Omaggio a Gerardo Guerrieri – Selene Guerrieri

di MARIA CHIARA TANTINO – «Quando i nostri uomini di teatro di ieri e di oggi camminano, / stampano sul pavimento, l’orma… / l’ombra di Gerardo Guerrieri: / tutti ce l’hanno un pochino dentro, perché li ha influenzati un po’ tutti». Così inizia, con le parole di Giorgio Prosperi, il primo libro interamente dedicato alla figura di Gerardo Guerrieri, Omaggio a Gerardo Guerrieri. Riscoperta di un grande intellettuale del Novecento (Edizioni Magister, pp. 346, € 18,00).

Già da un titolo e da un incipit così ambiziosi viene spontaneo chiedersi: chi è Gerardo Guerrieri? Il volume, curato dalla figlia Selene a trent’anni dalla tragica scomparsa del padre, non tenta di rispondere a questa domanda. Piuttosto, induce il lettore a farsene altre: è possibile per un uomo solo occuparsi di così tanti ambiti e in tutti essere innovativo? Se davvero fu quel «grande intellettuale» che si vuole omaggiare, perché ha bisogno di essere riscoperto nel 2016? A lettura ultimata, alle domande si sostituisce una certezza – quella di essersi imbattuti in un intellettuale caleidoscopico, di una finezza di pensiero e una sensibilità uniche – e, forse, anche un qualche senso d’ingiustizia: come ricorda Claudio Longhi in uno studio su Marisa Fabbri – Marisa Fabbri. Lungo viaggio attraverso il teatro di regia (Le Lettere) – «il teatro purtroppo dimentica presto». Fra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta, Guerrieri, pur con la discrezione e con l’umiltà tipiche del suo carattere, si cimentò all’ombra dei riflettori in tutti i campi, apportando in ognuno novità significative, senza le quali la successiva storia del teatro italiano sarebbe stata in parte diversa.

In merito alla struttura del libro, questa non è particolarmente usuale. Oseremmo definire l’organizzazione dei contenuti “piacevolmente caotica”. La prima parte, designata come «narrativa» dalla curatrice, non segue la tradizionale suddivisione in capitoli e paragrafi, ma costruisce dei percorsi, per l’appunto narrativi, che vogliono far emergere «tracce, testimonianze, ricordi» su Gerardo Guerrieri «attraverso carteggi, foto, appunti» e, soprattutto, tramite i racconti in prima persona di amici, intellettuali, uomini di teatro che lo hanno conosciuto e apprezzato. Non mancano interventi di studiosi che si sono occupati di diversi aspetti della sua carriera.

La seconda parte, «scientifica», è intelligentemente rivolta al futuro. A Gerardo Guerrieri sono dedicati tre archivi sterminati, di cui si dà una descrizione più o meno accurata. Proprio da lì si deve infatti ripartire se si vuole contribuire alla riscoperta promossa dal sottotitolo. Inoltre, come opportuno contrappeso alla struttura discorsiva precedente, vengono descritti in forma sintetica ed elencativa i principali dati biografici di Guerrieri, i convegni e i seminari da lui tenuti, i lavori pubblicati postumi, le tesi di laurea sulla sua figura. Tutti dati tecnici utili a chi volesse approfondire uno specifico aspetto della sua attività.

La sezione «narrativa» occupa i due terzi del volume e ne costituisce, in effetti, la parte più accattivante, quella che spiega il perché sia irrinunciabile la rivalutazione di Gerardo Guerrieri come grande intellettuale del teatro. Il lettore si trova di fronte a un’efficace simbiosi di forma e contenuto. La struttura non convenzionale e multiforme, evidenziata ulteriormente dall’introduzione di “frammenti biografici” (lettere, articoli, foto) in seno al discorso, si svincola dal rischio di dar vita a un semplicistico quadro d’insieme che poco si adatterebbe alla figura poliedrica di Gerardo Guerrieri.

Fu regista, critico, traduttore teatrale, sceneggiatore cinematografico per Vittorio De Sica, co-direttore della Collezione di Teatro Einaudi insieme a Paolo Grassi, fondatore dell’Associazione di Cultura Teatrale “Teatro Club”, collaboratore di Luchino Visconti nel ruolo inedito (per l’Italia) di dramaturg. Per ognuno di questi aspetti, nel volume è presente almeno un intervento originale, che sia una lettera di Vittorio Gassman o Eduardo De Filippo, una testimonianza di Mario Maranzana o Ivo Chiesa, un articolo straniero sulle sue attività di importanza internazionale o i ricordi stessi della figlia. Ne viene fuori un ritratto multiprospettico, grazie al fatto che i tanti uomini di teatro che hanno collaborato con lui hanno conosciuto un lato diverso della sua personalità e della sua professionalità.

