di TATIANA SANDROLINI – «Non voglio peccare di immodestia, ma in quel momento scoprii di avere una feroce volontà di vivere. Non è una cosa scontata, almeno nella mia esperienza. Alcuni rinunciano alla vita con un sospiro rassegnato. Altri combattono un po’, quindi perdono le speranze. Altri ancora – e io sono uno di questi – non si arrendono mai».
Piscine Molitor Patel, soprannominato Pi, è il giovane protagonista di Vita di Pi (traduzione di Clara Nubile, Pickwick, pp. 336, € 9,90) di Yann Martel, un romanzo che narra di un viaggio straordinario, un vero e proprio inno alla speranza e all’istinto di sopravvivenza.
La vicenda racconta l’incredibile storia di un ragazzo indiano, Piscine Molitor Patel, soprannominato Pi, cresciuto con il fratello maggiore Ravi nello zoo di famiglia gestito dal padre e dalla madre.vita di pi
Da bambino, il suo nome, ispirato a una piscina francese, lo rende oggetto di scherno da parte dei suoi compagni, ma unico agli occhi dei suoi cari. Il piccolo Pi trascorre la sua infanzia tra gli animali che popolano lo zoo, acquisendone abitudini e stili di vita e imparando come prendersi cura di loro. Il nostro protagonista è curioso, un po’ introverso, ma di grande bontà d’animo. Rimane folgorato già in tenera età dalla religione, facendone quasi un’ossessione, un interesse che lo porta ad abbracciare contemporaneamente Induismo, Islamismo e Cristianesimo.
Un giorno i genitori di Pi e Ravi comunicano ai figli di volersi trasferire in Canada, una scelta che da lì a poco avrebbe cambiato per sempre le loro vite. «Perché la gente emigra? […] La risposta è sempre la stessa: la gente emigra nella speranza di una vita migliore».
La famiglia Patel si imbarca su un mercantile giapponese, insieme a molti animali del loro zoo, alla volta delle coste canadesi, pronti a ricominciare.
In una notte tempestosa la nave affonda. Per Piscine Molitor Patel, di soli sedici anni, è l’inizio di un lunghissimo calvario. Riesce a raggiungere una scialuppa di salvataggio, sulla quale si ritrova con gli unici superstiti del naufragio: una zebra ferita gravemente a una zampa, una iena sgraziata, un orango femmina del Borneo e una temibile e spietata tigre del Bengala, di nome Richard Parker.
In pochi giorni assiste a una tremenda carneficina: la iena, fuori controllo, si avventa con violenza sulla zebra e sull’orango, assetata di sangue, come impazzita. La tigre, rimasta nascosta fino a quel momento sotto un telo, si scaglia contro la iena, uccidendola. Ora Pi deve dividere quel piccolo spazio con il temibile felino, duecento chili di pura e maestosa ferocia.vita di pi
Il racconto diventa sempre più incalzante, vivo, cruento, trascinando il lettore in una dimensione surreale, spogliandolo di tutti gli agi della vita quotidiana costringendolo a provare fame, sete, paura. Ci immedesimiamo in Pi, siamo tormentati dal suo sonno disturbato e temiamo per la sua vita pagina dopo pagina. Lo vediamo districarsi in una lotta continua per tenere la tigre a distanza, un predatore che potrebbe divorarlo in ogni momento.
Nel corso del racconto, Richard Parker inizia però a suscitare simpatia, assume connotati quasi umani nella sua sofferenza, nella perdita di peso, nella frustrazione che rischia quasi di farlo arrendere al suo destino.Tra i due naufraghi inizia a crearsi un legame, tanto che Pi decide di voler mantenere in vita Richard Parker, obiettivo che riesce a tenerlo impegnato, evitandogli la pazzia.
I due superstiti sembrano essere scissioni di uno stesso individuo, inizialmente ben separate poi sempre più interscambiabili: in un primo momento Pi è un ragazzo buono, religioso, vegetariano, mentre Richard Parker un animale brutale e selvaggio, che può uccidere solo per assecondare la sua indole. Con il passare dei giorni, la disperazione tira fuori altri aspetti dell’anima del giovane indiano, portandolo a compiere gesti che mai avrebbe pensato di fare, guidati da un istinto primordiale, intrinseco nel lato più oscuro dell’essere. Si trova a uccidere pesci, confidando che «l’uomo si abitua a tutto, persino a uccidere». La tigre diviene invece più docile, quasi sottomessa.
Pi e Richard Parker, due protagonisti diversi ma simili allo stesso tempo, sembrano quasi essere l’uno appiglio dell’altro, uno la forza dell’altro, due mondi uniti in uno per sconfiggere la morte e tornare alla vita. Pare che vivano in simbiosi come la paura e il coraggio, la solitudine e la fede, la perdita dei propri cari, della speranza e il ritorno alla vita.
Dopo sette mesi di calvario Piscine giunge finalmente alle rive messicane, dove viene soccorso e curato; la tigre si è allontanata, senza “salutarlo come si deve”. Il ragazzo viene raggiunto da due uomini, funzionari del Dipartimento Marittimo del Ministero dei Trasporti giapponese, incaricati di indagare sulle cause del naufragio della nave mercantile a bordo della quale viaggiava con la sua famiglia.vita di pi
I due mettono in dubbio la veridicità del racconto fornito dal ragazzo indiano e lo incalzano più volte affinché descriva l’accaduto senza l’ausilio di ‒ a detta loro ‒ fantasiosi espedienti.
Pi non si scompone e, con una calma che nasconde una sofferenza infinita, racconta un’altra versione della vicenda. Un silenzio spiazzante colpisce gli interlocutori, lettore compreso. Il colpo di scena è disarmante e la mente ripercorre la disavventura, analizzandola con occhi diversi.
La domanda che il protagonista pone agli ufficiali giapponesi è quella che sottopone al lettore: «Allora ditemi, visto che per voi non fa nessuna differenza e che non avete alcun modo di scoprire quale sia la storia giusta, quale preferite?».vita di pi
Tatiana Sandrolini
(www.excursus.org, anno IX, n. 82, aprile 2017)