di CHIARA ZAGO – Un detto sostiene che i gatti non vanno educati, vanno solo venerati… Almeno questo era il pensiero degli Antichi Egizi, i quali avevano dedicato al gatto addirittura una divinità, la dea Bast. Tuttavia, non tutti sono altrettanto amorevoli verso i gatti o, perlomeno, ben disposti nei loro confronti. Claudia Salvatori
Ne sa qualcosa Ettore Grandi, protagonista del romanzo di Claudia Salvatori, La donna che gioca con i gatti (Morganti Editori, pp. 272, € 14,00), detective trentenne che si trova a guidare nelle vie periferiche di una Torino esoterica, alla ricerca della figlia di un noto imprenditore, plagiata da una setta. Egli la ritrova in un cimitero, distesa nuda su una tomba, mentre intorno a lei si sta consumando una messa nera. Ettore rimane a osservare, avendo paura che, intervenendo, le cose possano complicarsi. Quando, però, sopra di lei si erge una figura scura, pronta a uccidere e sacrificare un gattino nero di pochi mesi, perde il controllo ed esce allo scoperto, mettendo in fuga il capo della setta. Tuttavia il gattino, anzi la gattina, appena salvata gli si arrampica sui pantaloni, scatenando in lui una reazione di panico che lo fa cadere e sbattere su una lapide.
Il protagonista, infatti, ha paura dei gatti; si ritiene allergico a loro sin da piccolo, quando, entrato di nascosto nella cantina proibita di casa, ne vide dalla finestrella uno al guinzaglio, zoppicante nel suo giardino; questa visione lo terrorizzò a morte, provocandogli una fittizia allergia ai felini.
Al suo risveglio, ritrova il migliore amico, Yuri Dominici, commissario di polizia, insieme ad altri agenti che, nel frattempo, avevano giù posto fine alla fuga degli adepti.
I guai sembrano risolti, sino al momento in cui i gatti ritornano prepotentemente nella sua vita: il giorno dopo ritrova la gattina, precedentemente salvata, nell’auto che Yuri gli ha fatto recapitare a casa dopo la lunga e quasi disastrosa nottata. Ettore non sa che fare; solo dopo essersi munito di mascherina e guanti, riesce a portarla allo zio Pietro, grande amante di gatti, esperto di storia e archeologia, in particolar modo inerenti il mondo felino, e suo unico parente in seguito all’uccisione dei propri genitori, avvenuta quando ancora era piccolo.
Lo zio accetta di tenerla, pur essendo convinto che il destino della gattina, battezzata Donna, sia intrecciato alla vita del nipote più di quanto lo stesso sia propenso a credere.
Le cose si complicano di più: una persona dietro l’altra viene trovata uccisa in casa, con un pugnale egizio piantato dritto nel cuore e dei graffi in faccia. Viene appurato che le ferite sono state procurate con un artiglio di leone, indizio di un macabro rito che rende ancor più densa la nube di mistero ed esoterismo incombente su Torino.
Ettore e l’amico Yuri capiscono presto che le persone, per quanto diverse tra loro per età e ceto sociale, hanno in comune una cosa: sono, anzi, erano tutte in possesso di un gatto. Ciascuno di loro, una volta consumato il delitto, sparisce dalle case dei rispettivi proprietari, come se il killer, denominato Il Leone per gli sfregi che procura, li rapisse.
Il detective si ritrova così a fare i conti non soltanto con un caso complesso e quasi surreale – che fine fanno i gatti rapiti? Il killer sceglie di colpire per le persone in sé o per gli animali? Infine, perché proprio loro? – ma anche con la sua più grande fobia che finirà per risvegliare antichi traumi e misteri del passato, legati alla terribile esperienza in cantina e alla morte dei suoi genitori.
La donna che gioca con i gatti è un romanzo che nasconde molte sorprese, finemente intrecciate l’una all’altra. Raccoglie dentro di sé mistero, esoterismo, un pizzico di mitologia e un detective la cui particolarità – la propria“gattofobia” e l’essere così passivo e remissivo nei confronti della vita, nonostante il mestiere svolto – non può non catturare il lettore.
Altra nota positiva è data dalla dimensione mitologica che esplora il ruolo salvifico del gatto nei secoli e nelle varie occorrenze. Tutto ciò emerge dai sogni ricorrenti nel sonno di Ettore ogni notte precedente il compimento di un delitto. Da una povera donna egizia decisa a sacrificare i suoi risparmi per far imbalsamare l’amato gatto, a un ragazzino intento a sfidare la peste londinese pur di coccolare dei randagi, fino al salvataggio di una coltivazione di bachi da seta, unica fonte di sostentamento e guadagno per un villaggio cinese ridotto alla fame, prossima ad essere bruciata da un incendio se non fosse intervenuto il miagolio dei gatti a destare la popolazione.
Questi accenni, parecchio romanzati, al ruolo di primaria importanza dei gatti, fanno da cornice alle avventure di Ettore il quale, sogno dopo sogno, riesce sia ad aggiungere un tassello al quadro complessivo del mistero da risolvere, sia a superare la propria fobia. Sarà quest’ultima la sfida più grande; soltanto affrontando la paura dei gatti, dopo averne compreso la causa, potrà fermare la catena di morti che sta scuotendo Torino. Il detective dovrà imparare che «non si accarezza la gatta Bast prima di aver affrontato la leonessa Sekhmet». Claudia Salvatori
Le uniche pecche riscontrabili nel romanzo sono l’evoluzione un po’ frettolosa della situazione la quale, dopo un lungo periodo di stallo, sembra risolversi tutto d’un tratto in maniera quasi innaturale, così come la stessa fobia del protagonista. Risultano mancare, infatti, alcuni pezzi di storia la cui presenza avrebbe conferito maggior completezza al racconto. In ogni caso, La donna che gioca coi gatti è un romanzo dotato di un grande potenziale, in grado di bucare facilmente le pagine di un libro e di essere trasposto altrove.
Chiara Zago Claudia Salvatori
(www.excursus.org, anno IX, n. 85, agosto 2017) Claudia Salvatori