di ALESSANDRA TESTA – Piccioni, romanzo di Mauro Acquaroni (Gilgamesh Edizioni, pp. 240, € 10,00), dipinge la patria di un certo cinema d’autore, la città più presente nei cuori dei suoi avventori: Parigi.
Sullo sfondo del suo grigiore tre vicende si incrociano tra un girotondo e l’altro fra gli arrossindement: un clarinettista in fuga da un’esistenza preimpostata e indaffarato nell’esaudire i suoi sogni, i piccioni neocolonizzatori del mondo degli umani, una povera anima assediata dai sensi di colpa. Tutto questo viene raccontato senza l’utilizzo della lettera acca, antipatica all’autore e promotrice di una tecnica che ne stimola la fantasia e l’originalità.
Alberto da Cremona ha un ambizioso scopo nella vita: suonare il clarinetto all’Opera di Parigi. La città che visitava con la madre di origini francesi non è per lui un ritorno al passato, ma la ricerca delle stesse sensazioni di un’infanzia felice. Il suo proposito è difficile da realizzare e fin dal suo arrivo sembra virare verso il fallimento. Albert è bianco, colto, figlio di notaio, promettente, ma si scoraggia con troppa facilità. Leclerq è nero, brillante, squattrinato, si guadagna da vivere in un supermarket, non ha scuse confortevoli con le quali consolarsi: lui è costretto a vivere. Nessuna torre d’avorio d’intellettuale o piedistallo, non può che rischiare d’essere avventato.
«L’indifferenza, quello stato di torpore emotivo, quel letterario tout cela m’est égal in cui si è rifugiato è inutile, è poesia ma non serve, non è essere superiore alle cose, è solo un ridicolo tentativo di proteggersi dal mondo, ma il mondo sopravvive a te, il tuo rifiuto è inutile, la tua neutralità non significa niente, la tua inerzia è vana come la tua delusione, il tempo, il mondo continueranno a scorrere, indifferenti, loro sì, a te».
L’incontro con questo giovane clarinettista pieno di vita e ottimismo scompagina le intenzioni di Alberto, lo smuove fin nel profondo stimolandone l’audacia, come solo un viaggio in terra straniera può fare. Scosso nella sua tranquillità interiore, si prepara ad afferrare il mondo lasciandosi alle spalle il rapporto complesso col padre e un passato inquietante che avvolge la sua famiglia. Non può che buttarsi, non può far altro proprio perché dietro di sé ha solo ombre e insicurezze. Ed è proprio in una piazza che si butta, con l’amico musicista e una violinista dal Giappone, per mettersi alla prova e racimolare qualche moneta. Finalmente suona per sé, penetrando la città e vivendola, realizzando se stesso all’aperto, nelle strade.
Tra lo scivolare della Senna e il traffico sui boulevards della capitale, l’ex dj Benoit vive nel tormentoso tentativo di esorcizzare una colpa passata. È assediato dai suoi fantasmi, dalla ricerca estenuante della verità attraverso esperienze mistiche e nocive che lo portano vicino alla morte. Lo dicono tutti, anche al commissariato di polizia, che è un brav’uomo, non è un pazzo, né un pedofilo, né uno psicotico. È solo uno che tenta in tutti i modi di uscire da un incubo; quello maledettamente reale in cui uccide una bambina in un incidente automobilistico. La sua ricerca di redenzione attraverso le fotografie quasi ossessive dei visi dei bambini è bizzarra, a volte inquietante, ma non fa male a nessuno, se non a se stesso.
Sotto il cielo di Parigi i volatili si riuniscono con intenzioni tutt’altro che pacifiche. Inizialmente nessuno nota nulla di strano se non un concentrarsi di piccioni intorno alla Tour Eiffell. Presto l’emergenza si tramuta in un’invasione vera e propria e inizia l’esodo degli abitanti terrorizzati, in una situazione di panico che ha dell’assurdo. L’autore veste momentaneamente i panni di un volatile ribelle, alternando le storie dei protagonisti con le riflessioni del piccione, prima entusiasta del potere acquisito, poi dubbioso nei confronti dei “fratelli” che si fanno sempre più violenti. Sequenze degne di Hitchcock che vedono gli uccelli trasformarsi in esseri sanguinosi e cannibali, affamati di potere e sorprendentemente imperialisti.
Parigi è un crocevia di intenzioni lontane anni luce l’una dall’altra, ma che si materializzano nel luogo più decantato da tutto il mondo, qui deturpato dall’invasione dei volatili in un’atmosfera quasi apocalittica. Mauro Acquaroni alterna diversi registri e modalità narrative: si respira allarmismo nell’aria quando viene descritta la crescente aggressività dei piccioni, Albert invece è totalmente preso dalla sua storia personale per accorgersi della vicina conquista del mondo da parte degli uccelli; e ancora, sia Benoit che il commissario che lo insegue e lo tutela, sono approcciati da posizioni speculari, diversi documenti, spunti e riflessioni.
Ancora cinematografico sul finire, Mauro Acquaroni sposta il punto di vista, allontana forzatamente il lettore dall’intimità dei suoi protagonisti per scorgerli dall’altro, da lontano, mentre naufragano verso una vita che forse non desiderano.
Alessandra Testa Mauro Acquaroni
(www.excursus.org, anno VII, n. 67, febbraio 2015) Mauro Acquaroni