di STEFANIA BOSCHINI – Ana Belén Montes. La spia americana di Fidel Castro (Greco&Greco Editori, pp. 152, € 12,00) è un romanzo storico che espone la vicenda della spia più pericolosa che abbia mai operato sul territorio americano. L’autore è Domenico Vecchioni, diplomatico che ha ricoperto numerosi incarichi alla Farnesina e all’estero, già Console Generale a Madrid e a Nizza, nonché ambasciatore d’Italia a Cuba. Saggista e divulgatore, ha pubblicato diverse biografie storiche e studi sulla storia mondiale dello spionaggio: non a caso il libro è fornito di dettagli minuziosi riguardanti i servizi segreti.
L’autore presenta una breve biografia della protagonista, analizzando le motivazioni inerenti al suo duplice ruolo (spia cubana nell’intellingence americana), ripercorrendo i fatti e gli indizi, scovati da suoi colleghi statunitensi, che hanno portata al suo arresto nel 2001. Dopo un’approfondita ricerca, Vecchioni mette a disposizione del lettore un elenco di spie collaboratrici di Cuba, fornendo inoltre una breve storia dei fratelli Castro, Fidel e Raύl, e, a conclusione del volume, dettagliate informazioni tecniche sulla struttura dell’Intelligence Community Americana e di tutte le agenzie da essa dipendenti.
Nella Premessa l’autore spiega come Fidel Castro sia stato abile nella menzogna e come sia riuscito a nascondere l’esistenza di reti di spionaggio cubano negli Stati Uniti: Ana Belén Montes, che per ben sedice anni è stata al servizio dell’Isola Grande, è la prova della presenza di spie nell’Intelligence militare americana.
Nata a febbraio del 1957 in Germania, è la prima di tre fratelli, il padre è un ufficiale medico dell’esercito Usa, specializzato in Psichiatria, di origine portoricana come la moglie. Una volta tornata in America Ana si rivela un’allieva attenta, sveglia ed intelligente: si laurea in Relazioni Internazionali e frequenta l’Istituto Superiore di Studi Europei a Madrid, entrando in contatto con studenti di sinistra latino-americani e coltivando i suoi sentimenti anti-statunitesi.
Al termine degli studi Ana Belén Montes entra a far parte dellla Dia (Defence Intelligence Agency), in cui si occupa di gestire specifiche informazioni di interesse e a beneficio del Dipartimento della Difesa Statunitense. In poco tempo, grazie alla sua bravura, riesce ad ottenere apprezzamenti e attestati, assumendo incarichi sempre più importanti all’interno dei servizi segreti. L’arresto di Ana lascia l’America stupefatta: abilissima nello spionaggio, è riuscita per anni a superare i test di routine a cui ogni agente viene sottoposto, senza far trapelare alcun dubbio sulla sua completa fedeltà verso l’America; non a caso viene denominata Regina di Cuba.
Vecchioni analizza le possibili motivazioni che hanno spinto Ana Belén Montes ad avere una duplice vita: non ha ricevuto compensi in denaro dall’Avana, quindi non era spinta da ragioni economiche, a differenza di molte altre spie; non è stata coinvolta in una passione amorosa, poiché la Regina ha saputo controllare bene i suoi sentimenti; né vittima di un ricatto, la sua vita è stata tranquilla, senza alcun eccesso emotivo.
Forse questo amore per la causa di Fidel Castro può essere spiegato da altre ragioni che l’autore, come un puzzle, mette assieme in base alle proprie ricerche e ai dati dell’Fbi, riscontrando anche problematiche di natura psicologica. Le origini portoricane di Ana hanno fatto sì che lei sentisse sua, fin da subito, l’oppressione del suo Paese, con la conseguenza di legarsi all’ideologia comunista, in senso morale e non politico. Un’altra possibile causa può essere la pressione psicologica creata dal padre violento e severo, che viene da lei messo a paragone con i poteri alti e perciò con il governo americano; il senso di libertà e di indipendenza derivanti possono averla mossa profondamente. Ultima possibile ragione è il senso di colpa per non essere riuscita a proteggere i suoi fratelli da un padre violento e una madre debole, facendole fiorire l’istinto di sentirsi «un’eroina che prende grossi rischi per difendere i più deboli (Cubani) riscattando la (presunta) mancata protezione ai suoi fratelli».
Ana Belén Montes non si è mai pentita della sua attività di spionaggio, mossa da un’ideologia che non ha trovato appoggio dai cubani, poiché non hanno mai avuto a che fare con lei, insomma «un’eroina segreta per i cubani, una traditrice riconosciuta per gli americani».
Nel libro il lettore trova tutte le informazioni necessarie per capire al meglio come si è svolta la vicenda, fin dall’accusa iniziale da parte di un collega della spia, a cui non è stata data la giusta considerazione poiché sembrava impossibile che la donna più abile nei servizi segreti americani tradisse il proprio Paese.
Si riportano anche le varie accuse e la dichiarazione del 16 otttobre 2002 di Ana Belén Montes davanti al giudice della Corte Federale, dove emerge la sua convinzione che la colpa sia degli Stati Uniti e non di Cuba: «[…] Vostro Onore, mi sono impegnata nell’attività che mi ha condotto davanti a Lei perché ho obbedito alla mia coscienza più che alla legge. Considero che la politica del nostro governo nei confronti di Cuba sia crudele e ingiusta, profondamente ostile, e mi sono quindi considerata moralmente obbligata ad aiutare l’isola a difendersi dai nostri sforzi tesi a imporre i nostri valori e il nostro sistema politico […]. Perché non li lasciamo decidere la forma nella quale desiderano condurre i loro affari interni, come gli Stati Uniti hanno fatto durante due secoli?».
Questa dichiarazione fa capire al meglio il pensiero che ha mosso la spia in tutti questi anni, un pensiero di rivoluzione e di libertà: un ragionamento forse non del tutto sbagliato se si pensa a quanto tempo c’è voluto ad alcuni Paesi per ottenere la propria dipendenza. Ma ne è valsa la pena? Ha aiutato uno Stato che le ha voltato le spalle, ignorandola, disconoscendola. Non ha ricevuto notorietà e nemmeno una qualche riconoscenza da parte di Fidel Castro. Il paradosso è che in America invece è stata considerata la più abile spia mai vista: «Ma allora Ana, in definitiva, avrebbe spiato per Cuba, all’insaputa di Cuba?».
Stefania Boschini
(www.excursus.org, anno VII, n. 66, gennaio 2015)