversivo volto a instaurare un regime autoritario in Italia.
Una docufiction polifonica
Della Rivolta di Reggio, della “strategia della tensione”e dei “poteri occulti”si è occupato recentemente il romanzo A schema libero (Rubbettino, pp. 236, € 16,00) pubblicato da Lou Palanca, nom de plume dietro il quale si celano gli scrittori Valerio De Nardi, Nicola Fiorito e Maura Ranieri, che per la stesura del libro si sono avvalsi del prezioso contributo di Fabio Cuzzola, già cofondatore del collettivo Lou Palanca.
A schema libero è una docufiction che s’ispira a vicende storiche realmente accadute e parla di persone effettivamente esistite, includendo tuttavia nella narrazione fatti e personaggi fittizi, frutto della fantasia degli autori. Si tratta di un romanzo dalla struttura polifonica, dove l’io narrante si frastaglia in una pluralità di voci dissonanti e composite che si alternano nel racconto secondo la tecnica letteraria del monologo interiore. Lou Palanca
I personaggi più significativi dell’opera sono cinque:“l’enigmista”, un agente segreto in pensione che,mentre ripensa al suo cupo passato, costruisce parole crociate “a schema libero”; Margherita Frangipane, una giovane giornalista di Soverato (Cz), che lavora a Roma;Vincenzo Dattilo, un insegnante reggino esperto di storia locale − molto simile a Fabio Cuzzola − che supporta la cronista nelle sue inchieste; la ricca e sensuale Michela, l’amica medico con cui Margherita condivide i propri segreti; Delia Mancini, un’attempata signora − «un tempo attiva militante comunista» − che si prenderà cura della giornalista nel momento del bisogno.
C’è, tuttavia, un’altra figura inquietante che appare a tratti nelle pieghe delracconto: “il neofascista”. Si tratta di un misterioso estremista di destra, molto influente, che condiziona daun quarantennio la vita politica reggina e che parla di sé come di «un mazziere credibile» e di «un protagonista performativo» in grado di determinare gli avvenimenti.
La trama del romanzo si dispiega soprattutto tra Reggio Calabria e Roma, anche se il fluire degli eventi non segue un ordine cronologico e lineare, ma si articola attraverso continui balzi spazio-temporali, proiettandosi nel futuro oppure tornando indietro con repentini flashback. La lettura, tuttavia, non risulta faticosa, grazie alla sintassi scorrevole e all’articolazione del testo in brevi capitoli.
Oscure trame e torbide alleanze Lou Palanca
Nel Prologo del libro vengono messi a fuoco due tragici episodi di cronaca, lontani nel tempo e, a prima vista, senza alcuna interrelazione: la morte di cinque anarchici calabresi (1970) e il presunto suicido di Orsola Fallara (2010). In entrambi i casi, in realtà, traspaiono le oscure trame ordite nella società reggina, dove ’ndrangheta, massoneria, neofascisti e servizi segreti hanno stretto da tempo torbide alleanze per gestire loschi affari e influenzare la classe dirigente locale.
I cinque anarchici calabresi (Gianni Aricò, Annalise Borth, Angelo Casile, Luigi Lo Celso, Franco Scordo) persero la vita in un tragico incidente d’auto, avvenuto il 26 settembre 1970 sull’Autostrada A2, tra Ferentino e Anagni, mentre si recavano a Romaper consegnare un dossier sulle infiltrazioni neofasciste nella Rivolta di Reggio (nel libro si insinua il dubbio che l’incidente sia stato provocato ad arte).
Orsola Fallara, dirigente del settore Finanze e Tributi del comune di Reggio Calabria, venne indagata dalla magistratura per appropriazione indebita di denaro pubblico, ma il 17 dicembre 2010 morì in circostanze poco chiare, dopo aver ingerito dell’acido muriatico(nel romanzo aleggia il sospetto che non si sia trattato di suicidio).
A parte il differente contesto storico, i due eventi sono in qualche misura correlabili. All’inizio del Nuovo Millennio, infatti,si è affermato a Reggio Calabria − come spiega Dattilo all’incredula Margherita − «un sistema di potere che affonda le proprie radici proprio nei moti di Reggio, […] in quella insurrezione popolare che sancì nuove alleanze». I capi della nuova destra reggina, pertanto, sarebbero «gli eredi legittimi» degli estremisti di destra che trent’anni prima dilagarono in città col sostegno di ‘ndrangheta e massoneria.
Il connubio tra la malavita e i neofascisti reggini è il leitmotiv che percorre l’intero romanzo, suffragato da testimonianze e documenti attendibili, come la sentenza della Corte di Assise di Reggio Calabria con cui nell’aprile del 2001 è stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione di stampo mafioso l’avvocato Paolo Romeo, che nelle pagine conclusive verrà definito dagli autori come «l’anima nera di questa città».
