di SILVIA GRANZIERO – La nuova collana fuoriscena di Glifo Edizioni viene inaugurata dal volume Parole d’onore. Teatro. Le voci della Mafia (pp. 76, € 10,00). Adattamento teatrale a sei mani, nasce dal libro di Attilio Bolzoni Parole d’onore (Bur), scritto sulla scorta di tutti i documenti, gli appunti e le interviste raccolti nel corso di trent’anni di attività giornalistica incentrata sul tema della mafia siciliana; dall’incontro tra Bolzoni e l’attore Marco Gambino, che aveva letto e apprezzato il testo, ecco l’idea di uno spettacolo teatrale, in cui viene coinvolta Manuela Ruggiero in qualità di regista, e che inizia a riscuotere successi nei teatri europei a partire dall’esordio nel 2009 a Edimburgo.
I tre collaborano quindi non solo all’adattamento teatrale, ma anche a questo agile volumetto, in cui ciascuno spiega in cosa è consistito il proprio lavoro e il modo in cui si è coordinato con quello degli altri, tenendo fermi i due principi fondamentali su cui si trovavano d’accordo: «semplicità a livello drammaturgico e rigore nell’interpretazione».
Il volume non è quindi una semplice sceneggiatura, ma pare pensato quasi come una sostituzione dello spettacolo stesso: dopo gli interventi introduttivi, infatti, segue il testo teatrale vero e proprio, ricco di didascalie descrittive e impreziosito dalle fotografie di scena che, con l’intensità del bianco e nero, fanno immergere il lettore-spettatore sul palcoscenico stesso su cui si trova Marco Gambino; il quale – affiancato da Patrizia Bollini in tre camei che fanno da complemento – impersona di volta in volta Salvatore Riina, il Giornalista, Tommaso Buscetta, Luciano Liggio e gli altri personaggi implicati nel grande, oscuro processo che va in scena.
Alla base del testo c’è il desiderio di non imbarcarsi in complesse analisi e riflessioni sul difficile ed enorme ambito della criminalità organizzata. C’è invece la volontà di rappresentare i fatti di questa cruda realtà attraverso le nude parole dei suoi protagonisti, le parole d’onore, appunto; la volontà di testimoniare ciò di cui Giovanni Falcone si rese conto, restando quasi stupito da quello che lui stesso provava e che così espresse: «Conoscendo gli uomini d’onore ho imparato che le logiche mafiose […] sono in realtà le logiche del potere, sempre funzionali a uno scopo. In certi momenti, questi mafiosi mi sembrano gli unici esseri razionali in un mondo popolato da folli. Anche Sciascia sosteneva che in Sicilia si nascondono i cartesiani peggiori».
Bolzoni stesso definisce il suo «il resoconto di un viaggio dentro i territori mafiosi». E proprio di un resoconto – scarno ma che va sempre dritto al punto – il suo lavoro ha le caratteristiche fondamentali di schiettezza e onestà. Nessun giudizio, né tantomeno pregiudizio, e nessuna elucubrazione: solo i monologhi dei mafiosi e gli interventi del Giornalista che li indaga, talora anche gli interrogatori di quest’ultimo agli uomini d’onore. Spesso surreali, questi, perché i mafiosi – immersi nella loro realtà – sembrano non sospettare nemmeno l’esistenza di alternative possibili di vita, paiono quasi ingenui e convinti di essere nel giusto, di seguire una stringente logica che agli esterni appare allucinata, ma che è fondata sul supremo valore degli uomini d’onore: la dignitudine. «Siamo l’élite della criminalità. Siamo assai superiori ai delinquenti comuni. Siamo i peggiori di tutti» dice Tommaso Buscetta per bocca di Gambino.
Una lucida follia come quella che permea il commento a uno dei momenti più dolorosi e agghiaccianti del recente passato: «Io mi ricordo del canuzzu…del bambino, del figlio del pentito Di Matteo e di quando se ne sono sbarazzati […]. L’hanno strozzato. Dopo due anni prigioniero era debole debole. E poi l’hanno buttato dentro i bidoni dell’acido. Avevamo l’abitudine di mettere sempre da parte l’acido…i bidoni li tenevamo sempre pronti». Parole di Gaspare Mutolo, riprese con puntiglio da Bolzoni e recitate da Gambino. Un resoconto di viaggio in territori ancora oscuri ma terribilmente vicini, in cui vige una stringente e terribile regola di cui il Giornalista, che li ha visti e che ancora li indaga, riporta la drammatica ineluttabilità: «C’è chi vive e sceglie la strada di mezzo. C’è chi ci sta, c’è chi non ci sta, c’è chi muore».
Resta nel lettore, oltre all’amara consapevolezza di quanto vicine e quanto ancora presenti – qui, oggi – siano queste parole, la curiosità di vedere in carne ed ossa Marco Gambino avvicendarsi nei panni dei mafiosi e del Giornalista, dar forma di volta in volta a voci diverse, immergersi in diverse gestualità.
Chiude il testo un monito, lapidario, inquietante, di Totò Riina: «Non guardate sempre e solo me, guardatevi dentro anche voi». Forse è questo l’obiettivo del libro: non giudicare a priori il fenomeno mafioso, di cui si può solo pensare tutto il male possibile, se prima non guardiamo dentro se stessi e dentro le falle della nostra società.
Silvia Granziero
Gli autori
Attilio Bolzoni è nato in provincia di Lodi nel 1955 e ha vissuto a Palermo dal 1979 al 2004, approfondendo soprattutto gli studi su Cosa Nostra. Giornalista professionista dal 1983, ha collaborato a sceneggiature per fiction tv e ha vinto il Premio “È giornalismo” nel 2009, per il suo impegno sulla mafia.
Marco Gambino è nato a Palermo nel 1958, dove ha debuttato nell’attività teatrale nel Gruppo Teatro Novecento. Laureato in giurisprudenza, si è trasferito a Londra, dove fa l’attore da più di vent’anni, con apparizioni anche in fiction tv e nel cinema, anche in Italia.
Manuela Ruggiero è nata a Napoli nel 1976 e si è diplomata alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Ha partecipato come attrice a varie fiction tv, prima di iniziare ad insegnare recitazione e improvvisazione in giro per l’Italia e intraprendere la carriera di regista teatrale. Trasferitasi a Londra, oltre ad essere regista e attrice insegna Drama and Physical Theatre.
(www.excursus.org, anno VII, n. 66, gennaio 2015)