Per Ettore Zocaro, Guerrieri è stato capace, con il suo “Teatro Club”, la prima associazione teatrale italiana di respiro davvero internazionale, di aprire una «finestra sul mondo», importando «il meglio che c’era in giro in quel periodo, e non solo, aveva anche intuito e scoperto valori che avrebbero fatto la storia dei teatri del Novecento». Mario Prosperi si spinge oltre, ritenendo che Guerrieri sia stato «l’intellettuale italiano che con maggior lume ha cercato di ricontestualizzare l’intero teatro italiano in un cambiamento epocale».

Come apprendiamo dal libro, Mario Maranzana, che invece ha conosciuto Guerrieri come traduttore, ha fatto di tutto per fargli assegnare un premio per le traduzioni da William Shakespeare. D’altronde, le stesse riviste straniere lo consideravano «one of the top play translators in Italy», colui che contribuì al successo delle grandi regie di Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Giorgio De Lullo. Non solo, le traduzioni di Guerrieri, oltre a spiccare per originalità e vivacità linguistica, erano anche un’operazione culturale. Fu lui a sdoganare per il pubblico italiano la prosa realistica americana, importando i testi di Arthur Miller o di Tennesse Williams. Fu lui, da esperto russofono, a tradurre per primo Il lavoro dell’attore di Kostantin Stanislavskij, il cui metodo influenzerà a lungo la scena teatrale italiana.

Anche come critico teatrale Guerrieri si è distinto, con una prosa caratterizzata da quella che Stefania Chinzari chiama «leggerezza pensosa», ovvero una «leggerezza stilistica inversamente proporzionale alla “pesantezza” dei materiali di preparazione, pieni […] di ogni possibile diramazione del sapere». Le centinaia di cronache teatrali «leggere e coltissime», pubblicate su Il Giorno negli anni Settanta e raccolte da Chinzari ne Il teatro in contropiede (Bulzoni), riescono a far rivivere un decennio di storia teatrale italiana e internazionale, dall’ottica straniante e al tempo stesso penetrante di chi ha vissuto il teatro da dietro le quinte, da una posizione nascosta ma privilegiata e sono pronte a «impartire la più grande lezione di critica teatrale che si possa immaginare».

Come se non bastasse, Guerrieri ha innovato anche nel campo dell’editoria teatrale, dirigendo negli anni Cinquanta la collana teatrale di Einaudi, che lui aveva progettato non tanto come canale di “volgarizzamento” del già conosciuto, quanto come strumento di riflessione critica sul nuovo, «campo privilegiato da cui intervenire, formare, dibattere, esprimere dubbi». A questo proposito, un interessante intervento di Carmen Cecere mette in rilievo l’importanza, dal punto di vista della microstoria, dei rapporti fra Guerrieri e gli «uomini forti dell’Einaudi». Da un lato c’era Guerrieri che voleva promuovere una collana di novità assolute col fine di una sprovincializzazione del teatro italiano; dall’altro lato una casa editrice piemontese che doveva pur riuscire a vendere ciò che pubblicava.

Quello che stupisce non è tanto l’eclettismo di Guerrieri, quanto il fatto che in ogni ambito di interesse sia stato un operatore culturale a dir poco brillante, se non fondamentale per la storia del teatro successiva. Un quadro reso ancora più affascinante dall’emergere a sprazzi della sua personalità: di regola schiva e modesta, ma nei momenti di fervore creativo vitale ed euforica fino al parossismo.

Questo libro è rivolto a chi crede che dietro ai macroeventi e alle grandi personalità che fanno la storia del teatro e della cultura ci siano altre mille microstorie, i cui protagonisti, come Gerardo Guerrieri, hanno operato in maniera tanto discreta quanto determinante per il progresso culturale. Il contenuto inedito e prezioso spinge senz’altro a volerne sapere di più. Il lettore si sente chiamato in causa: chissà, potrebbe lui stesso far parte di un’altra microstoria, quella della riscoperta, a partire dagli stimoli offerti dal testo, di un grande intellettuale del teatro del Novecento.

Maria Chiara Tantino

Nota della redazione
Proprio nel momento in cui questa recensione viene pubblicata, ci arriva la notizia dell’uscita in libreria di una nuova edizione del testo curato da Selene Guerrieri, dal titolo Omaggio a Gerardo Guerrieri. Un palcoscenico pieno di sogni (Edizioni Magister, € 18,00), che ripropone i medesimi contenuti più ulteriori approfondimenti.

L’immagine di apertura è tratta da CameraLook.

(www.excursus.org, anno IX, n. 80, febbraio 2017)