Romeo, in gioventù, fu un esponente di spicco dell’estrema destra calabrese e, in combutta con la cosca De Stefano-Tegano, favorì la latitanza a Reggio del neofascista Franco Freda, implicato nella strage di Piazza Fontana. In seguito, l’avvocato reggino mutò la sua collocazione politica e nel 1992 fu eletto senatore nelle fila del Partito Socialdemocratico Italiano, rimanendo a lungo uno dei personaggi più influenti della vita pubblica locale, nonostante la condanna definitiva per il grave reato contestatogli, che è giunta nel 2004.
Nel romanzo, inoltre, si parla anche dei problemi giudiziari di Giuseppe Scopelliti, il sindaco di centrodestra che governò Reggio Calabria dal giugno 2002 al maggio 2008, contribuendo con la sua “allegra” gestione finanziaria al dissesto del comune (che nel 2012 venne anche commissariato per “contiguità con organizzazioni mafiose”). L’ex sindaco reggino − eletto nel frattempo governatore della Calabria − fu poi condannato in primo e in secondo grado per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico.
Un thriller a sfondo politico Lou Palanca
Le voci narranti più ricorrenti nel romanzo sono “l’enigmista” e Margherita che, almeno in apparenza, appartengono a universi socio-culturali tra loro agli antipodi e vivono le proprie esistenze come due rette parallele destinate a non incrociarsi mai.
Il primo, infatti, è un personaggio amorale che vive isolato dal resto del mondo e trascorre le giornate componendo un complicato cruciverba, pieno di allusioni alle proprie vicende biografiche e agli episodi più tragici della “strategia della tensione”, di cui comunque ridimensiona la portata politica, considerandola «più come l’incrocio di follie eversive e cinismi di potere che come l’idea di un progetto compiuto».
L’ex agente segreto giustifica i propri trascorsi poco ortodossi in nome della fedeltà alle istituzioni − «Ho servito lo Stato, non me ne sono servito» − e mantiene ancora i contatti con Marisa, un’ex collega con cui ha intrattenuto in passato una breve relazione e con la quale condivide i segreti inconfessabili sulla strage di Piazza Fontana, in particolare «su chi ha messo la bomba, chi ha ordinato di farlo, chi ha ordinato di ordinare di procedere».
Margherita, invece, ha un’anima sensibile e irrequieta, divisa tra l’affetto per la Calabria e l’insofferenza per il provincialismo dei propri familiari, ed è alla ricerca di un amore autentico e di uno scoop giornalistico che le cambino l’esistenza e diano stabilità alla sua vita profondamente segnata dalla precarietà.
La giovane donna si farà coinvolgere in una storia d’amore col controverso commercialista Daniele Belpasso, in seguito alla quale, dopo aver scoperto l’esistenza di scottanti documenti custoditi dalla ’ndrangheta, verrà trascinata dentro un’intricata spy story, dovendo fronteggiare pericolosi malviventi e scaltri agenti dei servizi segreti.
A schema libero assume ben presto i toni di un thriller d’azione a sfondo politico, ricco di suspence, che nella parte conclusiva riserva alcuni colpi di scena e un’agnizione finale, grazie alla quale si svela la vera identità dell’ “enigmista” e si comprende l’insospettabile legame che lo unisce indissolubilmente a Margherita…
Toccherà, infine, a Dattilo il compito di chiudere il romanzo con le sue dolenti e disincantate riflessioni sui mali che affliggono l’odierna società “a schema libero”, ossia priva di senso e traviata dalla spasmodica ricerca del successo individuale,che al professore appare ormai come «una malattia, una sciagura, un’infezione trasmissibile».
Il collettivo Lou Palanca dimostra anche in questo complesso romanzo l’indubbia capacità di coniugare l’analisi psicologica dei personaggi con l’attenzione per i temi storico-politici, che ne rappresenta certamente il tratto distintivo dello stile narrativo, come si evince anche delle altre due precedenti opere: Blocco 52 (Rubbettino) e Ti ho vista che ridevi (Rubbettino).
Si tratta, dunque, di una lettura piacevole, ma nel contempo istruttiva, che apre uno squarcio su alcuni “misteri d’Italia”rimasti irrisolti e denuncia «quel grumo di interessi e ricatti che lavora come una metastasi» e che continua a corrodere la vita politica del Belpaese, impedendogli di diventare una nazione compiutamente libera e democratica.
Giuseppe Licandro Lou Palanca
(www.excursus.org, anno X, n. 88, marzo-aprile 2018) Lou Palanca