di ALESSANDRA TESTA – Viaggio nelle Eolie di Alexandre Dumas (traduzione di Angelita La Spada, Pungitopo, pp. 80, € 9,00) è una raccolta di impressioni ricavate da alcuni giorni trascorsi da un’isola all’altra ai confini del mondo: le Eolie, che sembrano così lontane dalla Sicilia che sta per essere sconvolta dai garibaldini.
Impressions de voyage. Le capitaine Arena (questo il titolo originale dell’opera) è accompagnato da illustrazioni di Jean Houel, Voyage pittoresque des îles de Sicile, de Malte et de Lipari, e da altre di Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln. Le immagini dei due artisti scandiscono il viaggio dei tre francesi sulle orme di Ulisse: Dumas, l’amico pittore Louis-Godefroy Jadin e il cane Milord (vero e proprio personaggio e mascotte irrequieta).
Tra i pochi stranieri che si sono spinti fino a queste isole nel XIX secolo si ricorda, oltre ad Alexandre Dumas, anche Guy de Maupassant, rispettivamente nel 1835 il primo e nel 1885 il secondo. Esploratori e viaggiatori di ogni tipo, con i loro resoconti e diari, sono stati la fonte prima e necessaria per la diffusione di notizie riguardanti un luogo così remoto, oltre che una vera e propria attrazione per gli abitanti del luogo così abituati alla loro solitudine.
Ai confini del mondo, Alicudi
Dopo aver attraversato la Romagna, la Calabria e la Sicilia, la speranza li trasporta ondeggiando a riva, mentre lasciano Palermo con un po’ di nostalgia. Li sovrasta un cielo che si confonde col mare, tanto è l’azzurro che lo impregna. Il tempo trascorso in movimento per Dumas è fresco e piacevole, mai guastato dai disagi e gli inconvenienti tipici del racconto d’esplorazione. «Erano quelle le ore dolci del viaggio, quando si sogna senza pensare, quando il ricordo del paese abbandonato e degli amici assenti torna alla memoria, come quelle nuvole dalle forme umane che scivolando dolcemente su un cielo azzurro cambiano d’aspetto; prendono forma, si disfano e riformano venti volte in un’ora». Alicudi è tristemente desolata, non c’è vegetazione che riposi gli occhi, ma la sua miseria non intacca mai lo spirito dell’avventuriero che si interroga sulle esistenze inconcepibili dei pescatori, anonime vite trascorse in una terra senza riposo: «Quando si vive in un certo mondo e in un certo modo, ci sono delle esistenze che diventano incomprensibili. Chi ha trattenuto questa gente su quel vulcano spento? Vi sono cresciuti come le eriche dalle quali prende il nome? Quale motivo impedisce loro di abbandonare quest’orribile soggiorno? Non vi è alcun angolo del mondo ove non starebbero meglio di lì. Ma questa roccia arsa dal fuoco, questa lava indurita dall’aria, queste scorie scalfite dall’acqua delle tempeste, possono essere una patria?».
La montagna di piuma, Lipari
Lipari e Vulcano vivevano separate, finché la lava non ha colmato la distanza fra loro. Dumas snocciola qualche informazione sull’isola di Lipari, l’antica Eolia e terra di Eolo, dove Ulisse sbarcò dopo l’incontro con Polifemo. Dopo una breve passeggiata, i tre assistono al frettoloso commiato di una famiglia al proprio figlio, un bambino morto e steso su un giaciglio. Attorniato dai propri parenti e amici, questi non sembrano però particolarmente affranti e continuano indisturbati le loro occupazioni. Dumas e i suoi compagni di viaggio seguono, unici presenti, la cerimonia funebre fino alla fossa comune dove il cadaverino viene buttato senza troppi riguardi. Rimangono tutti sconcertati dal trattamento riservato al piccolo, ma presto vengono distratti dall’arrivo dei francescani che li ospitano per la notte dimostrando loro gentilezza e accoglienza. L’autore non potrà dimenticare «[…] il piccolo convento dall’aria orientale e la sua bella calma che gli dava l’aspetto di una moschea più che di una chiesa». I francesi approdati da pochi giorni sono oggetto di curiosità, la popolazione eoliana infatti è abituata agli sbarchi dei marinai, ma altri non si fanno vedere spesso da quelle parti. Il governatore di Lipari e dell’arcipelago li ospita e li conduce per i territori desolati, contento di avere finalmente compagnia; si annoia a morte e passa la vita col cannocchiale in mano in cerca di piccole novità.
Una puntata all’inferno, Vulcano Eolie
Uno stretto di appena tre miglia separa Lipari da Vulcano, succursale dell’Etna descritta tanto bene da Virgilio. Questa, popolata solo da forzati e da due sorveglianti, diventa il luogo dove gli avventurieri non riescono a distinguere il loro viaggio da un sogno. Il gruppo visita un vulcano sottomarino che riscalda l’acqua per una piccola area circostante, dove vengono raggiunti gli 85 gradi e dove sperimentano la preparazione di due uova sode con grande gioia e divertimento del cane Milord.
Una corsa sulla brace, Stromboli Eolie
Dopo aver preso una pausa dall’escursione dedicandosi alla caccia di beccaccini e conigli a Panarea (detta anche paradiso della pancia), gli stranieri sono accolti nel migliore dei modi. Anche se non sono in grado di comprendere le parole dette dagli isolani, una cosa è certa: nonostante la scarsità di chiarezza, capiscono senza problemi che si tratta di conversazioni amichevoli. Lo Stromboli è un vulcano tascabile che non delude e non tarda a farsi sentire. Attraversano un mare di cenere bollente con l’aiuto di due guide del posto ingaggiate sul momento, un “lago di Sodoma” che lascia tracce d’ustione su tutti i partecipanti. Dumas vorrebbe scrivere le memorie del cane Milord come Ernst Hoffmann scrisse quelle del gatto Murr, ma questo è l’ultimo vulcano con cui avrebbero fatto conoscenza e si avviano sulla strada del ritorno.
Anche se è chiaro che gli intenti dell’autore siano tutt’altro che narrativi, dispiace che questi racconti non siano più lunghi e dettagliati. Alexandre Dumas ha voluto fornire delle vere e proprie istantanee da consumare al momento, senza approfondire altri discorsi e senza mai abbandonarsi ai sentimentalismi.
Alessandra Testa Eolie
(www.excursus.org, anno VI, n. 65, dicembre 2014) Eolie